Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-03-2011) 02-05-2011, n. 16881 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Roma con ordinanza 21-12-2010 confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di N.V. e M.C., emessa dal GIP il 24-11-2010, per partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, e per alcune ipotesi di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio.

N. è stato ritenuto dal tribunale, sulla scorta della gravita indiziaria degli elementi a suo carico in relazione a cinque episodi di detenzione a fini di spaccio di imprecisati quantitativi di hashish o marijuana (capi 5, 12, 14, 16 e 18), il fornitore di droghe leggere di L.A., cugino di Ca.Fa. – vertice dell’associazione – con fungibilità di ruolo rispetto allo stesso L., e, per il tramite di questi, in collegamento con Ca. che gestiva il gruppo dalla sua abitazione, dove si trovava agli arresti domiciliari.

Anche se le intercettazioni ambientali – disposte nell’abitazione di quest’ultimo – non si riferiscono a N., il suo ruolo è stato desunto dai costanti contatti telefonici intercorsi con L., aventi ad oggetto la consegna da N. a L. o a terzi (tale B., oppure P.F., padre della convivente dell’indagato) di oggetti definiti di volta in volta sigarette, film, o profumo, in contesti ai quali tali oggetti erano palesemente estranei.

M., nelle ordinanze rispettivamente del Gip e del tribunale del riesame, è stato ritenuto il finanziatore del gruppo in considerazione sia della disponibilità di un’autovettura Ferrari Modena e di altri veicoli di pregio, nonchè di un immobile intestato fittiziamente alla convivente G.F., sia del contenuto di alcune conversazioni intercettate presso l’abitazione di Ca., che riconducono direttamente o indirettamente a lui. La sua identificazione è stata ritenuta certa sia per la conoscenza delle voci acquisita dalla PG dopo mesi di ascolto, sia perchè spesso chiamato dagli altri interlocutori " C." (che sta per C., suo nome di battesimo).

Si tratta, in particolare, delle conversazioni nelle seguenti date:

a) 1-12-2009, in cui M. afferma espressamente che chi investe i soldi è lui, perchè la droga non viene data in conto vendita; b) 4-12-2009, nella quale, da un lato, M. si mostra indignato con tale G. che ha rivelato ai fornitori di droga le sue grandi disponibilità economiche, dall’altro appare soddisfatto della prospettiva della prossima liberazione di Ca., che renderà tutto più semplice; c) 7-12-2009 (alla base del capo 19, in cui si contesta all’indagato e ad altri l’illecita detenzione di circa sei chili di cocaina), in cui, fra l’altro, in un litigio tra M. e tale D. sul prezzo della cocaina – che il primo sostiene essere maggiore di quello indicato dal secondo -, interviene Ca. che lo fa cessare dando ragione a D.; d) 20-1- 2010, nella quale Ca., rientrando a casa dopo aver presenziato ad un’udienza in tribunale, confida alla madre che è in corso un’indagine su M., che teme possa portare a lui.

L’avv. Renato Arcidiacono, nell’interesse di N., ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame, articolando due motivi.

1) Inosservanza dell’art. 273 c.p.p. e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione relativamente alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo. Il tribunale non ha ricostruito il ruolo che N. avrebbe avuto nell’asserita associazione, limitandosi ad una mera riproduzione del provvedimento genetico della misura cautelare e affermando il ruolo di partecipe dell’indagato soltanto sulla base del suo rapporto di conoscenza con L., risultante dalle telefonate, e di asseriti episodi di spaccio in concorso con questi (tra l’altro indeterminati nel tipo e nel quantitativo di sostanza e non accompagnati da sequestri, neppure di somme di denaro). Mentre il rapporto di N. con il capo dell’associazione è stato affermato sulla base di un discutibile teorema accusatorio secondo il quale L. era, da un lato, in posizione subalterna al cugino e portavoce di questi nel settore delle droghe leggere, dall’altro, e nel contempo, punto di riferimento dell’indagato per tale tipologia di stupefacenti, senza tener conto che il nome di N. non emerge mai dalle ambientali, e che dalle telefonate intercettate non risultano suoi contributi causali all’ipotizzata associazione, e neppure la sua consapevolezza di far parte di una struttura organizzata, per quanto rudimentale.

Nè, a stabilire un rapporto con Ca., può essere sufficiente il richiamo, effettuato nell’ordinanza impugnata, ad un’asserita consegna di stupefacente eseguita da N. sotto l’edificio in cui viveva il primo.

2) Erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 2 e correlata erronea qualificazione del fatto ascritto; erronea applicazione dell’art. 274 c.p.p., lett. c) in ordine alle esigenze cautelari relative al reato associativo e correlata erronea applicazione dell’art. 275 c.p.p., comma 3. Il quadro indiziario a carico dell’indagato, in assenza di elementi a sostegno della tesi di un ruolo di N. nell’ambito dell’ipotizzato sodalizio criminoso, riconduce ad una fattispecie concorsuale invece che associativa, con conseguente insussistenza delle esigenze cautelari in relazione a tale ultimo reato, che impongono la più grave misura cautelare. Ad illuminare la personalità dell’indagato, sono state richiamate le sue condizioni personali e familiari, nonchè alcune sue pendenze o precedenti che dimostrerebbero una sorta di immaturità psichica, e comunque un ruolo subalterno ad altri.

L’avv. Marco Cavaliere, difensore di M., ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del tribunale del riesame deducendo tre motivi.

1) Inosservanza di norme stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza in riferimento all’art. 292 c.p.p., comma 2. Il ricorrente lamenta in primo luogo che, per quanto l’identificazione di M. fosse avvenuta soltanto il 7-1-2010 a seguito di un servizio di OCP nei confronti del fratello A. (che, a bordo di un’autovettura, veniva scambiato per l’indagato, mentre solo un successivo controllo dei documenti consentiva di chiarire l’equivoco), il tribunale abbia dato per pacifica la sua individuazione in uno degli interlocutori delle conversazioni intercettate in casa del Ca. – anche anteriormente a tale data -, affermando che gli operanti erano a perfetta conoscenza delle sembianze e delle voci dei frequentatori dell’abitazione grazie alla costante presenza in loco e all’ascolto delle voci per mesi, mentre, secondo il ricorrente, la persona indicata come l’imputato figura nelle intercettazioni solo per tre giorni. In tal modo sarebbe stato violato l’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. a), che prescrive che l’ordinanza cautelare contenga le generalità dell’imputato e quant’altro valga ad identificarlo.

2) Violazione di legge con riferimento all’art. 273 c.p.p., comma 1 e art. 274 c.p.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies. E’ contestata la sussistenza dei gravi indizi in relazione al reato associativo, con riferimento sia all’elemento oggettivo che soggettivo, rilevando le seguenti circostanze: la brevità della vita dell’ipotizzata associazione (sei mesi); la presenza dell’indagato, nelle conversazioni intercettate, nell’arco di tempo di soli sei giorni (dal 4 al 9 dicembre 2009); la non indispensabilità dell’apporto di M., protagonista di un solo reato satellite; la valorizzazione, nelle ordinanze del Gip e del Tribunale del Riesame, di conversazioni, alle quali egli avrebbe preso parte, concentrate tutte in un solo giorno (il 7-12-2009), utilizzate anche quali indizi dei reati-fine. In particolare, riguardo alla conversazione del 4-12-2009 in cui M., rivolto a Ca., afferma "…poi quando a gennaio uscirai tu, uno sta più tranquillo, che sei più di uno…", l’interpretazione del tribunale in senso confermativo della sussistenza indiziaria del pactum, è ritenuta contraddittoria in quanto la frase significherebbe, invece, che, al momento, M. lavorava in proprio, pur non escludendo di unire, in futuro, le proprie forze a quelle del Ca., e solo a quelle, una volta cessata la sottoposizione di questi alla misura cautelare degli arresti domiciliari.

3) Mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione. Illogico e privo di riscontri concreti, è poi definito l’assunto del tribunale, a sostegno della ricorrenza dei gravi indizi di partecipazione all’associazione, delle disponibilità economiche di M. (una vettura Ferrari ed altri veicoli di pregio), in assenza dell’indicazione di elementi a dimostrazione della proprietà di tali beni in capo all’indagato. Con riferimento al capo 48) – reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies in relazione ad un immobile intestato a G.F., di cui l’indagato sarebbe l’effettivo proprietario, immobile di valore sproporzionato al suo reddito -, si eccepisce violazione del principio dell’onere della prova in quanto, a fronte della documentata accensione di un mutuo per l’acquisto, il valore dell’immobile è stato ritenuto molto superiore all’importo del mutuo senza alcun dato probatorio a sostegno.
Motivi della decisione

I ricorsi sono entrambi infondati e vanno disattesi.

Invano, con argomenti sostanzialmente in fatto, il difensore di N. sostiene, con il primo motivo, l’insufficienza di gravi indizi di partecipazione di questi al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, censurando in primo luogo la mancata individuazione del suo ruolo nella compagine associativa. Per contro l’ordinanza gravata ben caratterizza la funzione dell’indagato come quella di abituale fornitore del gruppo di droghe leggere, in quanto stabile interlocutore di L.A. (braccio destro di Ca., attivissimo capo dell’associazione benchè agli arresti domiciliari, nella cui abitazione l’intercettazione ambientale ha evidenziato una frenetica attività di incontri con gli altri membri del sodalizio, oltre che con clienti, nonchè di preparazione, confezionamento e smistamento delle sostanze stupefacenti, con chiaro riferimento a quantitativi, spesso assai rilevanti, e a corrispettivi), nonchè alter ego dello stesso L., il quale, in talune telefonate intercettate, ignorate nel ricorso – che il tribunale del riesame non ha mancato di evidenziare -, suggerisce in certi casi ai clienti di rivolgersi direttamente a N. per i loro acquisti.

Tale fungibilità di ruolo, che va ben oltre un rapporto di semplice conoscenza tra i due, non manca di riverberare i suoi effetti sul punto del consapevole inserimento dell’indagato nel gruppo, dal momento che la sua intercambiabilità con un componente di spicco di esso (quale L. risulta essere: si pensi al rocambolesco, e fallito, inseguimento da parte delle forze dell’ordine, la sera del 7- 12-2009, mentre egli si allontanava da casa Ca. in possesso di due etti di cocaina), postula in via logica, secondo quanto plausibilmente ritenuto dal tribunale del riesame, un suo collegamento anche con il Ca., poco conta se indiretto, e quindi la sua consapevolezza, attraverso la fornitura di hashish e marijuana (contestata nei reati fine e sostanzialmente non messa in discussione dal ricorrente), di fornire un contributo all’associazione.

Consegue l’infondatezza anche del secondo motivo, strettamente correlato al primo, in quanto la sussistenza delle esigenze cautelari, non contestata dal ricorrente con riferimento ad un’ipotesi di concorso nei reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 -, impone, nella ritenuta gravita indiziaria delle risultanze relative al reato di associazione, la misura coercitiva più grave.

Del pari da disattendere è il ricorso del difensore di M..

In ordine al primo motivo, va osservato che l’equivoco dello scambio del fratello dell’indagato con l’indagato stesso, grazie al quale il 7-1-2009 si addivenne alla formale identificazione di M. attraverso il controllo dei documenti, non intacca l’individuazione di questi, condivisa dal tribunale del riesame, in uno degli interlocutori delle conversazioni intercettate in casa Ca., che lo additano come un qualificato collaboratore di questi, in funzione di finanziatore del sodalizio. Infatti tale individuazione è solidamente ancorata, nell’ordinanza in esame, a plurimi elementi.

Ci si riferisce in primo luogo al nome " C.", abbreviazione del nome dell’indagato, C., abitualmente usato dagli altri interlocutori (ad esempio D. e Ca. nel litigio per il prezzo della cocaina, avvenuto il 7-12-2009).

Vi è poi un chiaro riferimento a " C." nella conversazione, fra le altre, del 5-1-2010, in cui la sua ex compagna, G. F., sfoga con Ca. il suo astio verso M. per essere stata lasciata e manifesta l’intento di far cessare la fittizia intestazione a sè dell’immobile romano, oggetto della contestazione del reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies, di cui al capo 48, non senza far riferimento a "una vigilessa che se scopa il gruppo Morelli", fugando così, nel citare anche il cognome dell’indagato, qualunque dubbio residuo sul punto che C. sia lui. Del resto anche Ca. lo evoca in modo chiaro sia allorchè afferma che M.C. era una persona migliore quando non aveva una lira, sia quando, al rientro da un’udienza, parla con la madre di M. come possibile oggetto di un’indagine che potrebbe portare anche a lui.

Pure infondato è il secondo motivo di ricorso. Gli elementi valorizzati per porre in dubbio la gravita indiziaria degli elementi a sostegno della sussistenza dell’associazione, o almeno della partecipazione ad essa di M., sono infatti neutralizzati dal chiaro tenore della conversazione in data 4-12-2009 in cui l’indagato mostra di guardare con fiducia, secondo la plausibile interpretazione data dal tribunale del riesame, al momento in cui Ca. sarà liberato, quando tutto diventerà più semplice (sottintendendo che cesseranno le difficoltà connesse alla ridotta operatività attuale del complice e ai controlli sullo stesso, conseguenti alla sottoposizione alla misura cautelare), mentre è del tutto illogico ravvisare nelle parole di M. soltanto un progetto futuro di collaborazione a due. Infatti tale interpretazione è in palese contrasto con l’uso del comparativo ("…uno sta più tranquillo…"), che implica un confronto con la situazione del momento attuale, in cui dunque la collaborazione è già in atto, sia pure complicata dalla sottoposizione di Ca. alla misura cautelare. E che la collaborazione coinvolga anche altri, è confermato dalle numerose conversazioni, già sopra ricordate, che indicano l’abitazione di Ca., indubbio vertice del sodalizio (si ricordi che è lui a far cessare il litigio tra M. e D. sull’entità del corrispettivo della droga), come centro di raccolta e smistamento di sostanze stupefacenti, frequentata da più soggetti a vario titolo coinvolti in tali attività.

Infine, contrariamente a quanto sostenuto con il terzo motivo, l’ordinanza del tribunale non pecca di carenza o illogicità di motivazione, laddove la ricorrenza dei gravi indizi di partecipazione di M. al reato associativo è correlata anche alle sue asserite disponibilità economiche. Infatti l’eccezione dell’assenza di elementi a dimostrazione della proprietà di tali beni, è superata dal richiamo alla conversazione, già sopra ricordata, tra la G. e Ca., da cui si evince come l’indagato non sia alieno dall’intestare fittiziamente a terzi beni di sua proprietà, onde sottrarli a possibili misure ablatorie. Quanto poi alla censura, mossa dal ricorrente, di inversione dell’onere della prova in ordine al capo 48), basterà osservare che è la stessa G., nella conversazione in questione, a fornire la prova che il prezzo dell’immobile a lei fittiziamente intestato, eccede di gran lunga il mutuo acceso per l’acquisto, affermando che M. "otto piotte de casa perde" (nel senso che il valore dell’immobile è di circa ottocentomila Euro, a fronte del mutuo documentato per duecentomila Euro).
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *