Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-08-2011, n. 16887 Indennità di anzianità e buonuscita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

è presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che nulla osserva.

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380 bis.

La Corte d’appello di Firenze, in riforma delle sentenza di primo grado, appellate con distinti ricorsi successivamente riuniti, rigettava le domande proposte C.F., I. M., O.A. e G.F., ex dipendenti dell’INPS, di computo ai fini della misura dell’indennità di buonuscita o di quiescenza di voci retributive accessorie denominate assegno di garanzia della retribuzione (tutti), indennità generale, specifica ed esterna di agenzia ( C.), generale e specifica di processo ( I. e O.), di funzione c.c.d.e. 98 e per particolari compiti di informatica ( G.).

Detti lavoratori propongono ricorso per cassazione a cui resiste l’Inps con controricorso.

Il ricorso denuncia violazione del combinato disposto dell’art. 5 del regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza degli impiegati dell’Inps, della L. n. 144 del 1999, art. 64, e della L. n. 70 del 1975, art. 13, nonchè insufficiente motivazione in merito al principio di assoggettabilità o meno dei compensi fissi e continuativi nel computo del trattamento di fine rapporto, in relazione all’epoca di collocamento a riposo.

Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato in relazione all’orientamento affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte relativamente alla questioni prospettate e in particolare a quanto ritenuto da Cass. S.U. n. 7154/2010, che ha enunciato il seguente principio: "In tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del c.d. parastato, la L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13, di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio. Il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicchè deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l’indennità di funzione L. n. 88 del 1989, ex art. 15, secondo comma, il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l’indennità particolari compiti di vigilanza per i dipendenti dell’INPS) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell’Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo".

Il ricorso deve quindi essere rigettato. Vi sono giusti motivi per compensare le spese del giudizio, considerato che la questione di diritto ha trovato definitivo chiarimento in sede giurisprudenziale solo di recente.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *