Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-03-2011) 02-05-2011, n. 16783 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino ha proposto ricorso avverso il provvedimento 16 ottobre 2010 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella Città con il quale non è stato convalidato l’arresto di D.G. e D.D. per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (detenzione a fini di spaccio di gr. 81,8 di marijuana con principio attivo dello 0,43 % per 17 dosi medie giornaliere).

Ha ritenuto, il giudice, che non emergessero elementi per far ritenere che la sostanza fosse destinata ad uso di terzi e che non esistessero quindi i presupposti per l’arresto facoltativo essendo comunque ipotizzabile l’ipotesi attenuata prevista dall’art. 73, comma 5 già citato (peraltro già ritenuta dal pubblico ministero);

il giudice ha inoltre ritenuto che fossero assenti elementi di gravita del fatto e o che potessero consentire di ritenere gli arrestati socialmente pericolosi.

Il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge e quello di motivazione perchè il giudice della convalida avrebbe erroneamente e immotivatamente anticipato alla fase della convalida la valutazione sulla gravita indiziaria che può essere riservata solo alla fase del giudizio.

2) E’ noto che la valutazione del giudice della convalida sulla legittimità dell’arresto non si estende all’accertamento dell’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza (a differenza di quanto esplicitamente previsto per il fermo dall’art. 384 c.p.p., comma 1) e deve invece limitarsi, ai fini indicati, alla verifica delle condizioni legittimanti la privazione della libertà personale da parte della polizia giudiziaria (o del privato quando gliene sia concessa facoltà) essendo, l’accertamento della responsabilità, riservata al giudice della cognizione (v. da ultimo Cass., sez. 6^, 5 febbraio 2009 n. 6878, Ferri, rv. 243072).

Tra queste condizioni legittimanti l’arresto non può peraltro essere esclusa una valutazione sulla configurabilità, non solo in astratto, del reato ipotizzato, sull’esistenza delle aggravanti o delle attenuanti e sulla possibilità di attribuirlo alla persona arrestata. Ciò del resto è implicito nella previsione del requisito della flagranza che implica quella particolare evidenza della prova che consente di attribuire questo potere (in deroga ad un principio stabilito, prima ancora che nel codice di rito, dall’art. 13 Cost.) ad organi diversi dall’autorità giudiziaria.

La giurisprudenza di legittimità, con argomentazioni sostanzialmente uniformi, richiede che il giudice, con una valutazione ex ante (con riferimento agli elementi di giudizio conosciuti dalla polizia giudiziaria al momento dell’arresto), pur non estesa all’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, debba comunque verificare, secondo criteri di ragionevolezza, l’esistenza dei presupposti indicati nell’art. 381 cod. proc. pen. e dell’esistenza del fumus commissi delicti (in questo senso, tra le numerose altre, v. Cass., sez. 6^, 20 novembre 2008 n. 48429, Giai Checco, rv. 241994; sez. 6^, 28 marzo 2007 n. 21172, Riaviz, rv. 236672; sez. 4^, 22 febbraio 2007 n. 14474, Marinotti, rv. 236204).

Peraltro le valutazioni di merito non sono completamente estranee al giudizio di convalida dell’arresto ove si consideri che, nel caso di arresto facoltativo (con una sostanziale differenza rispetto al caso di arresto obbligatorio), la polizia giudiziaria deve operare una valutazione sulla "gravità del fatto" e sulla "pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto" ( art. 381 c.p.p., comma 4) e che, in materia di stupefacenti, è stata attribuita alla polizia giudiziaria ( art. 380 c.p.p., comma 1, lett. h come risultante dalla modifica introdotta dal D.L. 8 agosto 1991, n. 247 convertito nella L. 5 ottobre 1991, n. 314) anche la possibilità di ravvisare l’attenuante prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 ai fini dell’obbligatorietà dell’arresto.

E, nel caso di arresto per detenzione di sostanze stupefacenti, il giudice della convalida non può omettere – in caso di obiettiva incertezza sulla destinazione della sostanza a terzi – di valutare non già l’esistenza di gravi indizi ma, quanto meno, l’esistenza di elementi sintomatici di tale destinazione (v. Cass., sez. 4^, 10 novembre 2004 n. 4592, Buccolieri, rv. 230866; 21 giugno 2000 n. 3726, Biancardo, rv. 2168071).

3) Nel caso in esame il giudice ha, nel suo provvedimento, effettuato una valutazione del compendio indiziario a disposizione della polizia giudiziaria pervenendo ad affermare che non era astrattamente ipotizzabile, perchè priva di alcuna conferma, la destinazione ad uso di terzi della sostanza sequestrata.

In tema di detenzione dì sostanze stupefacenti va infatti rilevato che, a seguito dell’esito positivo del referendum abrogativo del 18 aprile 1993 e della conseguente approvazione del D.P.R. 5 giugno 1993, n. 171, la detenzione di sostanze stupefacenti per uso esclusivamente personale non costituisce più reato. Ne consegue che la semplice detenzione della sostanza stupefacente – in assenza di elementi sintomatici (non di gravi indizi) della destinazione della sostanza ad uso di terzi – non legittima l’arresto.

Ne consegue ancora che correttamente il giudice per le indagini preliminari, ove rilevi l’inesistenza degli indicati elementi sintomatici, rigetta la richiesta di convalida. Ciò è avvenuto nella specie perchè il giudice della convalida ha ritenuto, motivatamente, che gli elementi addotti dal pubblico ministero non fossero sufficienti a far ritenere destinata la sostanza ad uso di terzi sia per la quantità della medesima sia perchè la detenzione degli oggetti rinvenuti in possesso degli arrestati (coltello con punta annerita; pezzi di carta stagnola) era compatibile con l’uso personale.

Trattasi di valutazione incensurabile in sede di legittimità perchè adeguatamente e logicamente motivata. Ne consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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