Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 02-05-2011, n. 338 Forze armate

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al T.A.R. Palermo, l’appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri Lu.Ro. impugnava la nota n. 1599/3-1-2006 – Sched. di prot. del 9.11.2007 del Comando Regione Carabinieri Sicilia – SM – Uff. personale e chiedeva l’accertamento, nonché la declaratoria del suo diritto ad essere reintegrato nelle funzioni sindacali di membro del Co.Ba.R. della Regione Carabinieri della Sicilia e ad ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti in ragione degli effetti prodotti dai provvedimenti impugnati.

Lamentava parte ricorrente: che l’Amministrazione intimata avrebbe adottato il provvedimento impugnato senza prima attendere gli accertamenti sanitari volti a verificare la dipendenza da causa di servizio delle patologie dallo stesso sofferte; che tale provvedimento sarebbe stato adottato in violazione dell’art. 8 della legge n. 53/1989 nonché degli artt. 13 e 19 del D.P.R. n. 691/1979, dettati in materia di decadenza del mandato sindacale, e che, ove fosse ritenuta corretta l’interpretazione posta a fondamento del provvedimento impugnato, quest’ultima normativa sarebbe incostituzionale.

Si costituiva l’Amministrazione intimata che, con memoria, replicava alle argomentazioni contenute nel ricorso e chiedeva il suo rigetto.

Con sentenza n. 3477/2010, il Tribunale adito accoglieva parzialmente il ricorso, annullando il provvedimento nella parte in cui dispone la decadenza del ricorrente dal mandato presso l’organismo di rappresentanza militare e respingendo la richiesta di risarcimento danni.

Avverso detta sentenza l’Amministrazione ha proposto l’appello in epigrafe, deducendo l’erroneità del criterio interpretativo adottato dal Giudice di prime cure a supporto della motivazione della stessa, nonché la sua contrarietà al quadro normativo di riferimento e, quindi, sostenendo, ai sensi e per gli effetti degli artt. 13 e 19 del D.P.R. n. 691/1979, la legittimità del provvedimento impugnato dal ricorrente in primo grado.

Ha conclusivamente chiesto, in riforma dell’impugnata sentenza e previa sospensione della stessa, di accogliere l’appello e, per l’effetto, rigettare il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Con apposita memoria di costituzione e difesa l’appuntato scelto Lu., rilevato che l’impugnata sentenza è esente dai vizi eccepiti dal Ministero appellante, ha dedotto l’infondatezza del gravame ex adverso proposto, ribadendo i motivi di gravame dedotti in prime cure.

La condizione di ineleggibilità di cui all’art. 19, lett. f), del D.P.R. n. 691/1979, ovvero il trovarsi in stato di sospensione dall’impiego o di aspettativa, risulterebbe, infatti, "chiaramente riferita alla sola ipotesi in cui il collocamento in aspettativa sia disposto, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 53/1989, su richiesta del dipendente che adduca motivi e ragioni di natura personale e non può ricondursi, neanche indirettamente, all’eventualità in cui, come nel caso di specie, il collocamento in aspettativa sia autoritativamente disposto d’imperio dall’Amministrazione in ragione di una infermità contratta dal lavoratore per causa di servizio".

Il collocamento in aspettativa per infermità sarebbe, altresì, estraneo alla ratio punitiva sottesa agli altri più gravi casi di ineleggibilità di cui all’art. 19, lett. f), del D.P.R. n. 691/1979, atteso, tra l’altro, che l’aspettativa viene disposta al maturarsi di soli quarantacinque giorni di congedo straordinario nell’arco di un anno solare, per cui ritenere che l’ipotesi di collocamento in aspettativa costituisca premessa idonea a determinare gli ineludibili effetti decadenziali di cui al provvedimento impugnato in primo grado porterebbe a risultati "oltre misura afflittivi, iniqui e sostanzialmente ingiusti poiché sviati dalle finalità effettivamente intese dal legislatore".

Infine, ha eccepito l’erroneità del computo dei giorni di congedo posti a base del suddetto provvedimento.

Con ordinanza n. 546/10 di questo C.G.A., è stato disposto l’accoglimento dell’istanza cautelare proposta dal Ministero appellante.

Con memoria difensiva, l’appellato Ministero ha prodotto in atti, a sostegno delle proprie ragioni, i pareri n. 672/1996 e n. 6441/1996 espressi dal Consiglio di Stato e dall’Avvocatura Generale dello Stato in merito ai quesiti posti dal Ministero della Difesa in tema di mandati di rappresentanza militare.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è fondato e, pertanto, va accolto.

Dal combinato disposto di cui agli artt. 13 e 19, 5° comma, lett. f), del D.P.R. n. 691/1979 si evince, ai fini che qui interessano, che il militare eletto quale rappresentante cessa anticipatamente dal mandato quando perde il requisito di "non trovarsi in stato di sospensione dall’impiego o di aspettativa".

La disposizione trova la sua ragion d’essere nell’esigenza che il militare delegato sia in grado, nello svolgimento del proprio mandato di rappresentanza degli interessi e delle esigenze della categoria interessata, di fornire, mediante istanze e pareri, collaborazione alla propria superiore gerarchia nelle materie consentite, il ché obiettivamente risulta precluso nei casi di una sua prolungata assenza dal servizio, che comporta l’impossibilità di potersi confrontare con i militari rappresentati e riferirne le esigenze nei modi consentiti.

Orbene, nel caso di specie, all’Amministrazione non è consentito alcun potere discrezionale allorché deve assumere provvedimenti concernenti sia il collocamento in aspettativa del militare al compimento dei prescritti 45 giorni di congedo straordinario maturato nell’arco di un anno che la sua decadenza dal mandato di delegato COBAR allorquando perda il prescritto requisito per mantenere l’incarico.

Invero, considerata la natura dichiarativa dei suddetti provvedimenti, all’Amministrazione è preclusa qualsiasi attività di accertamento che non sia quella della mera constatazione della sussistenza dei suddetti presupposti; non può, pertanto, impegnarsi in una attività istruttoria volta a stabilire, ad es. l’eventuale dipendenza da causa di servizio della malattia sofferta dal militare ovvero l’effettiva incidenza dell’infermità sul regolare svolgimento del mandato da parte del delegato.

Al riguardo, valgano gli autorevoli pareri n. 672/96 e n. 6441/96 forniti, rispettivamente, dal Consiglio di Stato e dall’Avvocatura Generale dello Stato, prodotti agli atti del giudizio dalla difesa Erariale, dai quali si evince l’indubbia natura dichiarativa di entrambi i provvedimenti suddetti e, quindi, l’obbligo per l’Amministrazione, nell’ipotesi che il militare abbia fruito del periodo massimo di congedo straordinario, di collocarlo in aspettativa, senza che residui in capo alla stessa alcun margine di discrezionalità.

A detto provvedimento, altrettanto obbligatoriamente, consegue quello di decadenza del militare dalla carica di delegato nell’ambito dell’organismo di rappresentanza.

Non appare sostenibile la ricostruzione ermeneutica del primo giudice secondo cui la normativa circa il collocamento in aspettativa ex lege n. 53/1989 ex art. 13 e 19 D.P.R. n. 691/79 andrebbe interpretata, alla luce della disciplina di cui all’art. 7 della L. n. 1168/1971 che prevedeva tale collocamento in caso di "provata infermità". Tale specificazione – secondo il T.A.R. – varrebbe a dimostrare che il collocamento in aspettativa potrebbe essere effettuato solo se in base ad un giudizio prognostico si potesse inferire che l’infermità così provata avrebbe impedito al militare anche in futuro la costante presenza in servizio.

Ritiene in proposito il Collegio che, anche indipendentemente dalla correttezza o meno di tale esegesi (l’infermità, infatti, va sempre provata) il legislatore della L. n. 53/89 sopprimendo proprio la parola "provata" ha comunque escluso ogni possibilità di una applicazione per così dire ultrattiva in via ermeneutica della precedente disciplina.

Per quel che concerne, infine, l’erroneità eccepita dall’appellato circa il computo eseguito dall’Amministrazione dei giorni di congedo straordinario dallo stesso fruiti nell’arco di un anno, il Collegio, diversamente opinando, condivide l’operato dell’Amministrazione, attestato in atti, ritenuto che non può essere considerato in servizio il militare che sia assente nell’arco di tempo intercorrente tra la data in cui lo stesso è stato sottoposto a visita medica presso l’Ospedale militare e la data in cui verosimilmente si è concluso il relativo procedimento.

Conclusivamente, l’appello è fondato e, pertanto, va accolto.

Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito, possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente sentenza.

Si ritiene che sia equo disporre la compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 4 novembre 2010, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Filoreto D’Agostino, Gabriele Carlotti, Pietro Ciani, estensore, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 2 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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