Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-04-2011) 02-05-2011, n. 16842 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 2 settembre 2010 il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., rigettava la richiesta di riesame avanzata da D.L.C. e, per l’effetto, confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti il 4 agosto 2010 dal gip del locale Tribunale in ordine al delitto di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta. A D.L. è, in particolare, contestato di essere componente della "società di Siderno", capeggiata da F.A. e G. e C.A., Co.

M., F.G., F.S., G. A. (cl. (OMISSIS)), Ga.An. (cl. (OMISSIS)), Ma.

F. e di essersi occupato di assicurare le comunicazioni tra gli associati, di partecipare alle riunioni ed eseguire le direttive dei vertici della società e dell’associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio.

Ad avviso del Tribunale, gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’indagato erano costituiti dal contenuto delle intercettazioni ambientali (cfr. in particolare intercettazioni del 16 luglio 2009, n. 104 e del 10 agosto 2009, n. 2183), evidenzianti la piena intraneità al sodalizio di D.L., investito della carica di "santista", il rapporto fiduciario intercorrente tra lui e C. G. con il quale parlava di "cariche speciali", di ‘"ndrine" e di famiglie mafiose del luogo, di dinamiche pregresse e attuali dell’associazione, degli obiettivi illeciti perseguiti (soprattutto nel settore degli stupefacenti), della necessità di provvedere al sostentamento dei membri detenuti dell’organizzazione e delle loro famiglie. Il contenuto delle conversazioni trovava, ad avviso dei giudici, obiettivi elementi di riscontro nelle attività di videoripresa svolte al di fuori del centro commerciale "i portici", ove è ubicata la lavanderia gestita da C.G..

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, D.L., il quale, anche mediante una memoria difensiva, lamenta violazione dei canoni di valutazione probatoria, avuto riguardo alla mancata acquisizione di elementi obiettivi su cui fondare l’affermazione che l’interlocutore di C. nella conversazione del 16 luglio 2009 fosse proprio l’indagato, considerato che le attività di videoripresa non avevano registrato quel giorno la presenza o l’arrivo dell’indagato presso il locale sottoposto ad intercettazione e che in occasione delle altre due visite di D.L. a C. (v. videoregistrazioni del 4 novembre 2009 e relazione di servizio dell’assistente L. e del 14 settembre 2009, di cui peraltro si segnala la mancanza in atti) non era stato captato alcun colloquio rilevante a fini investigativi;

evidenzia inoltre il travisamento del contenuto del dialogo intercorso tra C.G. e B., che, come già evidenziato in una memoria difensiva depositata al Tribunale, non contiene il riferimento a D.L., bensì ad altra persona.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

1. Le linee direttive della Costituzione in tema di favor libertatis richiedono che le valutazioni compiute dal giudice ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale siano fondate con il massimo di prudenza su una ragionevole e consistente probabilità di colpevolezza e, quindi, di condanna dell’imputato: per questo si prevede un incisivo giudizio prognostico, tanto lontano da una sommaria delibazione e tanto prossimo ad un giudizio di colpevolezza, sia pure presuntivo, poichè condotto allo stato degli atti e non su prove, ma su indizi (Corte Cost. n. 131 del 1996).

Secondo l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia di condizioni generali per l’applicazione di misure cautelari personali, i gravi indizi di colpevolezza vanno individuati in quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, sia diretti che indiretti, i quali, resistendo a interpretazioni alternative e contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova, non valgono di per sè a dimostrare, oltre ogni dubbio, l’attribuibilità del reato all’indagato con la certezza propria del giudizio di cognizione, e tuttavia, quantitativamente e qualitativamente apprezzati nella loro consistenza e nella loro coordinazione logica, consentono di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. Un. 30 maggio 2006, n. 36267).

2. Facendo applicazione di tali principi, il Collegio osserva che il Tribunale del riesame non ha dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione, riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. Un. 2.5.2000, n. 11).

Infatti, il Tribunale ha omesso di illustrare le ragioni in base alle quali si è pervenuti all’affermazione che uno degli interlocutori della conversazione ambientale del 16 luglio 2009, n. 104, fosse D. L. (di cui peraltro a f. 41 dell’ordinanza impugnata si attesta apoditticamente la certezza dell’identificazione), tenuto conto anche del fatto che, in quella data, non risulterebbe essere stato effettuato alcun avvistamento ad opera della polizia giudiziaria nè eseguita alcuna attività di videoripresa contenente l’immagine dell’indagine.

Tale profilo appare rilevante anche se correlato alla circostanza che il 14 settembre 2009 e il 6 novembre 2009 – date entrambe nelle quali D.L. si sarebbe recato presso la lavanderia gestita da C. (cfr. f. 15 dell’ordinanza impugnata) – non risulta che l’indagato abbia preso parte a dialoghi rilevanti sotto il profilo investigativo.

L’omesso apprezzamento di questi aspetti incide sulla univocità e gravità del quadro indiziario in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p. contestato all’indagato e sulla prova dell’apporto causalmente rilevante alla vita del sodalizio di stampo mafioso da lui consapevolmente e volontariamente fornito.

Per tutte queste ragioni s’impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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