Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano N. 217/2009

costituito dai magistrati:

Margit FALK EBNER – Presidente

Hugo DEMATTIO – Consigliere

Marina ROSSI DORDI – Consigliere

Lorenza PANTOZZI LERJEFORS – Consigliere, relatrice

ha pronunziato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso iscritto al n. 77 del registro ricorsi 2007

presentato da

BAU S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, signor Ferrigato Luciano, rappresentata e difesa dall’avv. Igor Janes, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Bolzano, C.so della Libertà n. 35, giusta delega a margine del ricorso; – ricorrente –

c o n t r o

COMUNE di BOLZANO, in persona del Sindaco pro tempore, che sta in giudizio in forza della deliberazione della Giunta municipale n. 137 dd. 6.3.2007, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandra Merini, Marco Cappello e Gudrun Agostini, con elezione di domicilio presso l’Ufficio Legale del Comune, Vicolo Gumer n.7, giusta delega in calce al ricorso notificato; – resistente –

per l’annullamento,

previa emanazione di misure cautelari,

1) del provvedimento dell’Assessore all’urbanistica del Comune di Bolzano 21.12.2006, prot. n. 89581/06, notificato in data 27.12.2006, con il quale, sulla base del previo parere reso dalla locale commissione edilizia, è stata respinta la domanda di rilascio di concessione edilizia presentata dalla ricorrente in data 30.11.2006, avente per oggetto il trasferimento di cubatura e la nuova costruzione sulla p.f. 1353/4 C.C. Gries;

2) del richiamato e non conosciuto parere negativo espresso dalla Commissione edilizia comunale, riunitasi in seduta in data 20.12.2006;

e per la condanna

dell’Amministrazione comunale di Bolzano al risarcimento dei danni patiti e patiendi dalla società ricorrente per effetto dell’adozione di illegittimi provvedimenti.

Visto il ricorso notificato il 26.2.2007 e depositato in segreteria il 16.3.2007 con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano dd. 26.3.2007;

Vista l’ordinanza di questo Tribunale n. 56/07 dd. 27.3.2007, con la quale è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati, presentata in via incidentale dalla ricorrente;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatrice designata: consigliere Lorenza Pantozzi Lerjefors;

Sentiti, nella pubblica udienza del 29.4.2009, l’avv. I. Janes per la ricorrente e l’avv. A. Merini per il Comune di Bolzano;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

La società Bau S.a.s. è proprietaria della p.ed. 2819 e della p.f. 895/21, in C.C. Gries, situata in zona residenziale di tipo B, classificata ad elevato rischio geologico “R3” nella mappatura delle aree a rischio, effettuata dall’Autorità di bacino nazionale dell’Adige ai sensi del D.L. 11 giugno 1998, n. 180 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 agosto 1998, n. 267) e successivamente approvata dalla Giunta provinciale con deliberazione n. 2465 del 10 luglio 2000 (integrata con deliberazione n. 3169 del 4 settembre 2000). Trattasi di un lotto con un’estensione pari a circa 900 mq, su cui insiste un edificio ad uso residenziale con una cubatura di 1.300 mc (l’indice di fabbricabilità della zona è di 2,5 mc x mq).

La ricorrente espone di aver presentato al Comune di Bolzano, già nel 2002, un progetto per la ristrutturazione, con ampliamento, della p.ed. 2819, respinto dal Comune con provvedimento del 7 giugno 2002, sul rilievo che nelle zone classificate ad alto rischio geologico sono ammessi interventi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo “senza aumento di superficie o volume”, volti a mitigare la vulnerabilità dell’edificio; sono inoltre ammessi interventi di ampliamento unicamente per motivate necessità di adeguamento igienico – sanitario (cfr. doc. n. 2 della ricorrente).

Successivamente, la ricorrente, in data 7 luglio 2004, presentava al Comune una richiesta di parere preventivo in relazione al trasferimento della cubatura relativa alla p.ed. 2819 su un terreno “individuato in zona agricola nel Comune di Bolzano, ai sensi dell’art. 40 L.P. n. 5 del 31.03.2003, come già precedentemente accordato ad altri confinanti” (cfr. doc. n. 5 della ricorrente).

In data 26 ottobre 2004 veniva comunicato alla ricorrente il parere negativo dell’Ufficio affari legali per l’urbanistica della Provincia autonoma di Bolzano, espresso in data 18 ottobre 2004. In particolare, detto parere (discostandosi dal precedente parere dello stesso Ufficio del 10 settembre 2004) chiariva definitivamente, con riferimento all’interpretazione dell’art. 107, comma 13, della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13 e s.m, che la possibilità ivi prevista di demolire le costruzioni esistenti su aree sottoposte a divieto di edificazione per la tutela del paesaggio o su terreni di cui al comma 3 dell’art. 66 della medesima legge e di ricostruirle in altra sede del territorio comunale doveva intendersi “riferita esclusivamente a terreni già esistenti nel verde agricolo” (cfr. doc.ti n. 6, 7 e 8 della ricorrente).

In data 28 novembre 2006 la ricorrente decideva di presentare comunque al Comune di Bolzano la domanda di concessione edilizia per il trasferimento di cubatura dalla p.ed. 2819 C.C. Gries, ubicata in zona classificata residenziale di tipo B5, alla p.ed. 1353/4, C.C. Gries, ubicata in zona di verde agricolo (cfr. doc. n. 11 della ricorrente).

Con provvedimento del 21 dicembre 2006 l’Assessore all’urbanistica del Comune di Bolzano respingeva la domanda, previo parere negativo espresso dalla Commissione edilizia nella seduta del 20 dicembre 2006, “per totale inammissibilità ai sensi delle normative vigenti in ordine al trasferimento di cubatura esistente in zona a rischio idrogeologico, in quanto applicabile esclusivamente a cubature preesistenti in regime di verde agricolo e non in regime residenziale come nel caso in oggetto” (cfr. doc. ti 9 e 10 del Comune).

A sostegno del gravame proposto la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

1. “Violazione dei principi generali posti dalla legge 241/1990 in tema di trasparenza e partecipazione, immediatamente applicabili anche nelle Regioni e Province ad autonomia speciale; violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 10bis della L. n. 241/1990”;
2. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 107, comma 13, della legge urbanistica provinciale di cui alla L.P. n. 13/1997 e s.m.; violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del D.P.G.P. n. 5/1998, dell’art. 1 della L.P. 17/1993 e degli articoli 3 e 97 della Costituzione”;
3. “Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L.P. n. 17/1993; eccesso di potere per motivazione insufficiente, erronea e travisata”;
4. “Eccesso di potere per evidente disparità di trattamento; violazione dei principi generali di efficacia ed efficienza dell’attività amministrativa di cui all’art. 1, primo comma, della L.P. n. 17/1993”.

La ricorrente ha chiesto, inoltre, la condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi, quantificati in Euro 600.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, ovvero nella maggiore o diversa somma accertanda in corso di causa.

Si è costituito in giudizio il Comune di Bolzano e ha chiesto il rigetto del ricorso siccome infondato.

Con ordinanza n. 56/2007, depositata il 28 marzo 2007, il Tribunale ha rigettato l’istanza cautelare, presentata dalla società ricorrente in via incidentale.

All’udienza pubblica del 29 aprile 2009, sentite le parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

D I R I T T O

Il ricorso non è fondato.

1. Con un primo motivo la società ricorrente si duole del mancato rispetto dell’art. 10bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, per non avere l’Amministrazione comunale comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di concessione edilizia.

La censura non ha pregio.

L’art. 10bis della citata legge n. 241 del 1990 (aggiunto dall’art. 6 della legge 11 febbraio 2005, n. 15) impone al responsabile del procedimento o all’autorità competente, nei procedimenti ad istanza di parte, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, di comunicare tempestivamente all’interessato i motivi che ostano all’accoglimento della domanda (c.d. preavviso di rigetto).

Una disposizione di analogo contenuto è stata introdotta, nelle more del presente giudizio, anche nell’ordinamento provinciale – con riferimento ai procedimenti dei comuni e delle comunità comprensoriali – dall’art. 1, comma 3, della legge provinciale 10 giugno 2008, n. 4, il quale ha aggiunto l’art. 11bis alla legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17 (“Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda…”).

Orbene, a prescindere dalla questione dell’applicabilità o meno, in modo diretto, nella Provincia autonoma di Bolzano dell’art. 10bis della citata legge n. 241 del 1990, rileva il Collegio che, anche volendo applicare al caso di specie la norma statale che impone il preavviso di rigetto, la violazione di tale norma non produce ex se l’illegittimità del procedimento finale, dovendo il giudice valutare il contenuto sostanziale del provvedimento.

Invero, la disposizione sul preavviso di rigetto deve essere interpretata alla luce del successivo art. 21octies, comma 2, della stessa legge n. 241 (disposizione di inequivocabile carattere processuale e, quindi, da applicarsi nella Provincia autonoma di Bolzano), che così recita: “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato…”.

Nella specie, attesa la natura vincolata del potere esercitato nel rispetto della normativa urbanistica vigente, la mancanza del preavviso di rigetto non potrebbe comunque comportare l’annullamento del provvedimento finale del procedimento (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6325; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 11 settembre 2008, n. 8262; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 10 febbraio 2009, n. 1236; TRGA Bolzano 23 aprile 2008, n. 188 e 14 gennaio 2009, n. 8).

Ad abundantiam va osservato che, nel caso in esame, la società ricorrente aveva chiesto un parere preventivo al Comune prima di presentare formale domanda di concessione edilizia e l’Amministrazione, con due note esplicative (del 26 ottobre 2004 e del 6 marzo 2006), aveva reso nota la propria interpretazione della normativa provinciale relativa al trasferimento di cubatura da zona residenziale di tipo B a zona di verde agricolo, ribadita, senza introdurre argomenti diversi, in sede di rigetto della domanda di concessione edilizia.

Dunque, nel caso specifico, la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda deve considerarsi irrilevante, in quanto non avrebbe potuto incidere sull’esito ineluttabile del procedimento, di cui la società ricorrente era già a conoscenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 giugno 2005, n. 3412 e Sez. V, 8 settembre 2008, n. 4243).

2. Con il secondo motivo la ricorrente contesta l’interpretazione dell’art. 107, comma 13, secondo periodo, della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13 e s.m., posta a fondamento del provvedimento di rigetto della domanda di concessione edilizia, secondo cui la disposizione sarebbe applicabile unicamente alle costruzioni, già esistenti nel verde agricolo, che abbiano le caratteristiche di cui all’art. 66, comma 13, della stessa legge, anziché a tutte le costruzioni con quelle caratteristiche, a prescindere dalla zona in cui esse si trovano.

Il motivo non è fondato.

E’ opportuna una breve premessa sul quadro normativo che disciplina la fattispecie in esame.

L’art. 66, comma 3, della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13 vieta qualsiasi costruzione “su terreni sede di frane o valanghe, sul ciglio o al piede di dirupi, su terreni franosi o comunque soggetti a scoscendimenti…”.

Il regolamento di esecuzione alla citata legge provinciale, approvato con D.P.G.P. 23 febbraio 1998 n. 5, prevede, all’art. 1, commi 2, 3 e 4, che il piano provinciale di sviluppo e coordinamento territoriale sia dotato di una carta geologica dell’intero territorio provinciale e che, in sede di elaborazione del piano urbanistico, il territorio comunale sia suddiviso in zone a diversa attitudine ai fini urbanistici ed edilizi (c.d. zonazione geologica). Il successivo comma 5, disciplina, per quanto di interesse, alla lettera a), le zone ad alto rischio geologico ed idrogeologico (quale deve considerarsi quella in cui si trova la p.ed. 2819 di proprietà della ricorrente). In tali zone sussiste il divieto assoluto di attività edilizia e per gli insediamenti esistenti “si devono adottare adeguati interventi di controllo, protezione e/o consolidamento, oppure si deve provvedere all’evacuazione della zona…”.

L’art. 107, comma 13, primo periodo, della citata legge provinciale n. 13 del 1997 (nel testo in vigore al momento in cui sono stati adottati gli atti impugnati), così recitava: “Costruzioni esistenti nel verde agricolo, comprese le zone sottoposte a divieto di edificazione per la tutela del paesaggio, la tutela delle acque o per servitù militari, nonché quelle presenti nel verde alpino o nel bosco, possono essere demolite e ricostruite nella stessa posizione o nelle immediate vicinanze senza modifica della destinazione preesistente.”. Il secondo periodo del comma 13 stabiliva quanto segue: “Le costruzioni esistenti su aree sottoposte a divieti di edificazione per la tutela del paesaggio o su terreni di cui al comma 3 dell’articolo 66 possono essere demolite e ricostruite in altra sede del territorio comunale.”.

Così definito il quadro normativo di riferimento il Collegio deve ora esprimersi in ordine alla controversa interpretazione del secondo periodo del citato art. 107, comma 13. In particolare, questo giudice è chiamato a decidere se la possibilità di demolire e ricostruire in altra sede del territorio costruzioni esistenti su terreni sede di frane o valanghe, sul ciglio o al piede di dirupi, su terreni franosi o comunque soggetti a scoscendimenti, prevista dalla disposizione citata, sia limitata alle costruzioni esistenti nel verde agricolo (come sostenuto dal Comune di Bolzano nei provvedimenti impugnati e dall’Ufficio affari legali dell’urbanistica nel parere definitivo del 18 ottobre 2004) ovvero se tale possibilità sia stata prevista dal legislatore per tutte le costruzioni aventi le suddette caratteristiche, in qualunque zona esse siano situate.

Osserva il Collegio, anzitutto, che la disposizione di cui si controverte è inserita nell’art. 107 della citata legge urbanistica provinciale, che disciplina “il verde agricolo, alpino e bosco”.

La ricorrente afferma che tale circostanza sarebbe irrilevante, posto che sarebbero numerose le disposizioni dell’art. 107 che non avrebbero nulla a che fare con la disciplina del verde agricolo, del verde alpino e del bosco (ad es. i commi 2, 3, 4 , 5, 10, 18, 19, 22 e 26).

A tal riguardo va detto che le disposizioni contenute nel citato art. 107 disciplinano non solo il verde agricolo, quello alpino e il bosco, ma dettano anche norme relative alle aziende agricole, ai fabbricati rurali, agli impianti per la raccolta e la conservazione e lavorazione dei prodotti agricoli: in ogni caso si tratta sempre di norme che hanno attinenza con l’esercizio dell’attività agricola o che regolano situazioni di fatto esistenti nel verde agricolo.

Orbene, è pur vero che il primo periodo del comma 13 dell’art. 107 autorizza la demolizione e la ricostruzione nella stessa posizione e nelle immediate vicinanze, senza modifica della destinazione preesistente, delle “costruzioni situate nel verde agricolo”, mentre il secondo periodo dello stesso comma (della cui applicazione si controverte) autorizza la demolizione e ricostruzione in altra sede del territorio comunale di “costruzioni esistenti… su terreni di cui al comma 3 dell’art. 66”, senza espressamente specificare che tali costruzioni devono essere situate nel verde agricolo.

Nondimeno, un’interpretazione logico – sistematica della citata normativa, che tenga conto della ratio della disciplina urbanistica, volta a salvaguardare il verde agricolo, quello alpino e il bosco e a limitare al massimo le possibilità edificatorie in tali zone (cfr. i commi 1 e 21 dell’art. 107), porta ad escludere che il legislatore provinciale abbia inteso autorizzare il trasferimento di cubatura da una zona di tipo residenziale ad una zona agricola, pur in presenza di costruzioni aventi le caratteristiche di cui all’art. 66, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 1997.

In altre parole, ad avviso del Collegio, anche il secondo periodo del comma 13 dell’art. 107 si riferisce a costruzioni già esistenti nel verde agricolo. D’altra parte, un’interpretazione estensiva dell’art. 107, comma 13, secondo periodo, porterebbe alla conclusione che qualsiasi cubatura esistente in zona residenziale a rischio geologico o sottoposta a divieto di edificazione per la tutela del paesaggio potrebbe essere trasferita nel verde agricolo, senza alcun limite e con conseguenze evidentemente negative sull’indice di edificazione di una zona destinata per definizione all’agricoltura.

Per le costruzioni già esistenti che, come quella in esame, si trovano in zona residenziale (o comunque in zona diversa da quella di verde agricolo, di verde alpino e di bosco) ad alto rischio geologico ed idrogeologico, l’art. 1, comma 5, lett. a), del D.P.G.P. 23 febbraio 1998, n. 5 stabilisce gli interventi da adottare, compresa, in casi estremi, l’evacuazione della zona, fermo restando che sia in caso di evacuazione, sia in caso di delocalizzazione su iniziativa privata non può in ogni caso trovare applicazione il citato art. 107, comma 13, della legge provinciale n. 13 del 1997, che va interpretato restrittivamente, come ogni altra norma avente carattere eccezionale.

In conclusione, mentre non appare condivisibile il primo parere espresso dall’Ufficio affari legali dell’urbanistica in data 10 settembre 2009, il quale riteneva possibile il trasferimento di un edificio esistente in una zona di completamento B5, classificata a rischio elevato R3, in zona di verde agricolo, si profila corretta l’interpretazione della disposizione in esame contenuta nel successivo definitivo parere espresso dallo stesso Ufficio in data 18 ottobre 2004 (condiviso dalla Commissione edilizia e dall’Assessore all’urbanistica), secondo cui tale possibilità di trasferimento “va riferita esclusivamente a terreni già esistenti nel verde agricolo”.

A conforto di tale interpretazione va rilevato che il legislatore provinciale, verosimilmente avvedutosi della poca chiarezza della disposizione in esame, ha modificato, nelle more del giudizio, la disposizione in esame, nel senso anzidetto.

Invero, il nuovo testo della disposizione in esame non lascia più spazio a dubbi interpretativi: “Nei seguenti casi, costruzioni situate nel verde agricolo, nel verde alpino o nel bosco possono essere demolite e ricostruite in altra sede nel verde agricolo nell’ambito dello stesso territorio comunale:

a) se si tratta di costruzioni esistenti su aree sottoposte a divieto di edificazione per la tutela del paesaggio o per le ragioni di cui al comma 3 dell’articolo 66;

b) per eliminare situazioni di pericolo lungo infrastrutture pubbliche” (cfr. l’art. 107, comma 13bis della legge provinciale n. 13 del 1997, aggiunto dall’art. 22, comma 10, della legge provinciale 2 luglio 2007, n. 3).

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta il difetto di motivazione del provvedimento di rigetto impugnato (la doglianza, in realtà, viene anticipata già nel secondo motivo). A suo dire il provvedimento di rigetto della domanda della ricorrente non darebbe sufficientemente conto delle ragioni che hanno determinato l’Amministrazione ad adottare il provvedimento di rigetto, che si limiterebbe a richiamare la totale inammissibilità del progetto “ai sensi delle norme vigenti”, senza neppure indicare a quali norme si riferisce. Solo la ricostruzione dell’intera vicenda amministrativa avrebbe consentito di fornire una qualche spiegazione al diniego avversato, neppure fatta propria per relationem.

Anche questa doglianza va disattesa.

Si ritiene opportuno riportare il testo della motivazione del provvedimento di rigetto della domanda di concessione edilizia: “…sentito il parere negativo espresso dalla Commissione Edilizia nella riunione del 20/12/2006, che recita così: ‘Il progetto è respinto per totale inammissibilità ai sensi delle normative vigenti in ordine al trasferimento di cubatura esistente in zona di rischio idrogeologico, in quanto applicabile esclusivamente a cubature preesistenti in regime di verde agricolo e non in regime residenziale come nel caso in oggetto’…decide doversi respingere l’istanza in oggetto per il motivo sopra indicato”.

Ad avviso del Collegio il dedotto vizio di difetto di motivazione non sussiste, atteso che dal citato provvedimento è possibile ricostruire con chiarezza l’iter logico attraverso cui l’Amministrazione si è determinata ad adottare il provvedimento.

Effettivamente la citata decisione non fa espresso riferimento all’art. 107, comma 13, della legge provinciale n. 13 del 1997. Tale irregolarità formale non ha però impedito alla ricorrente di conoscere le ragioni del diniego, come si evince dai motivi del presente ricorso.

Inoltre, nel caso specifico, non vi erano dubbi su quale fosse la norma in discussione, posto che, da un lato la stessa ricorrente, nella richiesta di parere preventivo sul progetto di trasferimento di cubatura, aveva fatto espresso richiamo all’art. 40 della legge provinciale 31 marzo 2003, n. 5 (che aveva sostituito il comma 13 del più volte citato art. 107 della legge urbanistica provinciale) e, d’altro lato che l’Amministrazione, in risposta a tale richiesta, aveva richiamato il parere dell’Ufficio affari legali dell’urbanistica, che faceva espresso richiamo all’art. 107, comma 13.

4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta disparità di trattamento, per avere l’Amministrazione, nel passato, concesso “un permesso di ricostruzione in altra sede ad un vicino della ricorrente: la società Ladinser srl, ubicata sulla limitrofa p.ed. 2593 C.C. Gries, partecipata dall’attuale assessore del Comune di Bolzano, signor Klaus Ladinser”, nonché violazione dei principi generali di efficacia ed efficienza dell’attività amministrativa.

La censura non può essere accolta.

È pacifico nella giurisprudenza che l’esame delle domande di concessione edilizia è rigorosamente vincolato al rispetto delle prescrizioni vigenti; di talché non è ravvisabile alcun vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento nel comportamento dell’Amministrazione comunale che subordini il rilascio del titolo abilitativo al rispetto di tali disposizioni: “ In ordine al rilascio di una concessione edilizia non sono configurabili vizi di eccesso di potere, nelle forme della contraddittorietà e dell’ingiustizia manifesta, rispetto ad un atto di natura vincolata qual è il provvedimento con il quale l’Autorità comunale autorizza una nuova attività edilizia, dopo averne accertato la conformità alla disciplina urbanistica in vigore” (cfr. Consiglio Stato, Sez. V, 24 agosto 2007, n. 4507; nello stesso senso, TRGA Bolzano, 27 febbraio 2006, n. 81; TAR Toscana, Sez. I, 27 giugno 2005, n. 3100 e TRGA Trento, 9 luglio 2001, n . 439).

Va aggiunto che il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento presuppone non solo un potere discrezionale dell’Amministrazione, ma anche il confronto tra situazioni assolutamente omogenee, posto che solo in tali ipotesi la diversità del metro valutativo può denotare irrazionalità della scelta compiuta (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 marzo 2008, n. 1049; Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4434; TRGA Bolzano, 10 aprile 2007, n. 134; TAR Lazio, Roma, Sez. III, 16 luglio 2004, n. 6998). Nel caso specifico tale confronto non è possibile, in quanto la ricorrente si è limitata a produrre una nota del Direttore dell’Ufficio comunale Gestione del territorio del 6 agosto 2004, che così recita: “Con riferimento alla richiesta della SV. di data 6.8.2004, si rende noto che quest’ufficio è a conoscenza che a tutt’oggi è stata rilasciata una sola concessione edilizia, la n. 190/2003 di data 2.9.2003 a nome di Winkelhoch – LADINSER/Unterhofer – NEUBAU REAL, per trasferimento cubatura dalla zona R3 e R2 (via Merano – Cactus), di cui si allega copia (n.d.r: la copia non è stata prodotta in giudizio)”.

Ebbene, gli elementi contenuti nella nota citata non sono certo idonei a dimostrare l’identità o l’omogeneità delle situazioni da porre a confronto. In particolare, non è neppure chiaro se il trasferimento, in quel caso, è avvenuto in zona di verde agricolo.

In ogni caso, il comportamento, ove del caso illegittimo, tenuto dall’Amministrazione comunale in un identico caso precedente non porrebbe comunque la ricorrente nella condizione di invocare validamente in suo favore lo stesso comportamento (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. II, 17 novembre 2005, n. 11515 e TRGA Bolzano, 22 giugno 2006, n. 280).

Per le ragioni che precedono il ricorso va respinto, con la conseguenza che va respinta anche la pretesa al risarcimento dei danni.

Le spese di giudizio, tenuto conto della questione giuridico – interpretativa sottesa alla vicenda in esame, possono essere compensate tra le parti.

Il contributo unificato rimane a carico della società ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano – disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bolzano, nella camera di consiglio del 29 aprile 2009.

LA PRESIDENTE L’ESTENSORE

Margit FALK EBNER Lorenza PANTOZZI LERJEFORS

cc/br

N. R.G. 77/2007

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

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