Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-03-2011) 02-05-2011, n. 16831 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data il marzo 2010, depositata in cancelleria il 26 aprile 2010, il Tribunale di Agrigento, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di R.G. volta a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671 c.p.p. in relazione alle condanne ivi indicate e, revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena disposta nelle sentenze anch’esse indicate nel provvedimento, rigettava la richiesta del riconoscimento della estinzione delle pene.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il R. chiedendone l’annullamento per i seguenti profili:

a) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 81 cpv. c.p., con riferimento all’art. 606 c.p., comma 1, lett. b); il giudice non ha tenuto conto della omogeneità delle violazioni e la contiguità temporale delle stesse, commesse peraltro in un ambito territoriale ristretto. b) violazione degli artt. 666, 178 e 179 c.p.p.; i provvedimenti di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena potevano essere assunte solo nel contraddittorio delle parti ai sensi dell’art. 666 c.p.p., commi 3 e 4. c) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 172 c.p., con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b); il giudice ha errato nel ritenere che non fosse decorso il termine decennale di prescrizione della pena. Più precisamente, in relazione alle sentenze sub 1 e 3 del provvedimento impugnato in quanto la sentenza sub 6 ritenuta dal giudice ostativa è invece relativa a un fatto commesso nel (OMISSIS), prima quindi che iniziasse a decorrere il termine decennale prescrizionale, avendo infatti correttamente il Tribunale ritenuto decorrere tale termine dall’8 febbraio 2000, mentre in relazione alla sentenza sub 2 il reato ostativo di cui sub 9) è stato commesso nel (OMISSIS), sempre prima dell’inizio del termine e si tratta inoltre di reato contravvenzionale sicchè non può operare l’effetto preclusivo di cui all’art. 172 c.p., comma 7.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è in parte fondato e merita accoglimento:

l’ordinanza impugnata va annullata con le determinazioni di cui in dispositivo.

3.1 – Il primo motivo di ricorso non è fondato e deve essere respinto.

3.1.1 – Il Giudice dell’esecuzione ha per vero fatto corretta applicazione delle norme di legge e dei principi più volte affermati da questa Corte (v. Cass., Sez. 1, 7 aprile 2004, n. 18037, Tuzzeo, rv, 229052) circa l’inidoneità di mere situazioni soggettive ad integrare l’identità del disegno criminoso di cui all’art. 81 cpv. c.p.; è infatti consolidata l’affermazione della radicale diversità dell’identità della spinta criminosa o del movente pratico individuabile alla base di plurime violazioni della legge penale rispetto alla medesimezza del disegno criminoso che deve cementare i vari episodi di un reato continuato; è da ritenersi altresì consolidato il principio secondo cui all’istante incombe un onere di allegazione di elementi specifici e concreti da cui desumere la fondatezza o meno dell’assunto (Cass., Sez. 5, 4 marzo 2004, n. 18586, rv. 229826; conformi ex plurimis Cass. n. 5518 del 1995; n. 77 del 1995; n. 4437 del 1994; n. 898 del 1993), irrilevante essendo, in difetto di tali dati sintomatici, il mero riferimento alla relativa contiguità cronologica od all’analogia criminogena dei diversi fatti, indici, per lo più, come ritenuto nella specie, di abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti penali piuttosto che di attuazione di un medesimo progetto criminoso, unitariamente concepito e deliberato, sia pure nelle sue linee essenziali.

3.2. – Ciò posto, il Collegio osserva che il ricorso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare una nuova, non consentita rivalutazione delle circostanze di fatto, che, in quanto tale, è insindacabile in questa sede di legittimità, mentre il provvedimento gravato, nella carenza di allegazione da parte dell’istante di elementi concreti da cui dedurre la medesimezza del disegno criminoso, presupposto indefettibile per l’applicazione dell’istituto invocato, ha correttamente motivato il diniego dell’istanza. E’ stato infatti evidenziato, tra l’altro, la non contiguità temporale dei fatti illeciti, la loro commissione in luoghi e con sodali differenti e la loro parziale disomogeneità. Il giudice ha inoltre valutato in modo analitico il contenuto delle diverse sentenze indicate in ricorso pervenendo alla conclusione, all’esito della compiuta disamina delle stesse decisioni, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione delle leggi penale e processuale, della sussistenza di un’ostatività (non superabile) al riconoscimento della continuazione.

3.3. – Il secondo motivo di gravame è per contro fondato e va accolto. Ancorchè sia stato il richiedente ad avanzare richiesta di continuazione ex art. 671 c.p.p. accennando alla ipotesi della possibile revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, il giudice avrebbe dovuto farne espressa indicazione nel decreto di fissazione dell’udienza di trattazione in modo da consentire, nel contraddittorio delle parti, l’esercizio da parte dell’interessato di un’ampia difesa sul punto.

3.4. – Parimenti fondato è il terzo motivo di impugnazione.

3.4.1. – Il legislatore, sancendo all’art. 172 c.p., comma 7 ultima ipotesi l’inapplicabilità della prescrizione ai condannati i quali, durante il tempo necessario per l’estinzione della pena, abbiano riportato una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole, ha inteso escludere dal beneficio coloro i quali, con la reiterazione della condotta analoga a quella che determinò la condanna precedente, mostrano di non essere incorsi in ravvedimento e di non meritare, pertanto, l’operatività in loro favore del beneficio in questione. La norma, pertanto, non si applica quando la condanna, pur essendo successiva all’inizio del termine prescrizionale, riguardi reati commessi in epoca anteriore, così come avvenuto nella fattispecie (Sez. 1, 12 maggio 1971, n. 1589, Mocciaro, rv. 119044; Sez. 1, 6 dicembre 1993, n. 5316, P.M. in proc. Spazzali, rv. 196363; Sez. 1, 7 aprile 2004, n. 18990, Turco, rv.

227984). Come emerge dalla lettura degli atti, esaminabili da questa Corte per la natura della eccezione sollevata, occorre per vero osservare che, in relazione alle sentenze di cui ai non. 1 e 3 di cui al provvedimento gravato, la sentenza sub 6 ritenuta dal giudice ostativa è invece afferente un fatto commesso nel (OMISSIS), prima quindi che iniziasse a decorrere il termine decennale prescrizionale, mentre in relazione alla sentenza di cui al n. 2 il reato ritenuto ostativo di cui sub 9, ancorchè effettivamente commesso durante il periodo prescrizionale di dieci anni per essere stato perpetrato nel (OMISSIS), ha natura contravvenzionale e quindi non può fare operare l’effetto preclusivo di cui all’art. 172 c.p., comma 7.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alle pene inflitte al R.G. con le sentenze 14 maggio 1998 del Pretore di Palermo, 14 gennaio 1999 del Pretore di Agrigento, 9 marzo 1999 del Tribunale di Termini Imerese, pene che dichiara estinte per prescrizione. Annulla l’ordinanza predetta relativamente alla revoca della sospensione condizionale e rinvia per nuovo esame al riguardo al Tribunale di Agrigento. Rigetta nel resto il ricorso.

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