T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 02-05-2011, n. 3725 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Il sig. G.C. aveva presentato, con atto protocollato al Comune di Tivoli il 1.4.2004, domanda di sanatoria edilizia relativa a un edificio ad uso residenziale, realizzato in località Albuccione.

Con determinazione dirigenziale in data 18.7.2005 del Settore VI Urbanistica la domanda è stata respinta per il divieto di cui all’art. 3, comma 1, lett. a), della L.R. 8.11.2004 n. 12.

Il sig. C. ha impugnato la determinazione negativa con il presente ricorso.

Contesta la violazione dell’art. 8 della legge n. 241/1990, perché non gli è stato comunicato il nome del funzionario responsabile del procedimento. Deduce, inoltre, l’omissione di corretta attività istruttoria, giacché non è stata tenuta in conto la volontà delle amministrazioni interessate di recuperare le aree urbanizzate, tra le quali ricade anche l’immobile oggetto della domanda di condono, e di addivenire alle sanatorie previ risanamento e alienazione dei terreni. Peraltro la stessa Amministrazione comunale ha ingenerato l’aspettativa della sanabilità delle opere edilizie realizzate abusivamente sulle aree, procedendo in proprio alla bonifica del territorio e alla realizzazione di opere di urbanizzazione. Infine parte ricorrente lamenta la disparità di trattamento nei confronti di quanti, nelle medesime condizioni, hanno presentato domande di condono ancora inevase in attesa dell’iter avviato per l’alienazione delle aree urbanizzate e individuate nella deliberazione commissariale n. 24/1999.

Il Comune di Tivoli si è costituito in giudizio e ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, in quanto non è stato notificato alla Regione, ente controinteressato nella sua qualità di proprietario dell’area in cui insiste l’immobile abusivo. Nel merito eccepisce l’infondatezza dell’impugnazione, assumendo la correttezza dell’operato amministrativo alla stregua dell’art. 3 della L.R. n. 12/2004.

La causa è passata in decisione all’udienza dell’8 febbraio 2011.
Motivi della decisione

È infondata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune di Tivoli con riferimento alla omessa notifica del ricorso alla Regione Lazio, Amministrazione proprietaria dell’area sulla quale sorge la costruzione oggetto della denegata sanatoria. Poiché la qualità della Regione di proprietaria del terreno non risulta dall’atto impugnato, non c’è onere di notifica ad essa dell’impugnativa, ai sensi dell’art. 21 della legge 6.12.1971 n. 1034 (ora art. 41 c.p.a.).

Peraltro, nella prospettazione data dal ricorrente la Regione, al pari delle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento, non avrebbe interesse contrario alla sanatoria, avendo svolto attività finalizzata al risanamento delle aree urbanizzate e alla loro alienazione.

In effetti, con atto del 14.2.2001, il Consiglio Regionale aveva impegnato la Giunta a promuovere un incontro tra le parti coinvolte per addivenire a un protocollo d’intesa per la risoluzione dei problemi connessi alla definizione delle procedure da seguire per la vendita delle aree, alla delega ai Comuni per l’alienazione delle stesse e alla individuazione delle procedure maggiormente adeguate per il risanamento e il recupero dei terreni. Con delibera G.R. 3.12.2004 n. 1193 è stato affidato all’Agenzia del Territorio lo svolgimento delle attività di ricognizione dei terreni, di rilievo dello stato di fatto, di frazionamento e di determinazione dei valori che possono essere assunti quali basi di riferimento ai fini dell’applicazione dell’eventuale prezzo di alienazione.

Si tratta, invero, di attività antecedenti la determinazione di rigetto della domanda di sanatoria del sig. C., le quali tuttavia non fanno venir meno il divieto di sanatoria contenuto nel comma 1 lett. a) dell’art. 3 L.R. 8.11.2004 n. 12, per le opere edilizie realizzate su aree appartenenti al demanio dello Stato, della Regione e degli enti locali ovvero realizzate da terzi su aree di proprietà dei suddetti enti.

Il terreno ove insiste l’immobile realizzato dal sig. C. apparteneva al Pio Istituto Santo Spirito. Con la riforma sanitaria di cui alla legge 23.12.1978 n. 833 esso, quale bene da reddito, di proprietà di un ente ospedaliero disciolto (artt. 65 e 66 L. n. 833/1978), è stato trasferito al patrimonio del Comune di Tivoli, Amministrazione locale competente per territorio, e in seguito, ai sensi dell’art. 24 della L.R. 26.6.1994 n. 18, all’Azienda sanitaria di competenza e, quindi, al patrimonio della Regione Lazio.

È, peraltro, facoltà degli enti proprietari e attiene a una scelta discrezionale di ampia latitudine definire i criteri e le modalità di alienazione dei terreni, nonché quale parte del patrimonio debba divenire oggetto di vendita a privati. Per questo ogni attività ricognitiva e preliminare alla vendita dei terreni delle amministrazioni locali non esclude la reiezione delle domande di sanatoria per gli immobili in essi realizzati e perciò, qualora non si tratti di aree già individuate come oggetto di alienazione, non può dalle predette attività sorgere alcun tipo di aspettativa qualificata dei costruttori.

La richiamata norma di cui all’art. 3 della L.R. n. 12/2004, ostativa alla sanatoria degli immobili realizzati su aree di proprietà del demanio dello Stato, della Regione e degli enti locali, pone un dettato vincolante per le amministrazioni chiamate a pronunciarsi sulle istanze di condono, obbligate a respingerle alla condizione, avverata in fattispecie, dell’accertamento positivo della non conformità delle opere alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (T.A.R. Lazio, II bis, 8.1.2007 n. 52). Il carattere vincolante della disposizione incide sull’assetto procedimentale, determinandone la conclusione a senso unico e, di conseguenza, facendo assumere alle omissioni formali – quali la contestata mancanza di indicazione del funzionario responsabile del procedimento – carattere di mere irregolarità non invalidanti l’atto finale, giacché in nessun modo le attività e le osservazioni dell’interessato nell’ambito del procedimento avrebbero potuto determinare una soluzione diversa dal respingimento della domanda. Mentre l’ampia discrezionalità che connota le modalità di vendita dei terreni, la scelta di procedere ad essa e l’identificazione delle aree che ne costituiscano oggetto esclude la rilevanza della censura di disparità di trattamento con riguardo alle domande di sanatoria di soggetti diversi dal ricorrente, non ancora definite al momento dell’adozione del provvedimento di rigetto impugnato in questa sede.

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare, tra le parti, le spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione seconda bis, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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