Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-03-2011) 02-05-2011, n. 16796 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a chiesto di respingere il ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 2.7.2010 veniva rigettata dalla corte d’appello di Torino l’istanza formulata in sede di esecuzione da M.A., di applicazione del regime del reato continuato, in relazione ai reati per i quali aveva riportato condanna con sentenze 12.3.2008 gup Torino e 15.6.2009 corte d’appello Torino per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, sul presupposto che dopo un periodo di due mesi circa di custodia cautelare il M. aveva chiesto ed ottenuto l’applicazione della pena con il beneficio della sospensione condizionale della pena, nel marzo 2008; che solo un mese dopo, al medesimo veniva rinvenuta sostanza stupefacente presso l’abitazione, il che portava a supporre che la successiva ricaduta andasse ricondotta ad una nuova deliberazione delittuosa, intervenuta dopo la cesura rappresentata da un significativo periodo di detenzione.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’interessato, per dedurre:

2.1. mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in quanto sarebbe stata riconosciuta particolare rilevanza al periodo di custodia cautelare sofferta, laddove la giurisprudenza ha ripetuto che la controspinta psicologica costituita dalla condanna o dall’arresto non è necessariamente inconciliabile con la persistenza dell’unicità del disegno criminoso.

Viene quindi contestato che sia stata operata una valutazione in concreto, poichè non sarebbe stata data contezza del fatto che la prima condanna abbia operato come momento interruttivo del disegno criminoso; non sono stati presi in considerazione gli indici ritenuti dal diritto vivente come indicatori della identità del disegno.

2.2 inosservanza ed erronea applicazione di norme penali, in particolare dell’art. 81 c.p., avendo ritenuto il giudice come causa ostativa all’applicazione art. 671 c.p.p. il fatto che M. abbia commesso in tempi ravvicinati due violazioni della stessa disposizione di legge.

2.3 Inosservanza o erronea applicazione di norme di legge in relazione all’art. 81 c.p., in quanto esula dai presupposti per l’applicazione del regime del reato continuato qualsiasi considerazione sulla meritevolezza o meno del reo (considerazione invece operata dal giudice dell’esecuzione), avendosi riguardo non ad un beneficio, bensì ad una formula per mitigare il trattamento punitivo.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di respingere il ricorso, in quanto l’ordinanza è immune da vizi logici e poichè non è stata offerta prova dall’istante di unicità di disegno.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.

La motivazione del provvedimento impugnato è peraltro condivisibile solo nel punto in cui è stato sottolineato il carattere assolutamente occasionale della seconda violazione di legge in cui incorse l’istante, che mal si riconduce ad un progetto unitario, coinvolgente anche il primo reato, a fronte di un’assoluta mancanza di allegazione di elementi specifici a sostegno della asserita sussistenza di un unico deliberato, preesistente rispetto all’inizio dell’attività delittuosa di cui si macchiò il M., almeno in linea di massima.

E’ infatti regola interpretativa consolidata quella secondo cui non sono bastevoli ad accreditare l’unicità di progetto l’identità dei titoli di reato, la continuità cronologica dei delitti, l’omogeneità delle condotte, essendo necessario comprovare elementi unificanti le singole violazioni tali da confermare la loro rispondenza ad una programmazione unitaria, preesistente le singole violazioni.

Non sono invece pertinenti i richiami alla meritevolezza operati dal giudice a quo – poichè il profilo non ha alcuna ricaduta sull’accertamento del progetto unitario -, nè soprattutto il riferimento al periodo di carcerazione, ritenuto dal giudice a quo prova di soluzione di continuità tra i due episodi delittuosi tale da interrompere qualsivoglia legame tra gli stessi, poichè secondo costante giurisprudenza di questa Corte, da cui non si ritiene di doversi discostare, l’arresto del soggetto dopo la commissione del reato non è di per sè idoneo ad escludere la sussistenza del medesimo disegno criminoso con i reati successivamente commessi, nè è ostativo all’applicabilità del regime del reato continuato, competendo al giudice la verifica se in concreto l’arresto abbia costituito momento di frattura nella unicità del disegno e quindi valida ragione per escludere la continuazione (cfr. Cass. sez. quarta, 6.3.2007, n. 20169).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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