Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-03-2011) 02-05-2011, n. 16779 Sentenza contumaciale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

el PG Dott. De Sandro Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.A. propone ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Milano ha respinto l’istanza dal medesimo presentata ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, come modificato dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17 conv. in L. 22 aprile 2005, n. 60, onde ottenere la restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di condanna emessa dalla medesima Corte territoriale nei suoi confronti in data 13 giugno 2008, mentre si trovava in stato di latitanza; sentenza passata in giudicato il 29.10.2008.

La Corte territoriale ha ritenuto che, non essendo stato indicato l’atto o la circostanza a seguito dei quali veniva acquisita la conoscenza del procedimento e della sentenza a suo carico non era possibile valutare la tempestività dell’istanza con riferimento al rispetto del termine di cui al citato art. 175 c.p.p., comma 2 bis.

Con il primo motivo l’interessato ha dedotto violazione di legge e carenza di motivazione giacchè la Corte di merito aveva omesso di valutare la questione sollevata con riferimento all’asserita violazione dell’art. 169 c.p.p., comma 4, laddove l’istante aveva eccepito che il decreto di irreperibilità era stato pronunciato senza che fosse stata effettuata alcuna ricerca presso l’autorità amministrativa dell’Albania, pur essendo nota la sua cittadinanza.

Ne consegue, pertanto, che il L. non aveva ricevuto alcuna notifica del procedimento in corso e da ciò derivava la nullità dell’intero procedimento. Si sostiene, inoltre, che la Corte di merito, quanto alla richiesta formulata in via subordinata di restituzione in termine ex art. 175 c.p.p., comma 2, aveva erroneamente ritenuto la sussistenza a suo carico di un obbligo di indicazione o allegazione non previsto dalla normativa in esame.

Il ricorso è infondato.

Quanto al primo motivo, la Corte di merito ha correttamente applicato il principio in forza del quale, ai fini del decreto di irreperibilità, non sussiste obbligo di disporre apposite ricerche all’estero dell’imputato ivi residente, del quale si ignori l’esatto recapito. Infatti, nel caso di trasferimento all’estero dell’imputato, si palesa irrazionale un’interpretazione dell’art. 169 c.p.p., comma 4, nel senso che in tal caso dovrebbero essere eseguite ricerche più estese di quelle previste dall’art. 159 c.p.p., comma 1, e, cioè, da effettuarsi su tutto il territorio dello Stato estero, per di più da parte di organismi che non dipendono dall’autorità giudiziaria italiana, di tale che la norma deve essere, invece, interpretata nel senso che dagli atti deve risultare la località dello Stato estero in cui si è trasferito o comunque dimora l’imputato perchè sorga l’obbligo di disporre utilmente le ricerche tramite canali diplomatici in detta località (Sezione 3, 21 dicembre 2010, Haskaj, non massimata).

Qui, a ben vedere, non solo in atti, ma neppure nella richiesta avanzata alla Corte di appello è stata fatta menzione esplicita del luogo di residenza in Albania.

Non accoglibile è anche l’altra doglianza.

Come è noto, la modifica legislativa prevista dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito nella L. 22 aprile 2005, n. 60, introdotta per adeguare l’ordinamento italiano ai principi del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost., ed al principio del contraddittorio, di cui all’art. 6, comma 3, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ha, per quanto interessa, prodotto con l’art. 175 c.p.p., comma 2, un allargamento delle ipotesi in cui è ammessa l’impugnazione tardiva delle sentenze contumaciali, sostituendo alla prova della non conoscenza del procedimento una "presunzione di non conoscenza".

Pertanto, sempre ai fini di interesse, per effetto della modifica apportata all’art. 175 c.p.p., comma 2, non spetta più all’imputato, come in passato, fornire la prova negativa della conoscenza effettiva della sentenza pronunciata in contumacia notificatagli tramite consegna al difensore d’ufficio, ma deve essere il giudice, richiesto della restituzione in termini, ad accertare T’effettiva conoscenza" del procedimento o del provvedimento, soprattutto in presenza di allegazioni da parte dell’imputato. La notificazione al difensore d’ufficio, infatti, è di per sè inidonea a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento in capo all’imputato, salvo che la conoscenza non emerga aliunde ovvero non si dimostri che il difensore d’ufficio è riuscito a rintracciare il proprio assistito e ad instaurare un effettivo rapporto professionale con lo stesso.

La Corte di appello ha rispettato questo principio, rigettando però l’istanza di restituzione sulla base del diverso e condivisibile argomento che non risultava alcuna "allegazione" (stavolta doverosa alla luce del disposto dell’art. 175 c.p.p., comma 2 bis) circa il rispetto del termine ivi indicato per la presentazione dell’istanza.

Trattasi di profilo diverso rispetto a quello della "non conoscenza" del provvedimento, ove come detto opera la "presunzione di non conoscenza", competendo pacificamente all’imputato articolare puntuale allegazione circa il rispetto del richiamato termine.

Alla rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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