T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 29-04-2011, n. 654 Bellezze naturali e tutela paesaggistica Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 17 febbraio 1995 la società ricorrente I.M. srl (poi divenuta I.M. sas) ha presentato al Comune di Brescia domanda di condono edilizio ex art. 31 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 relativamente a un locale accessorio (deposito) realizzato in calcestruzzo con tetto in onduline, avente superficie pari a circa 50 mq e altezza pari a 2,35 metri. Il manufatto (mappali n. 48 e 2403) si trova in via della Lama, all’interno di una zona sottoposta a vincolo paesistico. Nel PRG dell’epoca l’area del manufatto abusivo era collocata in zona A (nucleo antico).

2. Il Comune, competente per subdelega ai sensi dell’art. 8 della LR 27 maggio 1985 n. 57, ha rilasciato l’autorizzazione paesistica in sanatoria ex art. 32 della legge 47/1985 con il nullaosta del 16 settembre 1996. Contestualmente è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria.

3. Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali con decreto del direttore generale del 20 novembre 1996, su istruttoria della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Brescia, ha annullato l’autorizzazione paesistica esercitando il controllo di legittimità di cui all’art. 82 comma 9 del DPR 24 luglio 1977 n. 616. Il contrasto con il vincolo paesistico è indicato nel fatto che "una siffatta costruzione, per la natura dei materiali, forma e sagoma, (è) del tutto avulsa dalla tipologia edilizia del luogo".

4. Contro l’annullamento ministeriale la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 16 giugno 1997 e depositato il 26 giugno 1997. Le censure possono essere sintetizzate e riordinate come segue: (i) mancata comunicazione di avvio del procedimento; (ii) incompetenza del direttore generale; (iii) invasione del merito riservato alle valutazioni degli uffici comunali; (iv) difetto di istruttoria, in quanto le osservazioni critiche mosse all’aspetto del manufatto abusivo non terrebbero conto della situazione dei luoghi e degli interventi di manutenzione e ristrutturazione effettuati tra il 1991 (anno dell’acquisto) e il 1993.

5. Il Ministero si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

6. Sulle questioni sollevate dalla ricorrente si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non è idonea da sola a determinare l’annullamento dell’atto finale. Per il principio ora codificato nell’art. 21octies comma 2 secondo periodo della legge 7 agosto 1990 n. 241 deve sempre essere effettuata la prova di resistenza al fine di stabilire se e in quale misura la violazione delle garanzie procedimentali abbia privato l’amministrazione di elementi istruttori in grado di far ipotizzare una decisione diversa. Questa regola è applicabile anche al controllo di legittimità sugli atti (v. TAR Brescia Sez. I 4 ottobre 2010 n. 3726);

(b) la competenza circa il controllo di legittimità sulle autorizzazioni paesistiche rilasciate dagli enti locali è validamente incardinata nel direttore generale, sulla base dell’ordinamento interno degli uffici ministeriali. Il fatto che l’art. 82 comma 9 del DPR 616/1977 indichi quale titolare del potere direttamente il ministro è del tutto irrilevante. In un testo normativo dedicato al trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato alle regioni l’utilizzo di richiami alla figura del ministro non identifica la carica politica ma semplicemente l’amministrazione statale in contrapposizione a quella regionale;

(c) le osservazioni formulate nel decreto di annullamento, astrattamente considerate, non configurano sconfinamento nel merito né usurpazione del potere subdelegato ai comuni. L’autorità statale nell’esercitare il controllo di legittimità può avvalersi di tutte le figure dell’eccesso di potere, il che consente un esame prossimo al merito delle valutazioni svolte dagli enti locali. Se quindi rimane vietata la riformulazione del giudizio finale circa la compatibilità delle opere con il vincolo paesistico, è invece ammissibile un ampio spettro di censure non meramente formali, dalla corretta interpretazione del vincolo al travisamento delle caratteristiche del nuovo manufatto, dalla lettura delle condizioni attuali dei luoghi all’eventuale andamento iperbolico dell’impatto di un ulteriore edificio su un’area già trasformata (v. TAR Brescia Sez. I 9 aprile 2010 n. 1531);

(d) in concreto tuttavia le valutazioni effettuate nel decreto ministeriale di annullamento non sono idonee a evidenziare profili di illegittimità nell’autorizzazione paesistica in sanatoria. In particolare non appare corretto qualificare come estraneo alla tipologia edilizia locale un manufatto che costituisce semplicemente l’ampliamento di un deposito già edificato e si pone al servizio delle abitazioni esistenti (v. cartografie depositate dal Ministero il 18 gennaio 2011). La forma e la sagoma sono quelle proprie delle costruzioni pertinenziali adibite a deposito. Considerata la modesta altezza e la vicinanza degli edifici principali si può ragionevolmente ritenere che il manufatto non abbia sul vincolo paesistico un peso significativo;

(e) il riferimento ai materiali di costruzione non è parimenti condivisibile, ma in questo caso sul piano del metodo. Il fatto che la costruzione si presenti esteticamente sgradevole per la scarsa qualità dei materiali impiegati non può avere importanza decisiva nell’esame paesistico, in quanto il vincolo riguarda la concatenazione delle forme che si presentano alla vista e non le caratteristiche igienicosanitarie degli edifici singolarmente considerati (v. TAR Brescia Sez. I 17 gennaio 2011 n. 73). La sanatoria paesistica non può quindi essere negata se la costruzione, pur non pregevole in sé, esercita un impatto limitato rispetto al contesto;

(f) d’altra parte il Comune, anche su segnalazione della Soprintendenza, può comunque formulare prescrizioni che impongano il risanamento degli edifici oggetto di sanatoria, in modo da renderli conformi al regolamento locale di igiene. L’interesse pubblico alla salute delle persone e alla salubrità dei luoghi tutelato dalle norme igienicosanitarie persiste inalterato nel tempo, a maggior ragione nel caso in cui l’edificazione sia avvenuta senza titolo edilizio. Nello specifico peraltro la stessa ricorrente afferma di avere effettuato all’epoca alcuni interventi di manutenzione e ristrutturazione che hanno migliorato la situazione del manufatto. Al Comune rimane il potere di valutare l’adeguatezza di tali interventi.

7. In conclusione il ricorso deve essere accolto con il conseguente annullamento del decreto ministeriale impugnato e il consolidamento dell’autorizzazione paesistica in sanatoria. Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso come precisato in motivazione. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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