Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-01-2011) 29-04-2011, n. 16701 Frode nell’esercizio del commercio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 30 dicembre 2009, in parziale riforma della sentenza del 22 febbraio 2005 del Tribunale di Tivoli in composizione monocratica, emessa all’esito di giudizio abbrevia, ha condannato P.A. alla pena di mesi due di reclusione, per il reato di cui all’art. 515 c.p., ritenendo in esso assorbita l’ipotesi di cui all’art. 517 c.p. contestata al capo b), per aver detenuto per la vendita capi di abbigliamento provvisti di marchi di fabbrica contraffatti, in Tivoli il 19 marzo 2004.

L’indagato ha proposto ricorso per cassazione per la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e) per errata applicazione della legge penale e/o manifesta illogicità della motivazione, avendo i giudici di appello assolto in relazione al capo b), avrebbero dovuto ridurre la pena che era stata determinata tenendo conto della continuazione per tale reato. Invece la Corte di appello ha stabilito una pena di mesi due di reclusione per la sola condanna di cui al capo a), in violazione del principio del divieto di reformatio in peius.
Motivi della decisione

Il motivo di ricorso è fondato.

Il P. era stato condannato in primo grado alla pena di mesi due di reclusione per i delitti di cui agli artt. 515 e 517 c.p., ritenuta la continuazione. I giudici di appello avevano riformato la decisione, eliminando la pena inflitta per la continuazione e, con ciò facendo, avevano nuovamente stabilito la pena di mesi due di reclusione, in tal modo innalzando la pena base stabilita dal giudice di prime cure, in violazione del divieto di reformatio in peius.

Pertanto il ricorso va accolto e deve essere disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’aumento di pena comminato per la continuazione con il capo b), che deve essere eliminato. La Corte può provvedere direttamente a rideterminare la pena, come previsto dall’art. 620 c.p.p., lett. 1), in quanto la situazione da correggere nel caso di specie prescinde da accertamenti e valutazioni discrezionali su circostanze e punti controversi, suscettibili di diversi apprezzamenti di fatto, i quali sarebbero invece incompatibili con le attribuzioni del giudice di legittimità.

La pena inflitta quindi, deve essere rideterminata nel modo seguente:

pena base mesi 2 e giorni 15 di reclusione, ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato, per una pena finale di mesi uno e giorni venti di reclusione.
P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’aumento delle spese per la continuazione, che elimina, determinando la pena in mesi uno e giorni venti di reclusione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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