T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 02-05-2011, n. 3717 Incarichi Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio la parte ricorrente ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, deducendo censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto diversi profili, evidenziando quanto segue.

Con provvedimento emesso dall’Amministrazione comunale ai sensi dell’art. 110, D.Lgs. n. 267/2000, l’Ing. P.D.N. è stato nominato Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Castellammare di Stabia, ed ha ricoperto tale incarico anche in seguito alla trasformazione dell’Ufficio (avvenuta in data 15 ottobre 2008) in Settore Edilizia. L’incarico è cessato, alla scadenza naturale, in data 6.4.2010, all’esito della conclusione del mandato del Sindaco Salvatore Vozza.

Durante l’espletamento dell’incarico, per fronteggiare l’emergenza criminalità nel territorio stabiese, endemica ma acuita dall’omicidio di un consigliere comunale da parte della camorra, il Prefetto di Napoli, con provvedimento n. 1131 del 3 novembre 2009, adottato ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs. n. 267/2000, ha nominato la Commissione di Accesso agli Atti del Comune di Castellammare di Stabia con il compito di redigere una relazione sull’attività dell’ente comunale.

All’esito dell’attività di propria competenza, la citata Commissione ha redatto una relazione in base alla quale sono stati emanati il decreto ministeriale in data 4.5.2010 e la nota del Prefetto di Napoli del 6.5.2010, con i quali, tra l’altro, il ricorrente è stato sospeso dall’incarico nelle more dell’adozione, da parte dell’autorità competente, dei definitivi provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro a tempo determinato.

Ritenendo erronee le valutazioni eseguite dalla Commissione di Accesso agli Atti del Comune di Castellammare di Stabia ed illegittimi i conseguenti provvedimenti adottati, l’Ing. D.N. ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando domande di annullamento degli atti indicati in epigrafe e di risarcimento dei danni patiti in relazione alla propria immagine (per il risalto che i provvedimenti hanno avuto sulla stampa, in relazione alle censure aventi ad oggetto l’operato del dirigente) ed alla perdita di chance (in quanto i medesimi provvedimenti hanno precluso il prosieguo dell’attività professionale del ricorrente).

Le Amministrazioni resistenti, costituitesi in giudizio, hanno sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne hanno chiesto il rigetto.

All’udienza del 24 marzo 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente, il Collegio respinge le eccezioni di difetto di giurisdizione e di carenza di legittimazione passiva avanzate dal Comune di Castellammare di Stabia in quanto: – la prima è del tutto generica oltre che infondata, atteso che il ricorrente contesta la legittimità di provvedimenti amministrativi discrezionali ritenuti illegittimi e fonti di danno, la cui contestazione rientra nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo; – la secondo è infondata perché l’Ing. D.N., oltre a chiedere l’annullamento degli atti impugnati, ha avanzato richiesta di risarcimento danni imputando anche all’Amministrazione comunale un comportamento che ha concorso all’emanazione degli atti contestati e, quindi, al verificarsi dell’affermato pregiudizio concretizzatosi a proprio danno.

2. Ciò posto, va osservato che il ricorrente ha proposto avverso gli atti impugnati i seguenti motivi di ricorso:

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 143, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000, come modificato dalla legge n. 94/2009 – Falso presupposto – Contraddittorietà – Eccesso di potere e travisamento dei fatti.

Nella cd. "Scheda 1" redatta dalla Commissione di Accesso agli Atti del Comune di Castellammare di Stabia, posta a fondamento degli altri provvedimenti impugnati, sono stati erroneamente formulati rilievi e sollevate contestazioni all’operato dell’Ing. D.N. per fatti connessi alla sua attività dirigenziale ed, in particolare, alle seguenti materie e procedimenti: a) "Controllo del territorio Abusivismo edilizio e provvedimenti autorizzativi"; b) "Contratti di quartiere procedura relativa a interventi nel settore dell’edilizia residenziale sovvenzionata da realizzare nell’ambito del p.r.u."; c) "Concessioni di aree demaniali agli alberghi delle terme". Tali rilievi e contestazioni, a parere del ricorrente, sono da considerare del tutto erronei in quanto basati su accertamenti sbagliati e su circostanze non rispondenti alla realtà dei fatti.

II) Erroneità della motivazione – Contraddittorietà – Carenza o erroneità dell’istruttoria.

Sotto questo profilo il ricorrente rileva che i provvedimenti impugnati sono stati assunti nonostante che egli avesse portato a termine il proprio rapporto contrattuale con l’Amministrazione comunale in virtù dell’avvicendamento seguito alle elezioni amministrative. Ciò concretizza un profilo di abnormità degli atti contestati, atteso che non sussisteva interesse concreto dell’Amministrazione alla sospensione del rapporto e alla risoluzione del contratto. Peraltro, stranamente, all’esito dell’indagine della Commissione non sono stati adottati provvedimenti nei confronti degli organi elettivi sicché l’Ente non è stato sciolto.

I provvedimenti impugnati – assunti malgrado l’interessato non avesse mai subito, nel corso della propria attività professionale, provvedimenti disciplinari, godendo di alta considerazione e diffusa stima – sono stati adottati malgrado la correttezza del comportamento del ricorrente, provocandogli un grave danno all’onorabilità ed alla propria attività lavorativa. I suddetti provvedimenti sono stati, infatti, ampiamente pubblicizzati dalla stampa locale (e ripresi da quella nazionale) a seguito di dichiarazioni pubbliche rese dal Sindaco della nuova amministrazione comunale.

III) Danni subiti dal ricorrente – Danni non patrimoniali – Perdita di chance – Lesione alla reputazione e all’immagine professionale.

L’Ing. D.N., per effetto dei provvedimenti impugnati ha subito danni di natura patrimoniale (legati, in particolare, al mancato rinnovo dell’incarico dirigenziale), alle aspettative di crescita professionale e di sviluppo lavorativo e di carriera, che si è concretizzato nell’impossibilità di esplicare funzioni e mansioni corrispondenti al bagaglio professionale acquisito e nel pregiudizio arrecato ai risultati conseguiti, incidendo in maniera difficilmente riparabile su diritti personali quali quello all’elevazione professionale nonché quelli connessi alla posizione sociale acquisita nel luogo di lavoro.

Inoltre, va tenuto conto e risarcito il discredito subito dall’interessato a causa delle infamanti accuse subite e la lesione, non solo della immagine professionale (aggravata dal risalto che hanno avuto i provvedimenti sugli organi di stampa per incaute dichiarazioni pubbliche), ma più in generale della stessa reputazione, con gravi riflessi sulla stessa identità personale del ricorrente e sulla sua dignità, in quanto le notizie infamanti si sono diffuse presso la collettività e nell’ambito professionale di riferimento nel quale l’Ing. D.N. è stato descritto come soggetto incline a intimidazioni e pressioni.

3. Le Amministrazioni si sono difese in giudizio depositando note e documenti relativi alla vicenda, contestando le censure avanzate dalla parte ricorrente, affermando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

4. Il Collegio – sulla base dell’esame della disciplina applicabile alla fattispecie e di quanto emerge dalla documentazione prodotta in giudizio – ritiene che il ricorso sia fondato in relazione alle censure contenute nel secondo motivo di ricorso, indicato al precedente punto sub 2.II), per le ragioni di seguito indicate.

4.2. L’art. 143, comma 5, d.lgs. n. 267/2000, stabilisce che "Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell’ente locale, con decreto del Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell’autorità competente".

In sostanza, la norma indicata consente, tra l’altro, di sospendere dall’impiego il dipendente – anche ove si tratti, come nella fattispecie, di un dirigente legato all’Ente locale da un rapporto a tempo determinato – al fine di far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente.

E’ ovvio quindi, che qualora il provvedimento abbia ad oggetto (come nel caso di specie) un incarico a tempo determinato, la "sospensionè può intervenire solo in costanza di tale rapporto e, quindi, quando l’incarico è ancora in corso e non dopo la sua scadenza. Se così non fosse, del resto, il provvedimento sarebbe inutile anche perché non avrebbe alcuna rilevanza al fine di "far cessare immediatamente il pregiudizio in atto", considerato che il dirigente cessato dall’incarico non potrebbe più incidere in alcun modo sulla "vita amministrativa dell’ente".

E’ pacifico in causa (e la circostanza è stata ammessa anche dalla Difesa erariale: cfr. pag. 2 della memoria depositata il 16.2.2011) che il ricorrente abbia assunto nel 2005 l’incarico di Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Castellammare di Stabia (ed abbia ricoperto tale incarico, anche in seguito alla trasformazione dell’Ufficio, avvenuta in data 15 ottobre 2008, in Settore Edilizia) e che l’incarico sia cessato in data 6.4.2010, all’esito della conclusione del mandato del Sindaco Salvatore Vozza.

Pertanto, un provvedimento del genere di quello impugnato avrebbe potuto essere adottato all’interno di questo arco temporale e non oltre.

Il Prefetto di Napoli, con provvedimento n. 1131 del 3 novembre 2009 adottato ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs. n. 267/2000, ha correttamente nominato la Commissione di Accesso agli Atti del Comune di Castellammare di Stabia con il compito di redigere una relazione sull’attività dell’ente comunale.

La Commissione ha correttamente operato e adeguatamente istruito il procedimento. All’esito dell’attività di propria competenza, la citata Commissione ha redatto una relazione in base alla quale il Prefetto di Napoli ha avanzato una proposta ex art. 143 D.lgs. n. 267/2000.

Tuttavia, mentre tutti questi atti risultano tempestivi (in quanto posti in essere in costanza del rapporto intercorrente tra il ricorrente e l’Amministrazione comunale), va considerato tardivo il decreto ministeriale in data 4 maggio 2010 con il quale il ricorrente è stato sospeso dall’incarico nelle more dell’adozione, da parte dell’autorità competente, dei definitivi provvedimenti concernenti il rispettivo rapporto di lavoro a tempo determinato.

Ciò in quanto, come detto, l’incarico era ormai "cessatò in data 6 aprile 2010 e, quindi, non avrebbe potuto più essere "sospeso’.

4.3. Vanno, invece, disattese le censure contenute nel primo motivo di ricorso (sopra indicato al punto 2.I) in quanto, dall’esame degli esiti degli accertamenti svolti e formalizzati dalla Commissione di Accesso agli Atti del Comune di Castellammare di Stabia e dai riscontri documentali offerti dagli atti depositati in giudizio:

– emerge, in relazione al "Controllo del territorio Abusivismo edilizio e provvedimenti autorizzativi", che nel periodo di esercizio delle funzioni dirigenziali nel settore urbanistico dell’ing. D.N. presso il Comune di Castellammare di Stabia, sono stati posti in essere pochissimi abbattimenti di opere di modesta entità, a fronte di un gran numero di accertamenti di manufatti abusivi nel quinquennio 20052009;

– risulta, relativamente ai "Contratti di quartiere procedura relativa a interventi nel settore dell’edilizia residenziale sovvenzionata da realizzare nell’ambito del p.r.u.", una serie di dubbi in ordine all’annullamento della prima gara di appalto da parte del R.U.P., ing. D.N., e l’indizione di nuova gara che, di fatto, ha comportato la riapertura dei termini consentendo la partecipazione della D.L.G.I. spa e dell’A.T.I. C.G.C. – P. s.r.l. – S.I.R. s.r.l. – P.S. s.r.1. (poi risultata aggiudicataria);

– emerge, in relazione alle "Concessioni di aree demaniali agli alberghi delle terme", che nell’ambito del procedimento diretto a concedere a tre alberghi (H.P., H.V.S. e H.E.), ubicati in prossimità delle Nuove Terme di Stabia, l’uso del sottosuolo della via comunale Miscongiuri al fine di realizzarvi un sistema di collegamento diretto con l’edificio termale, è stato rilasciato un permesso di costruire che assentiva ai tre alberghi l’esecuzione dei lavori, malgrado per l’H.E. risultasse un abusivo cambio di destinazione d’uso.

4.4. Infine, va rigettata la domanda di risarcimento danni contenuta nel terzo motivo di ricorso (cfr. punto 2.III), sia per quanto detto al precedente punto 4.3, sia perché l’interessato ha affermato di aver subito pregiudizi patrimonialmente valutabili, ma non ha fornito adeguati elementi di prova – omettendo, così, di ottemperare all’onere di cui all’art. 2697 c.c. – limitandosi ad rilevare: il mancato rinnovo dell’incarico dirigenziale presso il Comune di Castellammare di Stabia (circostanza irrilevante, in quanto l’Amministrazione non aveva alcun obbligo al riguardo e non risulta che il mancato rinnovo sia stato determinato dai fatti oggetto di causa); l’impossibilità di esplicare funzioni e mansioni corrispondenti al bagaglio professionale acquisito (senza fornire elementi di riscontro in relazione a tali presunte circostanze); il discredito patito a causa delle accuse subite e la lesione all’immagine professionale aggravata dal risalto che hanno avuto i provvedimenti sugli organi di stampa (producendo, al riguardo, alcuni articoli aventi ad oggetto gli sviluppi degli accertamenti eseguiti dalla Commissione di Accesso agli Atti del Comune di Castellammare di Stabia).

5. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

6. Sussistono validi motivi per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa, in considerazione della particolarità della vicenda e delle questioni trattate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– annulla gli atti impugnati nelle parti riguardanti il ricorrente;

– rigetta la domanda di risarcimento danni;

– compensa le spese di lite.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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