Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 02-05-2011, n. 336

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

quanto segue.
Svolgimento del processo

In data 24 settembre 1997, il sig. Br.Na. depositava presso la Prefettura di Messina una richiesta indirizzata al Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura, di concessione di un mutuo di Lire 3.500.000.000, dichiarando di essere stato vittima del reato di usura nel periodo 1990-1993, durante il quale, per far fronte ai debiti della Sudcar s.r.l., di cui era socio ed amministratore, a fronte di prestiti per circa 680.000.000 di Lire aveva pagato interessi usurari per circa 2.000.000.000 di lire.

Perfezionata l’istruttoria della pratica, il Commissario straordinario del Governo per il Coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura sospendeva, con decreto n. 731/01, la relativa decisione sino all’esito del procedimento penale pendente a carico del suddetto Br.Na., in quanto comportava, in caso di condanna, il divieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 32 quater c.p.

Con sentenza n. 868/04, il Tribunale Penale di Messina condannava i sigg.ri Sp.Lu., Se.Vi. e Ti.Do. per la consumazione del reato di usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti del nominato Br.

Con sentenza n. 1778/08, divenuta irrevocabile per il predetto Br.Na. il 13.4.2008, il Tribunale Penale di Messina dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti, ex art. 531 c.p.p., per intervenuta prescrizione dei reati ascrittigli (associazione per delinquere finalizzata alla truffa in danno di Ente pubblico per ottenere pubblici contributi), e per i quali il predetto Commissario straordinario aveva a suo tempo sospeso il procedimento di concessione del mutuo.

Con decreto n. 279/08, il Commissario straordinario deliberava, ai sensi dell’art. 14, comma 10, della legge n. 108/96, il non accoglimento della superiore istanza in data 24 settembre 1997 del nominato Br.Na., conclusivamente ritenuto che, dall’esame degli atti, si evinceva che le vicende delittuose poste a base dell’istanza si erano verificate antecedentemente all’1/1/1996.

Avverso detto decreto n. 279/08, l’interessato presentava ricorso davanti al T.A.R. Catania, il quale, con ordinanza n. 61/2009, accoglieva l’istanza cautelare in esso proposta, ritenuto che il ricorso appariva fondato, con riferimento sia alla violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/90, sia alla carenza di motivazione, avuto riguardo alle doglianze compiutamente esposte in ricorso circa i vari presupposti per il rigetto dell’istanza del ricorrente.

Con la medesima ordinanza veniva disposto, altresì, che l’Amministrazione provvedesse a ripronunciarsi sull’istanza entro giorni 30.

Il Commissario straordinario emetteva, pertanto, il decreto n. 173/09 con il quale – riepilogati i fatti salienti del procedimento, nell’ambito della cui istruttoria sono comunque risultate acclarate le condotte contestate – annullava in autotutela il precedente decreto n. 279/2008 e nuovamente rigettava l’istanza del ricorrente "per insussistenza dei requisiti soggettivi per i motivi suesposti (…)".

Con ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente impugnava anche tale provvedimento.

Con sentenza n. 603/2010, il T.A.R. adito, dichiarato improcedibile il ricorso principale, accoglieva quello per motivi aggiunti per una parte dei vizi dedotti con il terzo motivo, ritenendo assorbiti gli altri motivi di gravame.

Il primo Giudice, invero, dichiarava sussistente la violazione dell’art. 32 quater c.p. e dell’art. 4, comma 1, lett. b) della legge n. 44/99, ritenendo che l’Amministrazione avesse indebitamente effettuato un sindacato di merito secondo valutazione discrezionale sulle situazioni processuali che avevano visto coinvolto il richiedente che, tra l’altro, non aveva comunque riportato alcuna condanna.

Avverso detta sentenza, le amministrazioni soccombenti hanno proposto l’appello in epigrafe per sostenere la legittimità del decreto n. 173/2009, ex adverso impugnato in primo grado, deducendo che:

– né il parere dell’apposito Comitato, né il decreto commissariale n. 173/2009, che integralmente lo riproduce, fanno alcun riferimento, sul piano della motivazione rilevante ai fini del rigetto dell’istanza del ricorrente in primo grado, all’art. 32 quater c.p.;

– dai suddetti due atti si ricava, invece, che il non accoglimento dell’istanza scaturisce dal fatto che le vicende delittuose, poste a base della richiesta di mutuo, documentano una situazione soggettiva della vittima ostativa all’accoglimento della richiesta, con riferimento alla meritevolezza dell’istante ed alla idoneità dello stesso a reinserirsi nell’economia legale;

– l’art. 14, comma 5, della legge n. 108/96 conferisce al Commissario straordinario ed al Comitato di Solidarietà il potere discrezionale di disattendere la domanda di concessione del mutuo senza interessi nell’ipotesi in cui la stessa sia corredata da un piano di investimenti e uso delle somme richieste non realmente rispondente alla dichiarata finalità di reinserimento della vittima del delitto di usura nella economia legale (cfr. Cons. di Stato, sez. VI, n. 1025/07);

– con riferimento all’art. 4 della legge n. 44/99 – richiamato nella sentenza impugnata che, a sostegno della sussistenza dei presupposti per la concessione del contributo, ha ritenuto che in nessun caso possa affermarsi che i reati ascritti all’istante fossero legati per connessione ai fatti di usura – può invece ritenersi consolidata, attraverso l’incontestata sospensione ex art. 14 L. n. 108/96, la sussistenza di reati contestati ostativi alla concessione del mutuo.

Nel merito, gli appellanti hanno rilevato che buona parte dei reati dichiarati estinti per prescrizione sono stati commessi (e fra essi i più gravi, come la corruzione impropria o la truffa aggravata ex art. 640 bis c.p.) proprio al fine di saldare i debiti usurari cui, come afferma la sentenza penale, doveva essere destinato il mutuo agevolato richiesto dalla cooperativa a r.l. COO.TE.V., mai realmente destinato all’inizio di alcuna attività lavorativa, il ché dimostra la sussistenza degli elementi ostativi di cui alla lett. b) dell’art. 4 sopra richiamato.

I ricorrenti, pertanto, sostenendo la legittimità del provvedimento impugnato in primo grado con il ricorso per motivi aggiunti, hanno conclusivamente chiesto di riformare integralmente la sentenza appellata, rigettando detto ricorso per motivi aggiunti.

Ha replicato l’appellato, mediante atto di costituzione con appello incidentale proprio, deducendo l’infondatezza del suddetto ricorso in appello in quanto non ripercorre l’esatto iter motivazionale della sentenza impugnata.

L’odierno appellato, infatti – premesso che il provvedimento di diniego di concessione del mutuo, n. 173/09, è stato motivato per insussistenza dei requisiti soggettivi dell’istante e che, ciononostante, il Giudice di prime cure ne ha statuito l’annullamento, ritenendo che detta insussistenza, individuata da ipotesi tassative normativamente definite, non ricorresse nel caso di specie – ha eccepito che gli appellanti non avrebbero contestato l’impalcatura della sentenza, avendo dedotto che i provvedimenti impugnati sono scaturiti dall’assunto che l’istante non sarebbe stato in grado di portare a compimento il piano di investimenti cui era legata la concessione del mutuo, in ragione dei fatti per i quali lo stesso era stato sottoposto a procedimento penale e poi assolto.

Avverso detta sentenza n. 603/2010, l’odierno appellato ha poi dedotto la violazione ed erronea applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in relazione ai motivi proposti con ricorso per motivi aggiunti e ritenuti assorbiti dal Giudice di prime cure.

Ha, pertanto, conclusivamente chiesto di respingere l’appello, come inammissibile e/o infondato, nonché, in accoglimento dell’appello incidentale, di accogliere i motivi di ricorso spiegati con il ricorso per motivi aggiunti incoato nel giudizio di primo grado, nella parte in cui sono stati dichiarati assorbiti, e, per l’effetto, annullare i provvedimenti impugnati con detto ricorso per motivi aggiunti.

Con apposita memoria difensiva, parte ricorrente ha controdedotto avverso i motivi esposti dall’appellato, testé richiamati, ribadendo le motivazioni dell’appello principale nonché replicando puntualmente alle censure ritenute assorbite dal Giudice di prime cure e riproposte in questa sede da parte appellata.

Ha, infine, conclusivamente chiesto – in accoglimento dell’appello e previo rigetto anche di tutti i motivi di impugnazione dichiarati assorbiti e nuovamente proposti in questa sede – di riformare integralmente la decisione impugnata, per l’effetto rigettando il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado.

Alla pubblica udienza del 3 novembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

La presente controversia ha per oggetto il decreto n. 173/09, con il quale il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, all’esito della prescritta attività istruttoria, ha rigettato per "insussistenza dei requisiti soggettivi (…)" l’istanza del sig. Br.Na. volta ad ottenere, in qualità di vittima dell’usura, la concessione di un mutuo senza interessi.

Il Collegio, preliminarmente, respinge l’appello incidentale proprio con il quale l’appellato ha riproposto in questa sede le censure di cui al ricorso per motivi aggiunti, ritenute assorbite dal Giudice di prime cure con la sentenza appellata.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, si osserva che l’impugnato decreto n. 173/09 è stato emesso dal Commissario straordinario in esecuzione dell’ordinanza n. 61/09 e, quindi, tenendo conto dei motivi di impugnazione formulati con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e condivisi dal Giudice di prime cure, in relazione ai quali l’odierno appellato aveva, pertanto, già fornito il prescritto apporto partecipativo.

Neppure si può condividere il lamentato vizio dell’eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà del decreto n. 173/09 rispetto a quello n. 731/01.

Infatti, è ben vero che con il decreto n. 731/01 venne disposta la sospensione del procedimento di concessione del mutuo in attesa dell’esito del processo penale che vedeva coinvolto l’istante in veste di imputato, posto che in caso di condanna poteva derivarne l’incapacità a stipulare contratti con la P.A., tuttavia, è altrettanto vero che, a seguito dell’ordinanza propulsiva del T.A.R. n. 61/09 sopra richiamata, l’Amministrazione ha dovuto riesaminare l’intera vicenda e – avendo rilevato dagli atti di detto processo penale, invero conclusosi con il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione e non con sentenza pienamente assolutoria, che a carico dell’odierno appellato era emersa la sussistenza dei gravi fatti che lo avevano portato ad essere incriminato – ha legittimamente decretato il non accoglimento dell’istanza.

Va, altresì, respinta la censura sollevata dall’odierno appellato, avverso l’impugnato provvedimento n. 173/09, per violazione ed erronea applicazione dell’art. 14, comma 7, della L. n. 108/96, dell’art. 1, comma 2, lett. C) del D.L. n. 419/1991, convertito in L. n. 172/1992 e dell’art. 4, comma 1, lett. B) della L. n. 44/1999 nonché degli artt. 12, 531, 591 e 593 c.p.p.

Questi, invero, sostiene l’illegittimità del predetto decreto commissariale perché adottato in contrasto con l’esito di assoluzione in sede penale dai reati ascrittigli.

Al riguardo, il Collegio osserva che, con il decreto n. 731/01, il Commissario straordinario ha effettivamente sospeso il procedimento per l’erogazione del mutuo in attesa di una sentenza certa di proscioglimento dell’istante dai reati per i quali si stava procedendo nei suoi confronti.

Sennonché, l’impugnato decreto risulta emesso non alla stregua di una condanna in sede penale, invero non ritenuta dal Commissario, bensì, ai sensi dell’art. 14, comma 5, della legge n. 108/96, sopra richiamata, il quale, al fine di assicurare la corretta gestione del Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura, conferisce al Commissario straordinario ed al Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura il potere discrezionale di disattendere la domanda di concessione del mutuo senza interessi nell’ipotesi in cui la stessa sia corredata da un piano di investimento ed uso delle somme richieste non realmente rispondente alla dichiarata finalità di reinserimento della vittima del delitto di usura nella economia legale (cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 3 marzo 2007, n. 1025, richiamata da entrambe le parti in causa).

Orbene, il decreto n. 173/09, oggetto della presente controversia, ha disposto il non accoglimento dell’istanza di mutuo avanzata dal Br. non per la sola "insussistenza dei requisiti soggettivi", formula che potrebbe intendersi alla stregua di una ritenuta insussistenza, invero esclusa dal primo Giudice, dei requisiti soggettivi individuata dalle tassative ipotesi ostative all’erogazione del mutuo agevolato, di cui ai commi 7, 8 e 9 del sopra richiamato art. 14 della legge n. 108/96, bensì per la "insussistenza dei requisiti soggettivi per i motivi suesposti", e cioè proprio per i motivi di cui all’art. 14, comma 5, sopra richiamato, che sono stati dettagliatamente illustrati nel decreto de quo.

Infatti, nel riportare passi della citata sentenza di proscioglimento n. 1778/07, il Commissario straordinario ha evidenziato che dalla stessa, per quanto di interesse, si evince quanto segue:

– "dalle risultanze processuali è logico, infatti, pervenire alla conclusione secondo cui il Br. (…) era pienamente consapevole che il finanziamento regionale chiesto in favore della cooperativa COO.TE.V. a r.l., della quale egli era Presidente, e già interamente impegnato per saldare i debiti usurari contratti, non gli avrebbe certamente permesso di dare inizio ad alcuna seria attività lavorativa";

– "il fine truffaldino dell’operazione in esame emerge, d’altronde, nella sua assoluta univocità, dalla semplice considerazione che il Br. non aveva alcuna esperienza in materia di gestione di fabbriche di abbigliamento e non aveva, cosa questa ancora più importante, alcuna disponibilità economica da poter impegnare in detta attività (…)";

– l’ampia istruttoria svolta ha consentito di accertare la sussistenza dei fatti materiali di cui è processo".

Il Collegio ritiene, pertanto, che il decreto n. 173/09, impugnato dal Br. con ricorso per motivi aggiunti innanzi al Giudice di prime cure, sia da considerare legittimamente emesso, nella condivisibile valutazione che l’odierno appellato non sarebbe stato in grado di portare a compimento il piano di investimenti, cui era legata la concessione del mutuo, in ragione dei gravi fatti inequivocabilmente accertati in sede penale e per i quali la sentenza di proscioglimento è stata emessa solo per intervenuta prescrizione e non certo con formula pienamente assolutoria.

Il Collegio ritiene altresì insussistente la lamentata violazione di cui all’art. 12 c.p.p.

L’odierno appellato esclude la connessione di cui al predetto art. 12 c.p.p. nella considerazione che la sentenza n. 1778/07, passata in giudicato, non lo ha condannato, ma ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione ex art. 531 c.p.p.

Al riguardo, tuttavia, va ribadito quanto già esposto poco sopra e cioè che, con la suddetta sentenza di proscioglimento, in realtà è stata accertata la responsabilità del Br. in ordine ai fatti integranti le ipotesi di reato allo stesso ascritte, il ché ha legittimamente indotto il Commissario straordinario ad emettere, nell’ambito della discrezionalità riconosciutagli in materia, come sopra specificato, il contestato decreto n. 173/09 per i motivi che non sono riconducibili ad una sentenza di condanna, mai ritenuta dall’Amministrazione, ma all’accertata sussistenza di gravi fatti, in relazione ai quali è stato escluso che il Br. fosse in grado di portare a compimento il piano di investimenti, cui era legata la concessione del mutuo.

Parimenti inconsistente si rivela l’asserita violazione dell’art. 14, comma 6, della L. n. 108/96 e dell’art. 19 della legge n. 44/99.

L’odierno appellato ritiene che "i provvedimenti impugnati sono pure illegittimi sotto il profilo dell’eccesso di potere per contraddittorietà e/o illogicità e, comunque, sotto il profilo del difetto di motivazione, poiché il Commissario ha ancorato il provvedimento al parere reso dalla Prefettura, estranea al procedimento".

Invero, il Commissario straordinario, con il decreto n. 173/09, ha richiamato la nota in data 17/4/2008 della Prefettura di Messina soltanto ai fini della ricostruzione dei fatti, sui quali era stato chiamato a ripronunciarsi in esecuzione dell’ordinanza propulsiva n. 61/09 del T.A.R.; con detto decreto, invece, il Commissario ha correttamente dato atto, ai fini della decisione finale, di aver "visto" la delibera n. 173/09 del Comitato di Solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, cui si è poi conformato, in tal modo integrando la procedura ritenuta corretta dallo stesso appellato.

Respinte le motivazioni e le conclusioni dedotte dall’appellato con l’atto di costituzione con appello incidentale proprio, il Collegio accoglie l’appello principale perché ritenuto fondato.

Il T.A.R. ha accolto il ricorso per motivi aggiunti proposto dall’odierno appellato, affermando la sussistenza della violazione e falsa applicazione dell’art. 32 quater c.p. e dell’art. 4, comma 1, lett. b) della legge n. 44/99, rilevando che la prima disposizione fa riferimento, come circostanza comportante "l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione", esclusivamente alla eventuale "condanna" per uno dei reati ivi previsti, mentre l’Amministrazione avrebbe effettuato un sindacato di merito secondo valutazione discrezionale sulle situazioni processuali che hanno visto coinvolto il richiedente che, tra l’altro, non ha comunque riportato alcuna condanna.

Per quel che concerne, invece, l’art. 4, c. 1, lett. b, suddetto, che potrebbe astrattamente far pensare ad una valutazione discrezionale dell’Amministrazione sull’operato del richiedente, il Giudice di prime cure ha, invece, rilevato che, ai fini della sua applicazione, non risultano comunque sussistenti i presupposti previsti perché possa invocarsene l’applicazione.

Il Collegio, tuttavia, evidenzia al riguardo che né dal parere dell’apposito Comitato, né dal decreto commissariale n. 173/2009, che integralmente lo riproduce, si evince alcun riferimento alle suddette disposizioni.

D’altra parte, dai suddetti due atti si ricava, invece, che il non accoglimento dell’istanza è scaturito non da una presunta condanna dell’istante, bensì dal fatto, sopra ampiamente illustrato, che le vicende delittuose, indubbiamente accertate a carico dell’istante e poste alla base della richiesta di mutuo, documentano una situazione soggettiva della vittima ostativa all’accoglimento della richiesta, con riferimento alla meritevolezza dell’istante ed alla idoneità dello stesso a reinserirsi nell’economia legale.

Il Collegio reputa che neppure possano essere ritenute condivisibili le conclusioni cui è pervenuto il Giudice di prime cure con riferimento all’art. 4 della legge n. 44/99, richiamato nella sentenza impugnata a sostegno della sussistenza dei presupposti per la concessione del contributo, ritenendo che in nessun caso possa affermarsi che i reati ascritti all’istante fossero legati per connessione ai fatti di usura.

Invero, la sussistenza degli elementi ostativi di cui alla lett. b) dell’art. 4 sopra richiamato, si rileva dalla sentenza n. 1778/08, da cui si evince che buona parte dei reati dichiarati estinti per prescrizione sono stati in realtà commessi (e fra essi i più gravi, come la corruzione impropria o la truffa aggravata ex art. 640 bis c.p.) proprio al fine di saldare i debiti usurari cui doveva essere destinato il mutuo agevolato richiesto dalla cooperativa a r.l. COO.TE.V.

Nel merito della vicenda contenziosa all’esame del Collegio, non si può che affermare, alla luce di quanto fin qui esposto, la legittimità del contestato decreto n. 173/09, considerato che il non accoglimento della domanda di mutuo agevolato è stato decretato per la documentata mancanza in capo all’istante dei requisiti soggettivi concernenti la sua capacità di reinserirsi proficuamente nell’economia legale.

L’appello va dunque accolto perché fondato.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 3 novembre 2010, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Filoreto D’Agostino, Gabriele Carlotti, Pietro Ciani, estensore, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 2 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *