T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 29-04-2011, n. 653 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Mediante contratto stipulato il 9 febbraio 2006 il Comune di Gandino ha affidato a San Giorgio spa (poi divenuta T.I. spa, attuale ricorrente) il servizio di gestione, liquidazione, accertamento e riscossione del canone sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni. La durata del servizio era fissata in 5 anni, con scadenza all’8 febbraio 2011.

2. Il responsabile del Servizio Commercio e Tributi con determinazione n. 250 del 19 novembre 2009 ha disposto la risoluzione del contratto per grave inadempimento, non avendo la ricorrente versato all’amministrazione quanto riscosso nei primi tre trimestri del 2009. Tale versamento non è avvenuto neppure dopo che il Comune con raccomandata a/r dell’11 novembre 2009 ne ha chiesto l’effettuazione nel termine di 7 giorni a pena di risoluzione.

3. La notizia della risoluzione è stata data alla ricorrente con nota del medesimo dirigente prot. n. 7195 del 19 novembre 2009.

4. Contro i suddetti provvedimenti la ricorrente (in riassunzione da un precedente ricorso straordinario) ha presentato impugnazione con atto notificato e depositato il 25 maggio 2010. Oltre all’annullamento degli atti impugnati è stato chiesto il risarcimento del danno. Le censure si possono così riassumere:

(i) incompetenza del Comune, in quanto, essendo la ricorrente iscritta ex art. 53 del Dlgs. 15 dicembre 1997 n. 446 all’albo dei soggetti privati abilitati a effettuare attività di liquidazioneaccertamentoriscossione dei tributi delle province e dei comuni, la decadenza dalla gestione avrebbe dovuto essere dichiarata dall’apposita commissione ministeriale ai sensi degli art. 13 e 15 del DM 11 settembre 2000 n. 289 su richiesta dell’ente locale interessato o della Direzione centrale per la fiscalità locale. Questa ripartizione di competenze doveva essere nota al Comune, in quanto è riprodotta nell’art. 20 del contratto del 9 febbraio 2006;

(ii) violazione degli art. 1453 e 1454 c.c., in quanto la diffida ad adempiere e l’inutile decorso del termine fissato per l’adempimento non eliminano la necessità della dimostrazione ex art. 1455 c.c. dell’importanza dell’inadempimento, mentre nello specifico il Comune si è limitato a prendere atto del mancato versamento degli importi richiesti;

(iii) violazione del principio del minimo mezzo, in quanto il Comune a fronte di un mancato versamento avrebbe dovuto escutere la fideiussione (come ha fatto) evitando di causare alla ricorrente il maggiore danno collegato alla decadenza dalla gestione (circostanza che in futuro potrebbe precludere la partecipazione alle procedure di gara).

5. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo nel merito la reiezione del ricorso e formulando tre eccezioni preliminari:

(i) interruzione del processo in seguito alla dichiarazione di insolvenza della ricorrente pronunciata dal Tribunale di Roma con sentenza n. 312 del 27 luglio 2010;

(ii) difetto di giurisdizione per la clausola compromissoria contenuta nell’art. 22 del contratto del 9 febbraio 2006;

(iii) improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto nel frattempo la ricorrente è stata definitivamente cancellata dall’albo di cui all’art. 53 del Dlgs. 446/1997 (in proposito v. CS Sez. IV 9 dicembre 2010 n. 8687).

6. Sulle questioni che compongono il presente ricorso si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) non appare condivisibile la tesi dell’interruzione del processo per analogia con l’art. 43 del RD 16 marzo 1942 n. 267, che fa derivare questo effetto in via automatica dall’apertura del fallimento. Nel caso in esame la sentenza del Tribunale di Roma n. 312/2010 nel dichiarare lo stato di insolvenza della ricorrente ha precisato che quest’ultima con decreto ministeriale del 18 giugno 2010 era stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 3 comma 3 del DL 25 marzo 2010 n. 40 e dell’art. 2 del DL 23 dicembre 2003 n. 347. Il comma 2bis dell’art. 2 del suddetto DL 347/2003 richiama diverse norme del RD 267/1942, ma non l’art. 43 sui rapporti processuali, limitandosi a prevedere che nelle controversie, anche in corso, relative a questioni di diritto patrimoniale l’impresa sta in giudizio mediante il commissario straordinario. Poiché l’amministrazione straordinaria, a differenza della procedura fallimentare, ha come obiettivo il recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali (v. art. 27 del Dlgs. 8 luglio 1999 n. 270), vi è una presunzione di continuità del soggetto (imprenditore) che agisce o resiste in giudizio, circostanza prevalente rispetto al mero cambio ex lege della rappresentanza processuale, e dunque non sussistono i presupposti dell’interruzione tassativamente indicati negli art. 299 e 300 cpc (v. CS Sez. V 12 ottobre 2009 n. 6242);

(b) nel caso delle società precedentemente iscritte all’albo di cui all’art. 53 del Dlgs. 446/1997 la presunzione di continuità è rafforzata dalla norma specifica dell’art. 3 comma 3 del DL 40/2010, in base al quale l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria comporta la persistenza delle convenzioni vigenti con gli enti locali immediatamente prima della data di cancellazione dall’albo nonché dei poteri, anche di riscossione, di cui le predette società disponevano anteriormente alla medesima data di cancellazione. Peraltro la norma fa salve le disdette, le revoche e le risoluzioni degli affidamenti o delle convenzioni già intervenute, o che intervengano nel corso della procedura, per cause diverse dalla cancellazione dall’albo. Dunque non solo i giudizi relativi a tali disdette, revoche e risoluzioni non si interrompono, ma sopravvive anche l’interesse alla loro definizione;

(c) deve però essere accolta l’eccezione di difetto di giurisdizione. L’art. 22 del contratto del 9 febbraio 2006 stabilisce che "le controversie che eventualmente dovessero sorgere in esecuzione del presente capitolato saranno decise da un collegio arbitrale, secondo le norme e le procedure contenute negli artt. 806 e seguenti del codice di procedura civile". Le questioni di merito trattate nel presente ricorso, tutte incentrate sulla rilevanza dell’inadempimento della ricorrente, riguardano lo svolgimento del rapporto e dunque rientrano nel perimetro delle controversie che le parti hanno voluto devolvere al giudizio arbitrale;

(d) senza la clausola compromissoria la giurisdizione amministrativa avrebbe dovuto essere affermata ex art. 133 comma 1 lett. a2) cpa, sul presupposto che i contratti relativi alle attività di gestione, liquidazione, accertamento e riscossione delle entrate tributarie e non tributarie degli enti locali ricadono tra gli accordi di rilievo pubblico di cui all’art. 11 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (v. CS Sez. V 27 gennaio 2006 n. 236). In relazione a tali accordi la giurisdizione amministrativa si estende anche alla fase di esecuzione. Nel corso dell’esecuzione le parti diventano però titolari di diritti soggettivi, in quanto, all’interno della griglia pubblicistica già definita, i rapporti si svolgono prevalentemente su un piano paritetico. L’inadempimento contrattuale è una tipica situazione in cui si confrontano diritti soggettivi. L’art. 12 cpa prevede che le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione amministrativa possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto. Questa è appunto la soluzione scelta dalle parti nel caso in esame attraverso il rinvio agli art. 806 seg. cpc (il riferimento normativo individua chiaramente la natura rituale dell’arbitrato);

(e) il difetto di giurisdizione impedisce di esaminare le altre questioni dedotte. Poiché la giurisdizione amministrativa cede qui nei confronti di un arbitrato rituale di diritto non può essere applicato il meccanismo di rinvio ad altro giudice nazionale previsto dall’art. 11 cpa.

7. In conclusione il ricorso risulta inammissibile per difetto di giurisdizione. Le spese possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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