Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-03-2011) 02-05-2011, n. 16879

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’avv. Ettore Zagarese ha proposto ricorso per cassazione nell’interesse di M.E. avverso l’ordinanza in data 10- 12/8/2010 del Tribunale del Riesame di Catanzaro che ha confermato il provvedimento, emesso dal Gip il 17-7-2010, applicativo della misura cautelare custodiale al predetto per i reati di cui all’art. 416 bis c.p. (clan coriglianese), art. 628 c.p., comma 3, art. 629 c.p., comma 2 ed altro.

Il ricorrente deduce cinque motivi di gravame.

1) Violazione di legge per incompatibilità del Gip che ha disposto la misura, già pronunciatosi in altro procedimento, sui medesimi fatti, quale componente del tribunale del riesame;

2) Violazione del diritto di difesa per impossibilità di avanzare istanze ex art. 297 c.p.p.. La disciplina della retrodatazione dei termini di durata della custodia cautelare relativi a misura disposta con ordinanza successiva non opera quando per i fatti di cui alla prima ordinanza l’imputato sia stato prosciolto con sentenza irrevocabile prima dell’adozione della seconda misura.

3) Violazione di legge sostanziale e processuale, vizio di motivazione in relazione all’art. 275 c.p.p. (criteri di scelta delle misure), non essendo stata fornita adeguata motivazione della scelta della più grave misura cautelare.

4) Violazione di legge sostanziale e processuale, vizio di motivazione. Il tribunale del riesame, in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, non ha motivato in modo specifico con riferimento alla posizione del M. (pressochè incensurato e nell’impossibilità di reiterare il reato essendo i capi dell’associazione in stato di detenzione), essendo state utilizzate argomentazioni comuni a tutti i membri dell’organizzazione. Comunque si sarebbe dovuta applicare misura meno gravosa.

5) Nullità della misura per violazione del diritto di difesa avendo il Gip disposto il differimento dei colloqui tra indagati e difensori nei cinque giorni precedenti l’interrogatorio di garanzia.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè i motivi sono in parte non consentiti, in parte manifestamente infondati.

La questione dell’incompatibilità di un componente del tribunale del riesame, oggetto del primo motivo, non è deducibile in questa sede in quanto non da luogo a nullità e deve essere dedotta con dichiarazione di ricusazione.

Il secondo motivo, al di là della scarsa chiarezza che lo rende generico e insuscettibile di dar conto dell’interesse del ricorrente alla sua proposizione, è stato comunque oggetto di puntuale disanima da parte del tribunale, il quale ha correttamente rilevato come il riesame è preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l’adozione della misura, non di quelli legittimanti la sua persistenza (che devono essere posti al giudice procedente il cui provvedimento è appellabile ex 310 c.p.p.).

Il terzo motivo è manifestamente infondato non essendo necessario fornire motivazione della scelta della più grave misura cautelare dal momento che la ricorrenza delle esigenze cautelari rende nella specie obbligatoria la applicazione della misura custodiale, ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 3.

Manifestamente infondato è anche il quarto motivo, avendo il tribunale, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, motivato, in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, con specifico riferimento alla posizione del M., evocando il perdurare della sua adesione all’associazione e la gravità della condotta, caratterizzata da abitualità.

Il differimento dei colloqui disposto dal Gip, oggetto di censura proposta con il quinto motivo, oltre a non essere stato oggetto dei motivi dedotti alla base della richiesta di riesame, non è deducibile in questa sede, trattandosi di questione non attinente alla verifica dei presupposti legittimanti l’adozione della misura cautelare.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e a tale declaratoria conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *