Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-08-2011, n. 17060 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato i coniugi B. C.B. e Ca.Lu. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Perugina, C.A. e C.L. per ottenere, ex art. 2932 C.C., sentenza costitutiva per il trasferimento della proprietà degli immobili oggetto del contratto preliminare di vendita concluso fra le parti il 9.1.1998.

Si costituivano i convenuti deducendo che il trasferimento di proprietà non poteva essere effettuato senza la preventiva individuazione, da parte degli attori, dei confini dei terreni compravenduti, nonchè della redazione del frazionamento e del certificato di destinazione urbanistica.

Con sentenza non definitiva 31.1.2002 il Tribunale di Perugia disponeva, ex art. 281 sexies c.p.c., il trasferimento di proprietà degli immobili ponendo a carico dei promissori acquirenti il pagamento del conguaglio in denaro, come previsto nel contratto preliminare. Avverso tale decisione C.A. e C. L. proponevano appello cui resistevano i coniugi B. – Ca..

La Corte di Appello di Perugia, con sentenza in data 17.3.2005, respingeva l’appello e la domanda riconvenzionale di risarcimento danni per lite temeraria, con condanna degli appellanti al pagamenti di due terzi delle spese di lite e compensazione del residuo terzo.

Rilevava la Corte di merito: contrariamente quanto sostenuto dai promissari acquirenti, i promittenti venditori non avevano assunto alcun obbligo di provvedere, prima della stipula dell’atto definitivo di vendita, all’apposizione dei confini ed alla delimitazione della proprietà degli immobili promessi in vendita, essendosi i coniugi B. impegnati solamente a provvedere al frazionamento dell’immobile,regolarmente eseguito, come accertato mediante C.T.U.;

evidenziava, inoltre, che risultava regolarmente acquisito in atti il certificato di destinazione urbanistica rilasciato il 3.4.2001. Tale decisione era impugnata con ricorso per cassazione da C. A. e C.L. sulla base di tre motivi. Resistevano con controricorso B.C.B. e Ca.Lu.. I ricorrenti ed i resistenti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione

I ricorrenti deducono:

1) omessa insufficiente motivazione sulla denunciata violazione dell’art. 281 seties c.p.c., posto che la sentenza di primo grado non conteneva alcun richiamo alle ragioni di fatto e di diritto su cui era stata fondata;

2) nullità della sentenza impugnata per avere la Corte di Appello tenuto conto del certificato di destinazione urbanistica rilasciato il 3.4.2001 e prodotto il 26.6.2001, oltre il termine perentorio previsto dall’art. 184 c.p.c. ed essendo stato operato il trasferimento dell’immobile nonostante l’inammissibilità della tardiva produzione in primo grado di detto certificato;

3) erronea interpretazione della lettera 20.4.98 con cui i promettenti venditori si erano impegnati ad effettuare la "riconfinazione per apporre i termini" e nullità della sentenza per omessa indicazione dei confini. Il ricorso è infondato.

Il primo motivo è inammissibile, posto che, a fronte della pronuncia con cui la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile, per genericità, la censura relativa alla violazione dell’art. 281 sexties c.p.c., i ricorrenti non hanno contestato la rilevata genericità. Com’è noto nel giudizio di Cassazione il ricorrente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, ha l’onere di indicare specificatamente i motivi di impugnazione e gli errori contenuti nella sentenza impugnata, non essendo la Corte di legittimità tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo (Cfr. Cass. n. 18242/2003).

Del pari inammissibile è la seconda censura, considerato che la sentenza impugnata ha solo affermato che il certificato di destinazione urbanistica risultava regolarmente in atti; costituisce, quindi, questione nuova quella della tardività della sua produzione, come tale inammissibile, implicando un accertamento in fatto.

Quanto,infine, al terzo motivo di ricorso è sufficiente rilevare che, a fronte di quanto osservato dai giudici di appello sulla interpretazione del contenuto della lettera 20.4.1998, nel senso che, laddove si parlava di riconfinazione ed apposizione di termini, doveva farsi riferimento all’obbligo assunto dai promittenti venditori di provvedere al frazionamento dell’immobile oggetto del contratto preliminare, incombeva ai ricorrenti fornire specifica dimostrazione del modo in cui il ragionamento del giudice di merito aveva deviato dalle regole in tema di interpretazione di detta lettera, riportandone il testo, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (Cfr. Cass. n. 11477/2010;

n. 4948/2003).

Non è consentito, infatti, alla Corte di legittimità, tranne nel caso di denuncia di "error in procedendo", ricercare i fascicoli di parte per esaminare il documento che si assume inficiato da erronea interpretazione. Alla stregua di quanto osservato il ricorso a rigettato. Consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di Cassazione, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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