T.A.R. Abruzzo L’Aquila Sez. I, Sent., 02-05-2011, n. 230 Università

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso del 5.8.03 proposto avanti al giudice unico del lavoro presso il tribunale civile dell’Aquila, il prof. M., ricercatore confermato presso la clinica ginecologica ed Ostetrica della facoltà di Medicina dell’Università dell’Aquila, deduceva di aver prestato la propria opera dal 1990 al 1997 presso la Divisione Ospedaliera di Ostetricia e Ginecologia del presidio ospedaliero S. Salvatore dell’Aquila, divisione a direzione universitaria in virtù di convenzione stipulata tra l’allora ULSS e la predetta Università.

Spiegava ancora il prof. M. di essere stato iscritto -a seguito di disposizione USL in data 18.10.1990- nei turni di servizio della citata divisione ospedaliera, per assicurare ivi le prestazioni ecografiche e ginecologiche; di aver svolto tali incombenti con continuità dal 18.10.1990 al 9.11.1992 (data in cui veniva inibito dall’amministratore straordinario l’accesso del sanitario presso la divisione); di aver ripreso le funzioni e mansioni, a seguito di ordinanza del Tar Abruzzo, dal 12.2.1993 al 1.2.1997.

Il prof. M. lamentava tuttavia nel ricorso avanti all’AGO che, nonostante il riconoscimento delle prestazioni da parte dell’ASL, le sue numerose richieste di vedersi liquidato il corrispettivo sarebbero rimaste senza esito, circostanza che lo avrebbe appunto determinato nell’adìta azione giudiziaria, concludendo per la condanna della PA sanitaria al pagamento della somma di 100.343,05 euro, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.

Con sentenza del 25.10 2004, il giudice del lavoro declinava la propria giurisdizione ai sensi e per gli effetti dell’articolo 69 comma 7 del decreto legislativo 165/01; tale pronuncia veniva poi confermata dalla Corte d’Appello di l’Aquila con sentenza 478/05.

A seguito di quanto sopra, il prof. M. ha riproposto ricorso avanti a questo tar, ribadendo le ragioni della pretesa già illustrate avanti al giudice ordinario, prospettando una giurisdizione piena del GA -non soggetta al regime transitorio di cui alla citata normativa ex art. 69 comma 7 del decreto leg.vo 165/01- in ragione del sottostante rapporto di impiego universitario, diverso dal rapporto di servizio con la ASL. In subordine, ove il tar adìto dovesse ritenere l’impugnativa tardiva rispetto al termine processuale del 15 settembre 2000 previsto dall’articolo 69 comma 7 del decreto legislativo 165/01 (secondo cui le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998 "…restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000"), viene chiesto al giudicante una interpretazione costituzionalmente orientata di tale norma che non conduca a ravvisare nella specie una decadenza sostanziale da qualsiasi azione giurisdizionale (in tal caso sollevando d’ufficio conflitto di giurisdizione a favore dell’AGO, ovvero in ulteriore subordine rimettendo la questione al vaglio della Corte Costituzionale).

Si è costituita in giudizio l’ASL n. 4 di L’Aquila che ha eccepito in primis l’inammissibilità del gravame per mancata notifica alla Università degli Studi di L’Aquila. Quanto poi alla convenzione intercorsa fra l’Ateneo e l’USL p.t. si precisa che tale convenzione, per il periodo considerato dal ricorrente (1990/1997), non avrebbe avuto effettiva vigenza nella parte organizzativa di interesse del ricorrente stesso, poiché il reparto di ostetricia e ginecologia sarebbe stato attivato solo nel 1998. Ne conseguirebbe che l’attività svolta presso USL dal prof. M. (almeno per l’arco temporale di interesse nella vertenza) non sarebbe stata assistita dalla vigenza della convenzione, che nel periodo considerato risultava operativa solo per gli altri reparti a quella data già istituiti.

Alla pubblica udienza del 13.4.11 -dopo l’intervento dei legali- la causa è stata riservata a sentenza.
Motivi della decisione

Il Prof. M., all’epoca dei fatti ricercatore presso la facoltà di medicina dell’università degli Studi dell’Aquila, reclama nei confronti dell’ASL intimata il pagamento della somma di 100.343,05 euro, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, per aver prestato attività ospedaliera dal 1992 al 1997 presso la Divisione ostetricia e ginecologia dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, in virtù di apposita convenzione fra l’allora ULSS e l’Ateneo aquilano.

Ritiene in primis il collegio che la vertenza -come correttamente rappresentato dal ricorrente nel suo gravame riassunto avanti a questo tar, dopo la declinatoria dell’AGO- sia da riportare alla (stabile) cognizione giurisdizionale del GA sul cd. pubblico impiego non privatizzato, trattandosi di docente universitario per il quale il combinato disposto dell’articolo 3 comma 2 e dell’articolo 63 comma 4 esclude per l’appunto la devoluzione delle controversie di lavoro al giudice ordinario, mantenendo la preesistente giurisdizione esclusiva dei tar e del consiglio di Stato (sul punto funditus TAR Lazio, sez. 3bis, 8 luglio 2004, n. 6643).

Risultano pertanto estranee al caso di specie le questioni interpretative sviluppate (in subordine) nel gravame, relativamente al regime transitorio del vaglio del GA sulle questioni di pubblico impiego privatizzato ex art. 69 comma 7 del citato decreto legislativo 165/01.

Tale riconoscimento di giurisdizione non conduce peraltro all’inammissibilità del gravame per mancata notifica all’Università di appartenenza del ricorrente, ed in tal senso va respinta l’eccezione formulata dalla PA resistente.

Ad avviso del collegio, infatti, occorre avere riguardo alla pretesa azionata dal ricorrente, che individua solo nell’AUSL (debitamente intimata) l’autorità tenuta alla corresponsione delle somme, sostenendo che ai fini dell’adempimento invocato rileverebbe solo il rapporto di servizio e non anche il rapporto di impiego con la PA universitaria (utile solo ad individuare la giurisdizione).

Né in contrario rileva la tesi del patrono dell’AUSL secondo cui, per il medico universitario "strutturato", il preteso diritto al compenso in seguito allo svolgimento dell’attività assistenziale rientrerebbe all’interno del rapporto di impiego universitario senza rilievo per il rapporto di servizio ospedaliero, poiché tale tesi (come meglio si vedrà più avanti) attiene al merito della vertenza portando ad escludere che l’AUSL intimata sia -nella specie- un debitore qualificato, al contrario di quanto sostenuto da controparte. Ma ciò non comporterebbe comunque alcun difetto di contraddittorio giudiziale, visto che l’unica autorità individuata dal ricorrente (a torto od a ragione) come obbligata a corrispondere le somme reclamate, risulta per l’appunto ritualmente intimata.

In buona sostanza solo ove fosse stata formulata una richiesta adempimentale nei confronti dell’Università, la mancata chiamata in giudizio dell’Ateneo di appartenenza avrebbe costituito una insanabile causa di inammissibilità della pretesa, mentre in assenza di reclamo giudiziario delle somme nei confronti della PA di appartenenza, nessun pregiudizio potrà scaturire per quest’ultima dall’esito del ricorso. Ciò non di meno resta inteso (come si vedrà da qui a poco) che la scelta operata dal ricorrente di canalizzare nei confronti della PA di impiego le rivendicazioni economiche per prestazioni ospedaliere può avere consistenti riflessi limitativi di un positivo esito del giudizio.

Nel merito il gravame è infondato.

Può in primis prescindersi dall’operatività in parte qua della convenzione stipulata fra l’allora U.L.S.S. e l’Università degli Studi dell’Aquila (la struttura di ostetricia e ginecologia è stata attivata all’interno dell’P.O. S. Salvatore solo dopo il periodo considerato dal ricorrente, sulla cui effettività del servizio prestato, peraltro, anche l’ASL intimata implicitamente conviene).

Ed invero, per giurisprudenza maggioritaria che il collegio condivide (tar Lazio nn. 308/04 e 6643/04, C.S. nn. 2457/01 e 2098/03), il soggetto obbligato alla corresponsione del trattamento economico aggiuntivo e differenziale del personale universitario che presta servizio presso cliniche e istituti di cura è sempre e comunque l’Amministrazione universitaria, indipendentemente dal rapporto di provvista che intercorre con la Regione o le ASL mediante le apposite convenzioni di settore (da riportare ad accordi ex art. 15 legge 241/90 la cui giurisdizione esclusiva del tar può argomentarsi per controversie fra le autorità stipulanti).

Sulla base delle esposte considerazioni deve pertanto concludersi che l’Azienda Usl intimata non è tenuta a corrispondere (quantomeno in via diretta) le somme rivendicate dal ricorrente per l’attività ospedaliera da quest’ultimo prestata durante il periodo 1992/1997.

Da ciò consegue la reiezione del ricorso.

Sussistono ragioni per compensare le spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo (Sezione Prima) respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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