Cass. pen., sez. I 19-03-2009 (03-03-2009), n. 12459 Divieto di custodia cautelare in carcere per madre di prole inferiore a tre anni – Limite di età non operativo per il padre

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza in data 26 giugno 2008, depositata in cancelleria il 14 luglio 2008, il Tribunale di Reggio Calabria rigettava l’appello proposto nell’interesse di N.G.L. avverso l’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria in data 23 novembre 2007 che rigettava l’istanza volta a ottenere la sostituzione della misura custodiale in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Il Tribunale, premesso che N. è indagato per il reato di promozione, direzione ed organizzazione di una struttura mafiosa della cosca denominata Nirta-Strangio e per il reato di omicidio di P.B., argomentava il rigetto rilevando che l’art. 275 c.p.p., comma 4 prevede che il limite di età per il figlio sia inferiore a tre anni anche nell’ipotesi in cui sottoposto a custodia cautelare sia il padre secondo anche il costante orientamento interpretativo del supremo Collegio.
2. – Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore avv. Antonio Russo, N. G.L., chiedendo l’annullamento del provvedimento gravato per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 275 c.p.p., comma 4 in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c). Il Tribunale ha argomentato una equiparazione del padre alla madre, anche con riferimento all’età della prole (età inferiore a tre anni), che non è previsto dal testo della legge.
OSSERVA IN DIRITTO
3. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1. – E’ orientamento di questa Corte, cui questo Collegio intende aderire, ritenere che in tema di provvedimenti coercitivi, la rado della limitazione al potere del giudice di scegliere la misura cautelare personale, introdotta dalla L. 8 agosto 1995, n. 332, art. 5, che ha modificato l’art. 275 c.p.p., comma 4, secondo cui non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo casi eccezionali, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore ai tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, va individuata nell’avvertita esigenza di garantire ai figli l’assistenza familiare in un momento particolarmente significativo e qualificante della loro formazione fisica e, soprattutto, psichica, qual è quello fino ai tre anni; con il superamento di tale limite di età può, infatti, considerarsi concluso il primo e più importante ciclo formativo ed aperto uno nuovo, nel quale le esigenze della prole possono essere soddisfatte da un qualsiasi altro congiunto e, all’occorrenza, dai pubblici istituti a ciò deputati. Non è pertanto consentito interpretare estensivamente la norma fino a ricomprendere nel divieto ivi previsto ulteriori ipotesi, non espressamente contemplate, in cui si deduca la necessità, da parte dell’indagato (Sez. 2, 14 febbraio 1996 Cc, n. 795 Cirillo Rv. 204766).
3.2. – Giova inoltre rilevare, nell’ottica del rilievo difensivo recato in ricorso, che nell’interpretazione testuale dell’art. 275 c.p.p., comma 4 l’avverbio "ovvero" delinea un’ipotesi di assoluta simmetricità tra la posizione del padre e quella della madre fissando per entrambi un limite identico che è quello dell’età della prole sotto i tre anni. Peraltro può cogliersi, dal tenore della norma, una funzione per così dire ‘surrogatorià del padre rispetto alla madre essendo stata individuata dal legislatore, come primaria figura di riferimento per l’assistenza dei figli in tenerissima età, appunto quella della madre e solo in seconda battuta, nell’ipotesi di decesso o di impossibilità assoluta della madre, quella del padre. Anche sotto questo profilo non pare allora che l’accesso all’assistenza ai figli da parte del padre, nelle veci della madre, oltre i limiti previsti per quest’ultima, possa trovare giustificazione alcuna, in quanto si tradurrebbe giocoforza in una limitazione per la madre, che rimarrebbe il solo genitore per il quale la legge stabilirebbe un margine (quello dei tre anni di età della prole), quando invece, come si è detto, è il "genitore favorito" dal legislatore. Nè il ricorrente argomenta alcunchè sulla meritevolezza della propria interpretazione che si risolverebbe in una irrazionale disparità di trattamento tra i due genitori.
4. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.
Devono essere adottati gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla cassa delle ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento del direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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