Cons. Stato Sez. VI, Sent., 02-05-2011, n. 2566 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il signor G. L., già dipendente del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni – Azienda di Stato per i servizi telefonici (di seguito ASST), collocato in quiescenza in data 1° giugno 1989, con il ricorso n. 1683 del 1999, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità di buonuscita con la considerazione integrale, e non soltanto della misura percentuale riferita alla data del collocamento a riposo, dei miglioramenti economici di cui al d.P.R. 4 agosto 1990, n. 335 ("Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 10 febbraio 1990 concernente il personale del comparto delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, di cui all’art. 5, d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68.").

2. Il TAR, con la sentenza n. 11652 del 2004, ha respinto il ricorso, compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

4. All’udienza del 22 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Con la sentenza gravata il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione terzater, ha respinto il ricorso n. 1683 del 1999 presentato in primo grado dall’appellante per il riconoscimento del diritto alla liquidazione della buonuscita, con la integrale considerazione dei benefici di cui al d.P.R. n. 335 del 1990, poiché, si afferma nella sentenza, l’indennità di fine rapporto deve basarsi sull’ultimo stipendio effettivamente percepito, ovvero su quello che il dipendente ha il diritto di percepire anche se non riscosso, non potendo essere riconosciuti, di conseguenza, miglioramenti sulla indennità di buonuscita non maturati alla data del collocamento a riposo.

2. L’Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti della Amministrazione Pubblica (INPDAP) si è costituito in giudizio, eccependo la prescrizione dei diritti invocati ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 e dell’art. 2948 c.c.

L’eccezione, in quanto dedotta la prima volta in sede di appello, non può essere esaminata, poiché per la giurisprudenza costante, anche dell’Adunanza Plenaria, si applicano in materia i principi desumibili dal codice di procedura civile, di cui ha peraltro tenuto conto anche l’art. 104, comma 1, del Codice del processo amministrativo (ex multis, Cons. Stato, VI: 28 ottobre 2010, n. 7643; 5 ottobre 2010, n. 7284).

3. Passando all’esame del gravame, l’appellante ha rilevato che è cessato dal servizio prima dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 335 del 1990, ma durante il periodo di vigenza del relativo accordo contrattuale, relativo al triennio 1° gennaio 1988 – 31 dicembre 1990, con previsione di decorrenza degli effetti giuridici dall’1 gennaio 1988 e degli effetti economici dal 1° luglio 1988 scaglionati a partire da tale data (ai sensi degli articoli 24 e 25).

Egli ha quindi dedotto di essere destinatario delle previsioni regolamentari e di avere perciò diritto al computo nella indennità di buonuscita dei relativi miglioramenti economici, così come attribuiti ai fini pensionistici ai sensi dell’art. 26 del medesimo d.P.R., poiché pur non avendoli percepiti li ha comunque maturati, risultando altrimenti vanificato il termine unico di riferimento della decorrenza giuridica del contratto e illogico riconoscere i miglioramenti economici ai fini del trattamento pensionistico e non anche per la indennità di buonuscita.

4. Le censure sono fondate.

L’art. 26 del d.P.R. n. 335 del 1990 dispone, nel comma 1, che "I nuovi stipendi, negli importi effettivamente corrisposti in relazione alle attribuzioni degli aumenti determinati negli articoli 24 e 25, hanno effetto… sulla indennità di buonuscita…" e, nel comma 3, che "in ottemperanza al disposto dell’articolo 13 della legge 29 marzo 1983, n. 93, i benefici economici risultanti dall’applicazione del presente regolamento sono corrisposti integralmente, alle scadenze e nelle percentuali previste dai precedenti articoli, al personale comunque cessato dal servizio, con diritto a pensione, nel periodo di vigenza contrattuale".

Al riguardo, rispetto ad un caso analogo (relativo ad un dipendente della ASST collocato a riposo per limiti di età dal 1° marzo 1988), questo Consiglio, rilevato che la disposizione di riferimento per la soluzione della controversia è il citato art. 26, comma 3, ha affermato che, "secondo quanto ritenuto da questa Sezione in fattispecie analoga a quella in esame, la disposizione di cui all’art. 26 d.P.R. cit. deve essere interpretata nel senso che il dipendente, anche se collocato a riposo prima di avere maturato la retribuzione a regime, consegue retroattivamente il diritto ad un trattamento identico a quello dei dipendenti in servizio nell’intero periodo di riferimento contrattuale. Una diversa interpretazione (secondo cui la base retributiva dell’indennità di buonuscita potrebbe essere comprensiva dei benefici contrattuali solo per il personale collocato in quiescenza dopo la maturazione di tutti i miglioramenti previsti dall’Accordo) finirebbe per privare di significato la disposizione del 3° comma, art. 26, per la quale al personale collocato in quiescenza nell’indicato arco di tempo di validità dell’Accordo medesimo, i benefici in questione debbono essere corrisposti "integralmente", e cioè in misura rapportata a quella del trattamento economico a regime" (Sez. VI, 20 giugno 2003, n. 3688).

Tali principi sono stati confermati ai fini dell’applicazione di una identica disposizione prevista per il personale del comparto scuola (art. 5 del d.P.R. n. 399 del 1988), venendo altresì affermato che la disposizione in questione, introdotta all’evidente scopo di superare un precedente orientamento difforme, fa riscontrare una significativa concordanza terminologica con l’ultimo comma dell’art. 3 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, poiché questo, "nello stabilire le modalità di determinazione della base contributiva, ai fini dell’indennità di buonuscita, prescrive che debba considerarsi l’ultimo stipendio o l’ultima paga o retribuzione "integralmente" percepiti. E, nella fattispecie, anche il personale collocato in quiescenza prima che il trattamento economico di contratto pervenga a regime ha diritto di percepirlo "integralmente", cioè nella sua misura finale; cosicché nessun contrasto sussiste in realtà, tra le due disposizioni né alcuna deroga alla disciplina dell’indennità di buonuscita può ravvisarsi nella regolamentazione contrattuale" (Sez. VI, 11 marzo 2008, n. 1034).

5. Per quanto considerato l’appello deve essere accolto, in quanto fondato, e di conseguenza, in riforma della sentenza gravata, va riconosciuto il diritto dell’appellante alla riliquidazione della indennità di buonuscita computata con il calcolo dei miglioramenti retributivi a lui spettanti ai sensi del d.P.R. n. 335 del 1990, con interessi e rivalutazione cumulabili nei limiti dell’esclusione introdotta a partire dall’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

Le spese dei due gradi del giudizio seguono, come di regola la soccombenza. Esse sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello in epigrafe, n. 10117 del 2005, e, per l’effetto, in riforma della gravata sentenza accoglie il ricorso di primo grado n. 1683 del 1999 e dichiara il diritto del ricorrente alla percezione dell’indennità di buonuscita con interessi e rivalutazione da liquidarsi secondo quanto specificato in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Condanna l’I.N.P.D.A.P. al pagamento a favore dell’appellante delle spese dei due gradi del giudizio, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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