Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-07-2011, n. 16709 Somministrazione di energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il giudice di pace di Badolato ha accolto la domanda proposta da C.V. nei confronti dell’Enel Distribuzione s.p.a. e condannava questa al risarcimento del danno da inadempimento da contratto di somministrazione di energia elettrica, quantificato in Euro 1, oltre alle spese di lite. Secondo la ricostruzione del giudice di pace l’Enel era rimasta inadempiente al provvedimento dell’Autorità per l’energia elettrica n. 200/1999, integrante il contratto di fornitura, non avendo predisposto una modalità gratuita di pagamento della fornitura.

Il Tribunale di Catanzaro, adito da Enel Distribuzione, con sentenza depositata l’1.6.2009, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda e condannava la parte attrice alle spese del doppio grado.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la parte attrice.

Resiste con controricorso l’Enel Distribuzione s.p.a..
Motivi della decisione

1 – Il ricorso è stato sottoscritto da due avvocati, muniti di procura speciale congiunta e disgiunta, di cui uno solo (l’avv. Luigi Maria Maluzzo, ma non l’avv. Francesco Surace) risulta cassazionista;

in tale situazione, la sottoscrizione da parte dell’avvocato cassazionista è sufficiente ai fini dell’ammissibilità, sotto il profilo in esame, del ricorso (confronta Cass. Sez. 3, 11/06/2008, n. 15478).

2 – Il primo motivo adduce nullità della sentenza e del procedimento;

violazione degli artt. 352 e 281 sexies c.p.c. in quanto il Tribunale, quale giudice d’appello, ha deciso la causa ex art. 281 sexies c.p.c., mentre tale procedimento e forma della decisione non è ammissibile per il procedimento di appello; violazione art. 24 Cost..

La censura, che non indica a quale delle diverse ipotesi disciplinate dall’art. 360 c.p.c. ci si intenda riferire, è manifestamente infondata.

Anche di recente è stato ribadito il principio (già affermato da Cass. 13/06/2009, n. 6205), secondo cui la norma dell’art. 281-sexies c.p.c. – che consente al giudice, al termine della discussione, di redigere immediatamente il dispositivo e la concisa motivazione della sentenza – in assenza di un’espressa previsione che ne limiti l’applicabilità al solo giudizio di primo grado, è norma applicabile anche nel giudizio di appello (Cass. 27/01/2011, n. 2024).

Nella specie parte ricorrente non si era avvalsa della facoltà concessa alle parti nel giudizio di appello dall’art. 352 c.p.c., comma 2 e, in questa sede, non ha spiegato il pregiudizio al proprio diritto di difesa che la scelta processuale del Tribunale le avrebbe arrecato.

Al riguardo va ribadito il seguente principio: l’art. 360 c.p.c., n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato "error in procedendo". Qualora, pertanto, la parte ricorrente non indichi, come avvenuto nella specie, lo specifico e concreto pregiudizio subito, l’addotto error in procedendo non acquista rilievo idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata (Cass. Sez. 3, 20/ 11/2009, n. 24532).

3 – Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto: in particolare artt. 1196 e 1339 c.c. con riferimento al provvedimento dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas n. 200 del 1999.

Al ricorso è applicabile ratione temporis (la sentenza impugnata è stata depositata antecedentemente al 4 luglio 2009) l’art. 366-bis c.p.c., a norma del quale i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

E’ orientamento costante della Corte (cfr. Cass. 25/03/2009, n. 7197) che il quesito di diritto deve essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una "regula iuris" suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione sia de tutto inidonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Parte ricorrente chiede "se il provvedimento dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas n. 200 del 1999 art. 6, comma 4, nella parte in cui prevede che (Tempi e modalità di pagamento della bolletta) "L’esercente deve offrire a cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta" integri ex art. 1139 c.c. i contratti individuali tra società Enel Distribuzione S.p.A. e singoli utenti, di tal che questi ultimi, in caso di inottemperanza da parte della predetta società, possano adire l’autorità giudiziaria per ottenere il risarcimento del danno".

Il quesito risulta privo di riferimenti all’art. 1196 c.c., pure indicato nella rubrica della censura, il quale, peraltro, stabilisce che le spese del pagamento sono a carico del debitore e, quindi, pone una regola opposta a quella postulata.

Inoltre il riferimento all’art. 1139 implica un’attività interpretativa del contenuto e dei limiti dell’indicato provvedimento dell’Autorità.

Infine, il quesito pecca di astrattezza, in quanto prescinde totalmente dalla motivazione della sentenza impugnata, la quale aveva spiegato le ragioni che avevano indotto il Tribunale a negare che detto provvedimento potesse integrare i contratti individuali.

4 – Il terzo motivo lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio;

avvenuta corresponsione di somme per il pagamento delle bollette ad Enel.

La censura riguarda l’affermazione del Tribunale circa la mancanza di prova del danno subito dalla parte ricorrente. Essa è inammissibile, sia perchè tratta una questione che implica apprezzamenti di fatto, sia perchè viola l’art. 366-bis c.p.c..

Quando ci si duole per un vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007; Cass. Sez. 3, 07/04/2008, n. 8897).

Nella specie manca il momento di sintesi necessario per circoscrivere il fatto controverso e per specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza sia, rispettivamente, omessa, insufficiente, contraddittoria.

5 – Il quarto motivo ipotizza violazione o falsa applicazione di norme di diritto: in particolare artt. 1175 e 1375 c.c..

La doglianza attiene all’obbligo di informazione all’utenza circa le modalità gratuite di pagamento.

Il quesito finale (se per effetto degli artt. 1175 e 1373 c.c. la società Enel Distribuzione S.p.A. sia obbligata a informare gli utenti delle modalità gratuite di pagamento del corrispettivo della somministrazione di energia) non si presta all’enunciazione di un principio di diritto suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.

6 – Pertanto il ricorso va rigettato. Le spese seguono il criterio della soccombenza.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a pagamento delle spese dei giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 600,00 di cui Euro 400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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