Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-03-2011) 02-05-2011, n. 16789

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

l foro di Roma.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza della Corte d’appello di Roma in data 23.3.2010 veniva parzialmente riformata la sentenza del gup Tribunale di Roma, in data 21.5.2009, con cui il C. era stato condannato per il reato di tentato omicidio in danno di A.V., alla pena di anni sei di reclusione; il fatto veniva riqualificato in termini di lesioni gravi, aggravate dai futili motivi e la pena veniva rideterminata nella misura di anni due e mesi quattro di reclusione. Venivano revocate le pene accessorie e venivano confermate le statuizioni civili.

La Corte territoriale aderiva alla ricostruzione dei fatti operata dal gup secondo cui il C., presso il locale (OMISSIS), aveva importunato una ragazza facendo insorgere il di lei fidanzato S.M.; ne era sorto un alterco, con il che S. era stato condotto fuori dal locale dagli uomini della sicurezza; a quel punto, il C. era tornato alla carica con la ragazza ed era allora intervenuto l’ A., amico del S., che all’esito dello scontro fisico con l’imputato risultò ferito all’addome con un temperino multiuso che il C. portava in tasca. Tale ricostruzione veniva accreditata anche dalle dichiarazioni delle due fidanzate di S. ed A..

La Corte territoriale riteneva che le lesioni inferte non avessero determinato un pericolo di vita per la persona offesa, sia per la sede attinta che per le modalità di penetrazione dell’arma; non solo, ma dal punto di vista soggettivo nulla accreditava che l’imputato fosse stato mosso da un dolo diretto, con il che non era configurabile il reato di tentato omicidio.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione la difesa della parte civile per dedurre:

2.1 violazione di legge ed in particolare dell’art. 61 c.p., n. 1, artt. 582, 583, 585, 56-575 c.p. per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sul punto. La Corte territoriale ha riportato le due opposte versioni, ma non ha dato ragione della preferenza accordata a quella dell’imputato, trascurando una serie di dati che la confutavano. Sarebbe stato sottovalutato il dato medico, evidenziato anche dal CT dell’imputato, atteso che le lesioni potevano cagionare lesività mortale e le ferite attinsero dei vasi che avrebbero potuto generare un’emorragia il cui esito riguardato ex ante era tutt’altro che scontato, ragion per cui sarebbe apprezzabile l’errore di interpretazione delle norme suindicate. Sostiene poi la difesa che il dolo doveva essere ritenuto nella forma del dolo alternativo, ragion per cui la sbrigativa motivazione sulla incompatibilità tra dolo eventuale e tentato omicidio sarebbe censurabile, risultando non già il risultato di un’analisi scrupolosa dei fatti e delle prove ma un postulato fondato su un convincimento a priori. Le prove positive del fatto contestato sarebbero state ignorate e quelle negative assurte a verità attraverso una deformazione, con il che si sostiene una contraddittorietà tra motivazione ed atti del processo.

2.2 inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 539, 540 e 597 c.p.p., per mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Lamenta la difesa che la corte non abbia provveduto direttamente alla liquidazione del danno, istanza che può essere formulata anche solo in appello senza violare il principio del divieto di reformatio in peius; la difesa sottolinea che non fu riconosciuto il diritto a provvisionale, con il che sussiste la necessità di un immediato ristoro per la parte civile, che in primo grado sarebbe stata ritenuta insussistente sulla base di una mera presunzione non verificata. I presupposti per la concessione della provvisionale, individuati ex art. 539 c.p.p., nulla hanno a che vedere con i giustificati motivi che devono ricorrere per ottenere la dichiarazione di provvisoria esecutività delle statuizioni. La richiesta di provvisoria esecuzione delle statuizioni non venne formulata dalla difesa in primo grado ma venne chiesta, anche in appello, la condanna a provvisionale.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

La motivazione della sentenza impugnata non si presta alle censure che sono state elevate, atteso che è stata correttamente desunta l’insussistenza di una volontà omicida in capo al C. sorretta da dolo diretto o quanto meno alternativo. La corte territoriale ha considerato i dati oggettivi della sede attinta e delle modalità di penetrazione del coltello usato nell’occasione, giungendo ad escludere sia l’idoneità degli atti che soprattutto l’univocità, con un’operazione interpretativa delle emergenze disponibili assolutamente in linea con il dato normativo. Infatti è stato sottolineato che le lesioni non determinarono pericolo di vita nè per il mezzo usato nè per la sede attinta, avendo fatto riferimento il consulente del pm – alle cui conclusioni si è richiamata la difesa di parte civile – al pericolo di vita in astratto.

Una volta esclusa l’apprezzabilità di un dolo diretto, la conclusione era obbligata, essendo principio consolidato del diritto vivente quello secondo cui il dolo eventuale non è compatibile con il tentato omicidio.

Parimenti privo di pregio è il secondo motivo dedotto, quello concernente la mancata condanna ad una provvisionale, poichè è stato affermato da questa Corte con arresto da cui non si intende doversi discostare, che è illegittima la statuizione del giudice di secondo grado quando essendo appellante solo l’imputato (come nel presente caso) questi sia stato condannato al pagamento di provvisionale in favore della parte civile, ove la domanda di quest’ultima sia stata rigettata, sia pure implicitamente, dal primo giudice, poichè opera, anche con riferimento alla materia delle statuizioni civili, il divieto di reformatio in peius (cft. Cass. sez. prima 4.2.2009, n. 13545). La parte civile, non avendo interposto appello per ottenere quanto a suo dire indebitamente negato dal primo giudice (condanna a versamento provvisionale), non poteva formulare la domanda in sede di appello (poichè sul punto il giudice di seconde cure non avrebbe potuto deliberare se non incorrendo in una violazione del principio del divieto di reformatio in peius), ragion per cui la doglianza nella presente sede è priva di fondamento.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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