Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-03-2011) 02-05-2011, n. 16788 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza della Corte d’appello di Palermo, sezione per i minorenni, in data 14.4.2010 veniva parzialmente riformata la sentenza del Tribunale per i minorenni di Palermo, in data 9.6.2009, che aveva condannato S.F. per il reato di porto e detenzione di arma da sparo, previa applicazione della diminuente di cui all’art. 98 c.p. e concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 400 di multa.

Secondo la Corte territoriale il giovane S. ebbe a seguire il padre, titolare dell’arma, per compiere un’azione dimostrativa nell’ambito di una lite insorta con i familiari della sua fidanzata, azione che si concluse con l’esplosione di colpi di arma all’indirizzo di costoro; di conseguenza veniva a lui addebitata solo la condotta del porto dell’arma, condotta in ordine alla quale non vi era stata dissociazione alcuna, laddove invece, quanto alla detenzione, veniva ritenuta condotta del tutto ascrivibile al padre, titolare dell’arma che custodiva all’interno dell’auto. Veniva rideterminata la pena in quella di mesi quattro di reclusione ed Euro 200,00 di multa, essendo la sanzione detentiva non suscettibile di riduzione, in ragione del fatto che fu inflitta in misura al di sotto del minimo legale.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato medesimo, nel frattempo divenuto maggiorenne, per dedurre mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in quanto a suo dire venne ritenuto colpevole del reato di porto illegale di arma sul semplice presupposto che ebbe ad affiancare il padre, S.N., quando questi sparò, laddove erano emerse circostanze che facevano escludere che avesse offerto alcun contributo causale, neppure sotto il profilo morale, alla condotta tenuta dal predetto. Veniva ribadito che al più si potrebbe rimproverargli il fatto di non aver impedito al genitore di tenere tale condotta, ma tale comportamento rientra nella connivenza non punibile, correttamente ritenuta dai giudici di merito quanto al reato di detenzione, considerato anche che nessun elemento portava a ritenere che il minore sapesse che il padre aveva un’arma e meno che meno dove la custodisse. Pertanto l’imputato eccepiva la contraddittorietà della sentenza che avrebbe affermato e negato contemporaneamente uno stesso principio, nonchè il vizio di motivazione, laddove è stato omesso di valutare che ai fini della configurabilità del concorso in detenzione o porto illegale di armi non è sufficiente che il minore abbia determinato il sorgere della lite, essendo necessaria la partecipazione alla disponibilità materiale dell’arma.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

La consapevole partecipazione del ricorrente all’attività di porto di arma, finalizzata ad un’azione aggressiva posta in essere dal padre è stata ritenuta sulla base di non corretti criteri inferenziali che rendono illogica e carente la motivazione: infatti il percorso argomentativo dei giudici di merito si è ancorato a due dati di riferimento, quello secondo cui la ragione del contendere stava nel fatto che l’imputato aveva messo in atto la "fuitina" con la giovane M.C. e che, nell’ambito della lite incorsa tra le due famiglie, il padre dell’imputato, unitamente a quest’ultimo si era recato presso la famiglia M., aveva prelevato l’arma dall’auto ed aveva sparato alcuni colpi all’indirizzo delle parti offese.

Se è da condividere la deduzione secondo cui S.F. fu la causa dell’insorgere della lite, non è ammissibile la ulteriore deduzione secondo cui egli avrebbe condiviso le modalità violente con cui il padre intese affrontare la famiglia avversaria.

Infatti, non è frutto di operazione lecita sotto il profilo del rigore logico l’avere desunto che lo S., per quanto concorrente nell’azione di risposta alla famiglia avversaria, fosse a conoscenza che questa risposta sarebbe stata data a mezzo del fuoco della pistola che il padre portava sull’auto. La mera adesione all’azione di risposta che lo S. indubitabilmente operò salendo in auto con il padre, non consente ancora di ritenerlo a conoscenza della presenza della pistola in auto e quindi della volontà di portare l’arma in luogo pubblico. Sul punto è bene ricordare che l’elemento soggettivo va identificato nella consapevole rappresentazione e nella volontà del partecipe di cooperare con altri soggetti alla comune realizzazione criminosa e che lo specifico connotato del profilo soggettivo del partecipe non modifica la fisionomia strutturale del dolo, trovando applicazione la regola generale, secondo cui esso deve investire tutto quanto costituisce il fatto criminoso, aderendo e adattandosi al concreto atteggiarsi del processo esecutivo (cfr. Cass. sez. prima, 18.2.2009, n. 10730).

Orbene, nel caso di specie i giudici di merito hanno valorizzato argomenti congetturali e di valenza probatoria non univoca, quali l’interesse dello S. ad affrontare la famiglia avversaria e la mancanza di dissociazione dal padre, argomenti che portano a concludere sulla condivisione di una volontà di risposta alla famiglia avversaria, ma non già di una volontà di condivisione "in tutto e per tutto delle scelte del padre", come affermato dalla corte pur in carenza di prova sulla consapevolezza della presenza in auto dell’arma , che ben potrebbe esser stata portata ed usata per scelta del padre dell’imputato medesimo del tutto autonoma e da costui quando l’arma venne estratta non condizionabile.

Si impone quindi, alla stregua della ricostruzione operata dai giudici del merito, l’annullamento della sentenza, senza rinvio, perchè l’imputato non ha commesso il fatto.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè l’imputato non ha commesso il fatto di cui al capo B) (porto illegale di arma) per cui ha riportato condanna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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