T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 29-04-2011, n. 3698 Amministrazione pubblica Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 9 febbraio 2006, l’Istituto Suore Maestre di S.Dorotea, proprietarie dell’immobile sito in Roma, Via Matera n.18 – in Catasto al Foglio 929, part.lle 39, 41, 606, 607 e 608, destinato in parte in zona B, B2 e in parte in zona G, sottozona G1 (nel nuovo PRG del Comune di Roma in parte nella Citta storica – T4 e in parte nella componente C4) – ha presentato denuncia di inizio attività per la realizzazione di un parcheggio pertinenziale ai sensi dell’art.9 della Legge n. 122 del 1989 e della Delibera C.C. n. 165 del 1997, da realizzare nel sottosuolo dell’area. Nella medesima Dia l’Istituto dichiarava che i lavori sarebbero stati eseguiti dalla soc. Hilde Fortini Srl. In data successiva l’Istituto ha ceduto alla società Campelli Srl, che in pari data ha ceduto alla predetta società il diritto di superficie per lo sfruttamento del sottosuolo dell’immobile in questione. In data 13.3.2008, ai sensi della predetta Legge n. 122 del 1989 e della Delibera n. 165/97, la società ha sottoscritto un atto d’obbligo in favore del Comune, trascritto presso la Conservatoria dei Reg.Imm., impegnandosi a mantenere il vincolo pertinenziale dei realizzandi parcheggi.

Riferisce l’Istituto che dopo l’inizio dei lavori la P.G. in data 17 luglio 2008 ha disposto il sequestro penale del cantiere e delle opere, per carenza del titolo abilitativo.

Lamenta l’Istituto che dopo due anni dall’inizio dei lavori con D.D. n. 2028 del 14.8.2008 il IX Municipio ha comunicato sia all’Istituto che alla società l’avvio del procedimento di annullamento della Dia, a suo tempo presentata, ai sensi dell’art. 21 octies e nonies della Legge n. 241 del 1990, adducendo l’assenza del titolo abilitativi e la carenza dell’impegno al vincolo di pertinenzialità. L’Istituto in riscontro a ciò in data 19.9.2008 ha presentato alcune osservazioni sulla natura pertinenziale dell’intervento nonché sulla assunzione dell’atto d’obbligo regolarmente trascritto e depositato in allegato.

In data 27 novembre 2008 la società Hilde Fortini srl ha presentato una Dia ai sensi degli artt. 22 e 37 del DPR n. 380 del 2001 e 22 della L.R. n. 15 del 2008, per variazioni non essenziali.

Nel frattempo, il Comune ha ordinato alla predetta società il divieto di prosecuzione dell’attività (ord. 24 dicembre 2008, prot. n. 85799). Seguiva, in data 2 marzo 2009 la presentazione di una ulteriore DIA ad integrazione della documentazione relativa alla precedente DIA, tra cui l’atto d’obbligo nonché ricevuta del versamento dell’oblazione. In data 5 marzo 2009, prot. 14867, la società ha presentato una DIA per il completamento del parcheggio allegando tutta la documentazione, a cui è seguita la reiezione con ordine di non effettuare le trasformazioni (impugnato con ricorso RG n. 8439/2009).

Dopo quattro anni dalla data dell’avvio dei lavori relativi al parcheggio, l’Istituto ha ricevuto la notifica della D.D. n. 838 del 13 aprile 2010 adottata dal IX Municipio, con la quale è stata annullata la Dia del 9.2.2006, in quanto non sarebbe stata accertata la destinazione d’uso pertinenziale dei realizzandi box e la mancanza degli atti di impegno a non modificare la destinazione d’uso a parcheggio; inoltre, lamenta l’Istituto che per la prima volta e in contrasto con le garanzie procedimentali di cui all’art.7 e ss. della Legge n. 241 del 1990 l’istanza non risulterebbe corredata dell’autorizzazione del Dip.IX, prescritta nel N.O. della Soprintendenza com. BB.CC, trattandosi di interventi in area vincolata Zona G1 nonché della relazione di previsione di impatto acustico.

Avverso il suddetto provvedimento l’Istituto ha proposto ricorso deducendo articolati motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art.21 nonies, comma 1, della Legge n. 241 del 1990 per inosservanza del termine ragionevole entro il qual poter agire in autotutela; violazione del principio del legittimo affidamento e certezza dei rapporti giuridici; eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto e difetto di istruttoria: nel caso di specie esisterebbe una consolidata situazione di fatto generata dall’assenso edilizio, stante la completa esecuzione dell’opera e il notevole lasso di tempo intercorso tra la presentazione della Dia e la data di adozione del provvedimento di annullamento della stessa, senza contare che quest’ultimo sarebbe intervenuto a distanza di due anni dalla D.D. del 14.8.2008 di comunicazione di avvio del procedimento. Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto emesso oltre ogni termine ragionevole e in assenza della disamina degli interessi coinvolti, senza tener conto dell’affidamento ingenerato nell’Istituto nonché nella società esecutrice dei lavori e dei terzi acquirenti. Il Comune avrebbe dovuto svolgere una adeguata istruttoria in sede di valutazione della Dia per verificare la conformità del progetto.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art.21 nonies, comma 1, in combinato disposto con l’art. 3 della Legge n. 241 del 1990 per insussistenza delle ragioni di interesse pubblico o comunque per erronea motivazione al riguardo; eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti di fatto e di diritto: il Comune avrebbe omesso di specificare in che modo la costruzione assentita e già realizzata potesse incidere negativamente sull’interesse pubblico, effettuando un generico richiamo e senza una comparazione concreta degli opposti interessi. Inoltre, la mera contestazione circa l’asserita mancanza di alcuni documenti, tra l’altro non necessari, da porre a corredo della Dia e il mero richiamo all’interesse pubblico non comporterebbe l’obbligo di annullamento d’ufficio, atto tipicamente discrezionale ancorato alla doverosa valutazione degli interessi.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art.9 della Legge n. 122 del 1989 e della Delibera C.C. di Roma n. 165 del 1997; eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti di fatto e di diritto; difetto assoluto di istruttoria; contraddittorietà: il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo nella parte in cui subordina l’efficacia della Dia alla contestuale presentazione di un atto d’obbligo al vincolo di pertinenzialità in quanto l’Istituto, all’atto della presentazione della Dia, potendo procedere a detto adempimento anche in un momento successivo (come di fatto avvenuto da parte della società Hilde Fortini srl).

4) Violazione e falsa applicazione dell’art.6, comma 1 della Legge n. 241 del 1990 in combinato disposto con l’art.2° comma 5 DPR 380 del 2001; violazione del giusto procedimento; ingiustizia manifesta: nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alle norme rubricate l’Amministrazione avrebbe dovuto invitare il ricorrente ad integrare la documentazione asseritamene mancante e non ricorrente all’annullamento d’ufficio a distanza di oltre quattro anni dalla presentazione della Dia.

5) Violazione e falsa applicazione dell’art.7 e ss. della Legge n. 241 del 1990; violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 23 del DPR 380 del 2001 e dell’art.20 NTA del previdente PRG del Comune di Roma: dopo la notifica della comunicazione di avvio del procedimento di annullamento della Dia (DD n. 2028 del 2008) l’Istituto ricorrente avrebbe inviato al Comune in riscontro alcune osservazioni riguardo la natura pertinenziale dell’intervento e la sussistenza dell’atto d’obbligo relativo al vincolo di pertinenzialità, senza ottenere esplicita valutazione da parte dell’Amministrazione. Inoltre, il provvedimento di annullamento della Dia impugnato sarebbe illegittimo in quanto presenta nuove contestazioni rispetto a quanto comunicato con la D.D. n. 2028 del 2008 di avvio del procedimento impedendo qualunque tipo di contraddittorio e di corretta partecipazione, trattandosi di integrazione documentale, in parte già depositata. Conclude con la richiesta di annullamento dell’atto impugnato e di condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.

Il Comune di Roma si è costituito in giudizio per resistere al ricorso producendo documentazione.

In prossimità dell’udienza pubblica del 18 novembre 2010 l’Istituto ricorrente ha depositato memorie conclusionali e documentazione insistendo con ulteriori argomentazioni sulla propria posizione difensiva,

Alla odierna pubblica udienza il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Nel merito il ricorso presenta profili di fondatezza per le ragioni di seguito riportate.

Le contestazioni avanzate dall’Istituto ricorrente, nella sostanza, vertono sui riscontrati vizi, come riportati nell’esposizione del fatto, del provvedimento di annullamento d’ufficio impugnato, adottato dal Comune senza garantire il corretto contraddittorio procedimentale, sulla base di un illegittimo esercizio del potere di autotutela riguardo le ragioni sottese allo stesso e gli interessi delle opposte parti coinvolte.

Il presupposto alla base della tesi di parte ricorrente, riguardo la illegittimità dell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione, appare corretto, ossia che il provvedimento in autotutela n. 838/2010 impugnato, recante l’annullamento della Dia violerebbe il principio del legittimo affidamento e la certezza dei rapporti giuridici di cui all’art.21 nonies, della Legge n. 241 del 1990 e succ. mod., come censurato con il primo e secondo mezzo, emergendo la carenza dei presupposti specifici richiesti dalla normativa in materia.

Giova al riguardo rilevare che l’art. 21 nonies della predetta Legge n.241 del 1990 ha indicato quali presupposti per l’annullamento d’ufficio, con effetti ex tunc, oltre all’accertamento dell’originaria illegittimità dell’atto, la sussistenza delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione diverso dal mero ripristino della legalità dell’azione amministrativa, il decorso di un termine ragionevole (e quindi non eccessivamente lungo) l’assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari e la valutazione degli interessi degli stessi (cfr. Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 21 aprile 2010, n. 553; Tar Campania, Napoli, sez. V, 1 ottobre 2010, n. 17546). Infatti l’interesse di ristabilire la legalità dell’azione amministrativa, pur rilevante, deve essere comparato con altri interessi posti a tutela della stabilità delle relazioni giuridiche, anche se basate su provvedimenti illegittimi (cfr.Tar Lazio, Roma, sez. III, 25 ottobre 2010, n. 32960). Peraltro l’esercizio del potere di autotutela, pur essendo espressione di rilevante discrezionalità, non esime l’Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei su menzionati presupposti, con motivazione integrata dall’allegazione del vizio che inficia il provvedimento (cfr.Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291; Tar Puglia, Lecce, sez. I, 16 aprile 2010, n. 930).

Per di più non va sottaciuto che, indipendentemente dalla soluzione da dare alla dibattuta questione circa la natura giuridica della Dia, maggiore è il lasso di tempo trascorso tra l’avvio dell’attività stessa e l’esercizio, da parte della P.A., del potere inibitorio e/o di autotutela, e maggiore deve essere il grado di motivazione sulle ragioni di pubblico interesse, diverse da quelle al mero ripristino della legalità, che deve connotare il relativo provvedimento amministrativo, anche alla luce di quanto previsto espressamente dal predetto art. 21 nonies (cfr. Cons. Stato, sez. I, 2 luglio 2010, n. 3176;Tar Toscana, sez. II, 24 agosto 2010, n. 4882).

Nel caso di specie, emerge che il Comune, nell’atto impugnato, pur articolando le dinamiche vicende intervenute tra le parti, ha disposto l’annullamento d’ufficio entro un lasso temporale di diversi anni dall’adozione dell’atto rimosso (quattro dall’istanza Dia e due dalla comunicazione dell’avvio del procedimento) senza apprezzare l’esistenza di un interesse pubblico attuale alla sua eliminazione, effettuando invece un richiamo generico all’interesse pubblico concreto ed attuale alla realizzazione di interventi per la dotazione di parcheggi pertinenziali, a condizione però che ciò avvenga nel pieno rispetto degli atti di programmazione urbanistica e di regolazione dell’attività edilizia, dei valori ambientali e paesaggistici… e con i titoli edilizi corretti; che l’interesse privato, se pur rilevante, non può essere anteposto ad interessi pubblici e privati rilevanti e tutelati. Tali ragioni di interesse pubblico, che hanno giustificato l’annullamento d’ufficio del provvedimento, appaiono generiche di fronte all’esigenza di salvaguardare le situazioni dei soggetti privati che nel notevole lasso temporale hanno acquisito, in forza dello stesso, posizioni consolidate, rispetto alle quali va vieppiù ravvisato un obbligo dell’Amministrazione di comportarsi secondo buona fede e correttezza ed esercitando lo jus poenitendi senza operare lo snaturamento del detto potere, che è pur sempre espressione di cura concreta di interessi pubblici e quindi espressione della funzione di amministrazione attiva, e non rimedio giustiziale. (cfr. Tar Puglia, Bari, sez. I, 15 maggio 2008, n. 1157; Tar Molise, sez. I, 23 settembre 2009, n. 644).

Con il quarto e quinto motivo di impugnazione l’Istituto censura l’illegittimità dell’atto impugnato

in quanto si riferirebbe ad altre risultanze istruttorie e a nuovi elementi di inefficacia della Dia annullata, non comunicati con il precedente atto di avvio del procedimento di annullamento n. 2028/2008, non consentendo alla società un effettivo confronto procedimentale con l’Amministrazione.

Al riguardo, occorre richiamare la funzione della comunicazione di avvio del procedimento e il rapporto che, sotto il profilo dei contenuti, lega tale atto al provvedimento finale. E’noto, infatti, che detta comunicazione, avente natura di atto endoprocedimentale, si colloca nella fase predecisoria con la quale la P.A. instaura una necessaria fase in contraddittorio con il privato. E così, con tale atto l’Amministrazione rende noto il proprio intendimento, peraltro provvisorio, di determinarsi con un riesame in autotutela consentendo alla parte titolare di una posizione giuridica evidentemente qualificata, di poter interloquire con l’Amministrazione stessa, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto e attuale – alla cui unica cura deve essere indirizzata l’azione amministrativa – e ad un’adeguata ponderazione dello stesso con quello privato, onde far mutare eventualmente avviso all’Amministrazione medesima (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4828; Tar Lazio, Roma, sez. III, 2 febbraio 2007, n. 777).

Tenuto conto della sopradescritta finalità dell’istituto, si può rilevare come non sia richiesta una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento e quello del provvedimento conclusivo del procedimento, essendo del tutto legittimo che l’Amministrazione possa ritenere nel provvedimento finale di dover meglio precisare le proprie posizioni giuridiche, in relazione alle osservazioni del privato e anche autonomamente (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, 10 aprile 2006, n.2553; Tar Campania, sez. II, 23 maggio 2008, n.4969).

Tuttavia, pur non essendo prescritto un rapporto di identità tra i due atti, nel senso sopra precisato, è necessario però che il contenuto del provvedimento conclusivo si inscriva nello schema delineato dalla comunicazione di avvio del procedimento, il quale deve contenere la motivazione della decisione in nuce dell’Amministrazione, dovendosi ritenere precluso all’Amministrazione fondare il provvedimento definitivo su ragioni del tutto nuove, non enucleabili dalla motivazione dell’atto endoprocedimentale, frustrando così irrimediabilmente la funzione partecipativa e di dialogo che la legge assegna all’atto di comunicazione (cfr. Cons. Stato, sez. II, 11 giugno 2008, n. 760; Tar Piemonte, sez. I, 7 febbraio 2008, n. 503; Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 27 novembre 2009, n. 11946).

Orbene, alla luce dei suddetti principi e dal confronto degli atti del procedimento impugnati emerge la fondatezza delle censure dedotte; infatti, nella specie, nella predetta D.D. n. 838/2010, a pag. 3, sono state indicate specifiche motivazioni di inefficacia della Dia riguardo la mancata allegazione all’istanza di specifici atti (- mancata allegazione all’istanza dell’autorizzazione del Dip.IX, prescritta nel N.O. della Soprintendenza com. BB.CC, trattandosi di interventi in area vincolata Zona G1; – mancata allegazione della relazione di previsione di impatto acustico; – mancanza di atto d’obbligo a non modificare le destinazioni d’uso a parcheggi;- mancanza di atto d’impegno a destinare i parcheggi a servizio degli edifici esistenti in prossimità prima che la Dia acquisti efficacia); detta documentazione, non espressamente indicata nella precedente comunicazione di avvio del procedimento di autotutela n. 2028/2008, risulta aggiunta quale nuova valutazione dell’Amministrazione rispetto a quanto comunicato in precedenza, determinando la rilevata discordanza tra i due provvedimenti del procedimento di riesame in questione, a distanza di oltre quattro anni dalla presentazione della Dia.

Del resto l’adempimento garantistico di partecipazione di conoscenza di cui all’art. 7, della Legge n. 241 del 1990 è atto dovuto per tutti i procedimenti di autotutela o di secondo grado secondo orientamento giurisprudenziale pacifico (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. V, 27 gennaio 2009, n. 406; Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 13 febbraio 2009, n. 260). Né potrebbe opinarsi che trattasi di un obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento di minore contenuto e non necessario al cospetto di un provvedimento finale, quale l’annullamento di un’intera sequenza procedimentale, atteso che proprio detto atto definitivo di riesame dispiega effetti preclusivi che incidono su posizioni giuridiche soggettive differenziate e qualificate, quale è indubbiamente quella dell’Istituto ricorrente, soggetto richiedente originariamente la Dia per la realizzazione dell’opera.

Peraltro, non può sottacersi che in materia edilizia l’Amministrazione ove ritenga necessaria, ai fini del consolidamento della Dia – e del rilascio del titolo – la produzione di atti può porre rimedio all’insufficiente produzione documentale esercitando i generali poteri istruttori di cui all’art.6 della citata Legge n. 241 del 1990, invece di ricorrere al definitivo annullamento d’ufficio, che consiste in atto tipicamente discrezionale ancorato alla doverosa valutazione degli interessi coinvolti e alle posizioni di affidamento consolidate e rese significative dall’intervenuta esecuzione delle opere assentite.

Inoltre, l’Amministrazione comunale può esercitare il potere inibitorio in relazione alla Dia ex art. 23 del DPR n. 380 del 2001 entro 30 giorni e, decorso tale termine, alla stessa residua l’attivazione del procedimento di autotutela secondo i criteri stabiliti dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies della citata Legge n. 241 del 1990, che nella specie non risultano specificamente rispettati.

Detti riscontrati profili di illegittimità della D.D. n. 838 del 2010 impugnata di cui al primo, secondo, quarto e quinto mezzo, precludono il vaglio delle ulteriori censure di illegittimità proposte dall’Istituto ricorrente, con assorbimento – quindi – di ogni altro motivo e profilo di gravame non espressamente esaminato in quanto ritenuto ininfluente e irrilevante ai fini della decisione e si conclude per l’accoglimento del ricorso e per l’annullamento dell’atto ivi impugnato.

Infine, rileva il Collegio che non può essere accolta l’istanza di risarcimento dei danni in quanto parte ricorrente fornisce elementi non sufficienti a supporto dell’ istanza stessa, limitandosi a generiche affermazioni non comprovate dalla dimostrazione del pregiudizio concreto derivante dalla condotta della P.A, talchè, la domanda deve essere respinta.

L’andamento del giudizio e la peculiarità della vicenda giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato. Respinge la domanda di risarcimento dei danni.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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