Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-02-2011) 02-05-2011, n. 16869

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Sottoposta alla misura di sicurezza provvisoria del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, in relazione a un procedimento nel quale è imputata del delitto di cui all’art. 612 bis c.p., P. E. chiedeva al giudice per le indagini preliminari di Milano di dichiarare, in principalità, la cessazione della misura restrittiva per decorso del termine massimo di custodia cautelare, ovvero – in subordine – di farle conoscere i fatti da cui era desunta la sua pericolosità sociale.

L’ordinanza reiettiva del G.I.P. veniva impugnata dalla P. con appello al Tribunale del riesame, nel quale erano riproposte le sole ragioni attinenti alla contestata pericolosità sociale.

Con ordinanza in data 2 novembre 2010 il Tribunale confermava la statuizione impugnata. Motivava il deliberato osservando che la valutazione della pericolosità sociale della P. era già stata effettuata in precedenza, nel procedimento di appello avverso il diniego di una precedente istanza di revoca; con la conseguenza per cui si era formato sul punto il cosiddetto "giudicato cautelare", comportante la preclusione di ogni questione già ivi trattata, salvo il sopravvenire di fatti nuovi; di questi ravvisava l’assenza in concreto, nessun mutamento essendo apportato dall’unico elemento di novità allegato dall’appellante, costituito dalla certificazione con la quale il primario dell’ospedale psichiatrico giudiziario di (OMISSIS) aveva chiesto un giorno di permesso per consentire all’indagata di sottoporsi ad una visita di controllo preliminare al suo ingresso all’Istituto Fatebenefratelli di (OMISSIS), affermando che la P. era in buone condizioni di compenso clinico-comportamentale.

Ha proposto ricorso per cassazione l’indagata, per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo. Con esso sostiene non potersi dare applicazione ai principi del cd. giudicato cautelare nei casi in cui la pericolosità sociale deve essere periodicamente verificata ai sensi dell’art. 72 c.p.p., con disposizione della quale denuncia l’inosservanza; si richiama, altresì, alla documentazione prodotta già in precedenza, dimostrativa a suo avviso di una sensibile attenuazione della pericolosità sociale.

Con una nota successivamente trasmessa la ricorrente fa conoscere il suo perdurante interesse al ricorso, malgrado l’intervenuto trasferimento ad altra struttura.
Motivi della decisione

Preso atto del perdurante interesse della P. ad ottenere una pronuncia sulla denunciata illegittimità dell’ordinanza impugnata, va tuttavia rilevata l’infondatezza delle censure mosse col ricorso:

il quale è, pertanto, da rigettare.

La peculiarità dell’assetto normativo concernente l’accertamento della pericolosità sociale dell’imputato sottoposto a misura di sicurezza provvisoria, comportante la periodica rinnovazione dei relativi accertamenti, non è incompatibile con l’applicabilità del principio secondo cui la decisione scaturita da un pregresso procedimento incidentale, nel quale i rimedi attivabili in via d’impugnazione si siano esauriti, non può essere oggetto di successiva rimeditazione, se non al sopravvenire di fatti nuovi:

giacchè l’obbligo stesso di rinnovazione dell’accertamento di pericolosità ex art. 313 c.p.p., comma 2 si pone nella medesima logica di valorizzazione di fatti eventualmente sopravvenuti.

E’ dunque giuridicamente corretta la statuizione con cui il Tribunale del riesame, una volta escluso – in base a un apprezzamento, la cui appartenenza al merito lo rende insindacabile in questa sede – che la documentazione prodotta dall’appellante recasse elementi di novità tali da incidere sul giudizio di pericolosità sociale, ha negato la possibilità di una revisione dei precedenti deliberati.

Neppure può dirsi che nella statuizione assunta si concreti, per omessa rinnovazione dell’accertamento peritale, una violazione dell’obbligo di verificare periodicamente l’attualità della pericolosità sociale. Il ricorso della P. non precisa – come invece era necessario, per soddisfare il requisito di specificità – a quale data risalga l’ultimo accertamento peritale da cui far decorrere il termine fissato dall’art. 72 c.p.p.; ma, poichè la stessa ricorrente fa riferimento a una verifica svoltasi nel luglio 2010 (dunque anteriormente alla formazione stessa del giudicato cautelare), è agevole trame la conclusione che il semestre non si fosse ancora concluso all’epoca della decisione del G.I.P., assunta il 21 settembre 2010, e nemmeno alla data stessa dell’ordinanza qui impugnata.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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