T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, Sent., 02-05-2011, n. 412 Falsità ideologica in atti pubblici commessa da privato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I. Con ricorso notificato il 27.9.2010 e depositato il successivo 15.10, il ricorrente, cittadino del Burkina Faso, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento con il quale gli era stato negato il permesso di soggiorno in seguito alla dichiarazione di emersione ai sensi della l.n. 102/09, in quanto era risultato condannato per un reato previsto dall’art. 381 c.p.p., ostativo per la richiesta "sanatoria".

Si legge nel provvedimento impugnato che dai rilievi dattiloscopici era risultato "che lo straniero, trovato in possesso di permesso di soggiorno risultato falso, in data 7.8.2004 veniva indagato dalla Squadra mobile della Questura di Potenza per il reato di cui agli artt.648, 468 e 4483 c.p. e condannato il 18.2.2010 alla pena di 4 mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 482 c.p.".

Il ricorrente lamenta che la Questura sia incorsa in errore nel ritenere che il reato di cui all’art.482 c.p. rientrasse tra le ipotesi ostative alla sanatoria.

E’ costituita e resiste al ricorso l’Amministrazione intimata.

Con ordinanza n.870/2010 è stata accolta l’istanza di sospensione.

II. Il ricorso è fondato per quanto dedotto dal ricorrente in ordine alla portata non ostativa della condanna riportata.

L’art. 1 ter, comma 13, l.n. 102/09 prevede che non sono ammessi alla procedura di emersione gli stranieri che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice.

Dalla sentenza 78/2010 del Tribunale di Melfi, in atti, risulta che il ricorrente è stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione per il reato di cui all’art.482 c.p. commesso il 6.8.2004, allorché ha esibito nel corso di un controllo un falso permesso di soggiorno.

L’art. 482 (falsità materiale commessa dal privato) dispone che: "Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell’esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo".

La giurisprudenza ritiene che tale falsità materiale in atto pubblico commessa da un privato prevista dall’art. 482 cod. pen. costituisca una figura autonoma di reato e non un’ipotesi attenuata dei reati di cui agli articoli 476, 477 e 478 cod. pen. (Cass.pen., Sez. V, sent. n. 3312 del 20041983).

Se è così, la pena edittale prevista (reclusione da 6 mesi a 3 anni ridotta di un terzo) non rientra fra i reati per i quali, ex art.381 c.p.p., è previsto l’arresto facoltativo in fragranza (pena della reclusione superiore nel massimo a 3 anni).

Né può rilevare la circostanza, peraltro neppure invocata dall’Amministrazione, per cui il reato rientra ora nella previsione degli artt. 380 e 381 c.p.p., per effetto delle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 22, lettera f), della legge 15 luglio 2009, n. 94 al comma 8 bis dell’art.5 del d.lgs. 286/1998 (che ora è del seguente tenore: "8bis. Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno oppure utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da tre a dieci anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale": infatti, in virtù del principio di irretroattività della legge penale sancito dall’art. 25, comma 2, della Costituzione, dall’art. 2, comma 3, c.p. e dall’art. 11, comma 1, delle Disposizioni sulla legge in generale, è esclusa l’applicabilità della normativa sopravvenuta dopo la commissione del reato se questa dispone un trattamento deteriore idoneo ad incidere sui presupposti per la permanenza sul territorio nazionale (Cons. Stato, Sez. VI, 6.7.10, n. 4293; 8.7.10, n. 4444 e 27.8.10, n. 5993; Tar Toscana, Sez. II, 5.1.11, n. 15).

III. Il ricorso va pertanto accolto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Emilia Romagna (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio, che liquida nella misura di Euro.1.500,00 oltre ad IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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