T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 02-05-2011, n. 3726 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

bale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – Che con il ricorso notificato contro il Comune di Riano in data 28.06.2003 la società C.I. ha impugnato l’ordinanza n.8 del 28.01.2003 con la quale si ordinava alla stessa di sospendere i lavori in corso e di provvedere alla demolizione delle opere abusive. Con il detto ricorso è stata anche avanzata istanza cautelare che è stata accolta con ordinanza n.233 del 15.01.2004 "fino alla pronuncia dell’ Amministrazione comunale sulla domanda di sanatoria presentata dalla soc. ricorrente ex art.32 D.L. 30.09.2003 n.269 conv. dalla legge 24.11.2003 n. 326, in data 9.12.2003 (prot. n. 9812)".

2 – Che successivamente la società la proposto il 2.1.2010, "motivi aggiunti di ricorso ed integrazione delle conclusioni", chiedendo il risarcimento del danno ingiusto subìto "per tutto l’iter procedimentale di cui trattasi e per il complessivo comportamento del Comune di Riano in violazione di tutti i principi di ragionevolezza, trasparenza che sovrintendono l’attività amministrativa in genere, culminati nel duplice sequestro del cantiere effettuato su iniziativa erronea della P.M. di Riano e solo convalidati successivamente dalla Procura della Repubblica di Tivoli". Infatti, "da tali comportamenti, protrattisi nel tempo per oltre 5 anni sino alla necessitata cessione della quasi totalità dell’ opera da edificare, stante la totale inerzia del Comune di Riano rispetto a qualunque iniziativa assunta dalla società C.I., è derivato certamente un danno ingiusto alla parte,danno legato indissolubilmente da nesso causale" e quindi da risarcire;

3 – Che il Comune di RIANO si è costituito in giudizio con atto depositato il 2.11.2010, depositando in tale data ed in data 4 novembre 2010 numerosi documenti, e che in vista dell’udienza di merito (che ha subito un rinvio su richiesta di parte ricorrente per motivi procedurali), entrambe le parti hanno ulteriormente argomentato le rispettive posizioni con successive memorie molto puntuali ed analitiche;

4- Che deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di parte resistente, circa l’improcedibilità del ricorso e dei conseguenti motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di interesse e/o di legittimazione, per l’ intervenuta alienazione dell’intero complesso edilizio e per il successivo rapido ottenimento, da parte del soggetto subentrante, di un permesso di costruire in sanatoria con conseguente revoca delle precedenti domande edilizie;

5 – Che la predetta eccezione va peraltro disattesa, sia in quanto l’alienazione, secondo le allegazioni dalla ricorrente, non ha riguardato l’intero compendio immobiliare oggetto della controversia, sia in quanto con i motivi aggiunti l’oggetto del contendere è traslato sul risarcimento del danno che sarebbe derivato alla ricorrente proprio dal comportamento illegittimamente penalizzante e dilatorio del Comune, che la avrebbe costretta ad alienare l’immobile a valori molto inferiori a quelli di mercato alla società subentrante, la quale a propria volta avrebbe inaspettatamente ottenuto la completa remissione della controversia in tempi molto rapidi;

6 – Che, nel merito, premette il Collegio che con il ricorso la società C.I. lamenta con l’unico motivo del ricorso principale la pretesa illegittimità dell’ ordinanza impugnata in quanto non sarebbe stata specificata la norma violata, nonché per eccesso di potere sotto plurimi profili sintomatici, ed in particolare per travisamento dei fatti ed insussistenza della violazione contestata. Tali ultime censure sono condivise dai motivi aggiunti, che, come sopra indicato, ricollegano alle lamentate violazioni del "giusto procedimento" un danno patrimoniale da risarcire;

7 – Che ai fini della decisione appare necessario procedere alla ricostruzione della situazione di fatto e di diritto, assai complessa per la sovrapposizione di più procedure e per il lungo periodo di tempo occupato, secondo le diverse ed opposte tesi delle parti in causa;

8 – Che una prima censura concerne, come sopra indicato, l’illegittimità dell’ ordinanza impugnata sotto il profilo motivazionale, in quanto non sarebbe stata specificata la normativa violata e comportante la riduzione in pristino;

9 – Che, secondo parte resistente, nell’ordinanza n.8/2003 venivano viceversa richiamate le leggi n. 1150/42, n.765/67, n.10/77 ed infine l’ultima legge n.47 del 28.02.1985 e venivano contestate ed indicate in modo preciso le opere realizzate abusivamente e sottoposte di conseguenza a sequestro penale sin dal 15.05.2002, e che del tutto legittimamente era quindi ordinato di sospendere i lavori e di provvedere entro 90 giorni alla demolizione delle opere abusive in conformità alle previsioni della legge n.47/1985, che disciplina i provvedimenti sanzionatori in caso di abusivismo senza lasciare alcun margine di discrezionalità al Comune;

10 – Che, quanto alle ulteriori censure, parte ricorrente censura, inoltre, il comportamento del Comune che pur dopo aver riportato nell’ordinanza l’avvertenza che sarebbe stato possibile ottenere la concessione in sanatoria ove sussistessero le condizioni indicate, e nonostante che alla data del 28 gennaio 2003 fossero stati già emessi due pareri favorevoli nel settembre e nel dicembre 2002 nonché incamerata la somma di E 9.160,00 versata a titolo di oblazione, si attardava invece in successive richieste istruttorie e di integrazione documentale che sortivano l’effetto di prolungare indebitamente il sequestro penale del cantiere;

11 – Che anche tali censure vengono contestate da parte resistente, secondo cui in calce alla domanda di concessione in sanatoria ex art.12 della L. n.47/1985 presentata dalla società ricorrente per la modifica delle quote di imposta dei locali sottotetto a servizio di sette unità abitative a schiera, era riportato il parere, non favorevole bensì sospensivo, emesso in data 15.07.2002 dalla Commissione Edilizia in quanto " la perizia giurata non sarebbe stata redatta in conformità a quanto statuito dall’ art. 1 della legge 392/78 ed in quanto si era ritenuta necessaria un’ulteriore perizia giurata sullo sfalzamento delle quote di imposta del fabbricato". Inoltre, con successiva nota del 01.10.2002 prot. 4125 il Responsabile del Servizio comunicava che la Commissione edilizia aveva espresso parere favorevole nella seduta del 17.09.2002, a condizione che la pratica venisse integrata con la documentazione ivi indicata, e cioè con l’integrazione della perizia giurata con il calcolo specifico del costo di produzione determinato ex L. 392/1978, mentre per l’altra istanza del 28.02.2002 di variante in corso d’opera veniva richiesta una perizia giurata del Direttore dei Lavori, sulla dimostrazione delle quote di imposta del piano interrato e le differenze rispetto al progetto autorizzato con la concessione edilizia n. 2001/63 del 17.05.2001. Veniva infine precisato che " i conteggi relativi alla sanzione ex art. 12 della legge n.4 7/85 ed il conseguente rilascio della concessione a sanatoria avrebbe potuto essere effettuato solo dopo le predette produzioni documentali;

12 – Che nel frattempo, secondo la ricostruzione di parte resistente, in data 2.09.2002 il medesimo responsabile del Servizio aveva inviato al Comando di Polizia Municipale una dettagliata Relazione Tecnica, a seguito della nota della Procura di Tivoli dell’ 8.8.2002, nella quale venivano indicati i seguenti abusi edilizi: aumento di cubatura a seguito dell’innalzamento di cm. 40,00 della quota di imposta della falda del sottotetto con conseguente aumento di cubatura pari a mc. 53,62; 2) modifica della copertura del fabbricato con innalzamento della falda del tetto di cm. 40,00 con conseguente modifica delle altezze interne degli abbaini;

13 – Che la società ricorrente presentava la richiesta perizia giurata integrativa con i dati del maggior volume realizzato rispetto al progetto, le esatte misurazioni ed i conteggi del costo di costruzione ai fini di determinare l’ oblazione e, in data 11ottobre 2002, presentava altra perizia giurata con i chiarimenti tecnici richiesti sul profilo del terreno, sull’abbassamento di quota, sulla previsione di un nuovo muro per contenere la terra di riempimento. Successivamente, la medesima società diffidava il Comune al rilascio della concessione in sanatoria con nota del 7.11.2002, ma ancora il responsabile del servizio, a seguito di esposti presentati dai proprietari dei lotti limitrofi, eseguiva un sopralluogo al fabbricato e riscontrava "delle macroscopiche difformità tra quanto riportato nei progetti di cui alle istanze presentate ed esaminate dalla Commissione Edilizia nelle sedute del 17.09.2002 e del 23.12.2002, e l’attuale stato dei luoghi per ciò che concerne le sistemazioni esterne, le quote di imposta di vari livelli dell’immobile e le murature di contenimento da realizzare per consentire il rinterro dei locali posti al piano interrato", chiedendo quindi la presentazione di una ulteriore perizia giurata, a firma di un tecnico abilitato, " dove con profili e sezioni sia longitudinali che trasversali e piano quotato ante e post operam venga rappresentata la costruzione con le quote di imposta dei vari livelli", chiarendo inoltre che l’oblazione per il rilascio della concessione in sanatoria ex art. 12 Legge 47/85, doveva ritenersi essere stata versata arbitrariamente in assenza di una debita richiesta;

14 – Che, narra parte resistente, con successiva nota del 14.03.2003 il responsabile del servizio sollecitava, poi, alla società la presentazione di una perizia giurata per chiarire le "macroscopiche difformità" riscontrate e di cui alla nota precedente, e ribadiva nuovamente che la somma versata a titolo di oblazione "non è stata affatto richiesta dallo scrivente Ufficio bensì versata su spontanea iniziativa" ed era pertanto disponibile per la sua restituzione. La società ricorrente solo dopo due mesi, con nota 21.05.2003, provvedeva ad integrare la documentazione richiesta inviando i piani quotati, i profili e le quote di imposta delle singole unità abitative, sennonché l’Ufficio tecnico, esaminati i detti elaborati grafici, con nota del 13.06.2003 ne rilevava l’incompletezza rispetto a quanto già richiesto ed chiedeva un’integrazione, giunta in data 11 luglio 2003 mediante una nuova perizia tecnica giurata con documentazione grafica e fotografica;

15 – Che veniva poi presentata dalla società ricorrente domanda di condono edilizio avente ad oggetto le varie difformità dal titolo abilitativo ed interveniva infine la vendita del complesso immobiliare alla società R.C.D. Immobiliare giusto atto pubblico del 22.12.2005. La suddetta società R.C.D. in data l0 marzo 2006 presentava in Comune -prot. 2914- domanda per ottenere permesso di costruire in sanatoria intestato alla stessa quale nuova proprietaria nonché, in pari data, istanza, per "l’annullamento dell’istanza di concessione in sanatoria prot. 4125 del 28.05.2002 in applicazione dell’art. 12 della legge 47/85 in quanto priva di efficacia in virtù della intervenuta successiva domanda di condono edilizio prot. 9812 del 9.12.2003 per le medesime opere abusive oggetto di sanatoria". La nuova proprietaria soc. RCD s.r.l. depositava altresì una dettagliata relazione tecnica con la descrizione delle opere delle quali si chiedeva la sanatoria ai sensi degli artt. 36 e 37 del DPR 380/2001 ed il relativo elaborato progettuale. A distanza di soli quaranta giorni dalla presentazione (10.03.2006) il progetto veniva quindi approvato dalla Commissione Edilizia nella seduta del 20.04.2006 ed il responsabile del procedimento rilasciava il 16.05.2006 il permesso di costruire in sanatoria n.06/038, ritirato dalla soc. R.C.D. Immobiliare il giorno stesso del suo rilascio;

16 – Che la società ricorrente contesta taluni punti della predetta ricostruzione offerta da parte resistente, deducendo in particolare che la prima richiesta di variante in corso d’opera (al fine di rettificare le quote iniziali utilizzate dalla società ricorrente nel progetto, certificate come esatte dal Comune resistente al momento di rilasciare la concessione ed invece risultate erronee) risaliva al febbraio 2002, e di essa non c’è mai sta rinuncia da parte dell’ avente causa subentrata nella proprietà;

17 – Ancora, che il primo parere favorevole della Commissione edilizia, era relativo alla istanza di sanatoria del febbraio 2002 e non del maggio 2002 come erroneamente indicato dal Comune, e che, avendo nel novembre 2002 la Commissione, vista la perizia giurata del settembre 2002,espresso parere favorevole senza sospensione, è a quel momento (novembre 2002) che la concessione in sanatoria avrebbe dovuto essere rilasciata, mentre le successive richieste documentali si profilavano come afferenti a informazioni e documenti già in possesso del Comune ovvero riferiti ad ulteriori profili non preclusivi per il rilascio del titolo ed il riavvio del cantiere;

18 – Che la società ricorrente precisa altresì di aver avanzato domanda di condono finalizzata solo alla restituzione delle opere e con ogni riserva; e che la Procura di Tivoli ha rigettato due volte le istanze di restituzione in quanto per la restituzione del bene non era sufficiente la mera presentazione dell’istanza di sanatoria ma doveva essere rilasciata la concessione; ed infine che gli immobili sono stati dissequestrati a seguito delle dichiarazioni rese in dibattimento dal teste Cantoni, responsabile tecnico del comune di Riano, in quanto il fatto non costituiva violazione edilizia;

19 – Che la Difesa del Comune resistente ha a propria volta controargomentato sui predetti punti, confutando inoltre, con ampia argomentazione, che dai fatti descritti sia conseguito per la società ricorrente un danno ingiusto suscettibile di risarcimento, essendo, in particolare, la differenza di prezzo addebitabile ai ritardi di realizzazione dell’opera non direttamente dipesi dall’Amministrazione, che hanno portato alla sua vendita a cantiere aperto, e quindi ad un prezzo molto inferiore rispetto all’opera finita;

20- Che, quanto alla prima censura, direttamente concernente l’impugnata ordinanza, il Collegio condivide il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui l’omessa o non completa

indicazione delle norme violate non determina l’illegittimità di un ordine di demolizione, in quanto trattasi di un atto dovuto in presenza di opere realizzate senza titolo abilitativo, per il quale non necessita particolare motivazione in ordine alle norme violate trattandosi atto dovuto e vincolato a seguito dell’accertata violazione della normativa edilizia. La censura in esame non può quindi trovare accoglimento;

21- Che a diverse considerazioni si prestano le ulteriori censure, sostanzialmente comuni al ricorso principale ed ai motivi aggiunti, riferite al vizio di eccesso di potere sotto plurimi profili sintomatici, ed in particolare per travisamento dei fatti ed insussistenza della violazione contestata, ed inoltre per violazione dei principi di ragionevolezza e trasparenza che sovrintendono l’attività amministrativa in genere e per la frapposizione di adempimenti dilatori che hanno determinato l’ingiustificato arresto del procedimento;

22 – Che, infatti, dall’esame della complessa ed in parte ancora controversa ricostruzione della vicenda sopra effettuata, risulta, in ogni caso, che l’ordine di ripristino e soprattutto la sospensione del cantiere protrattasi per alcuni anni hanno riguardato una controversia circa le quote dei livelli, facilmente e rapidamente risolvibile mediante un sopralluogo ed un esame delle planimetrie in contraddittorio fra le parti, nonché circa talune mere irregolarità edilizie, concernenti in particolare un unico aumento dei volumi tecnici riferiti al colmo della copertura, suscettibili di rapido accertamento e di rapida definizione con variante in corso d’opera secondo i noti parametri di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità, che devono guidare l’attività amministrativa alla stregua dell’art. 97 della Costituzione;

23 – Che la fondatezza del ricorso sotto il predetto profilo determina l’annullamento degli atti impugnati (cui resta l’interesse, in ragione della parte di compendio non alienata) ed impone l’esame della domanda risarcitoria di parte ricorrente, che deve essere certamente accolta quanto alla condanna dell’Amministrazione alla restituzione, senza alcun indugio e con la maggiorazione degli interessi di legge dalla eventuale diffida di pagamento, di tutte le somme corrisposte al Comune dalla società ricorrente nel corso della vicenda in esame indebitamente e comunque senza causa ancorchè spontaneamente, pari ad Euro 9.106,09 per oblazione ed Euro 16.400,00 per condono edilizio, ed inoltre delle spese vive direttamente sostenute dalla medesima società per gli adempimenti procedurali richiesti dal Comune e rivelatisi, come sopra indicato, inutili superfetazioni di informazioni già rese o già disponibili o facilmente altrimenti ottenibili presso l’amministrazione, spese che, in mancanza di diversa documentazione, il Collegio ritiene equo liquidare in Euro 3.000,00;

24 – Che la domanda di risarcimento non può, viceversa, trovare accoglimento per la diversa e ben più consistente parte concernente il danno derivante dall’indebito ritardo della procedura di autorizzazione in sanatoria e dal conseguente indebito e prolungato fermo del cantiere (quantificata in Euro 110.000,00). Infatti, in disparte la mancanza di un principio di prova circa la quantificazione della differenza fra il guadagno realizzato con la vendita dell’immobile ancora in costruzione e quello ottenibile dalla sua tempestiva realizzazione e vendita, non risultando congruamente utilizzabile la stima ai diversi fini del mutuo ed in mancanza di indicazioni sul risparmio dei costi di costruzione e sulle diverse opportunità costruttive nelle more, a giudizio del Collegio assume rilievo decisivo la circostanza che la società ricorrente, apportando e poi mantenendo le indebite variazioni all’originario titolo costruttivo che hanno motivato l’azione autoritativa dell’amministrazione, ha contribuito in modo determinante alla catena causale che ha comportato il ritardo ed il conseguente lamentato danno, interrompendo il nesso eziologico fra il danno e l’accertato sviamento dai principi del corretto agire amministrativo;

25- Che dal solo parziale accoglimento della domanda risarcitoria e dalla complessità ed oggettive incertezza delle questioni dedotte discendono motivate ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto:

– annulla gli atti impugnati per quanto di interesse;

– condanna il Comune intimato al pagamento in favore della ricorrente, delle somme da essa indebitamente percepite, pari ad Euro 9.106,09 per oblazione ed Euro 16.400,00 per condono edilizio, maggiorate degli interessi di legge dal termine posto dalla richiesta di restituzione, nonché del risarcimento del danno, quantificato in via equitativa in complessivi Euro 3.000,00.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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