Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-03-2011) 02-05-2011, n. 16878

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.R. è sottoposto a indagine con riferimento ai delitti di partecipazione ad associazione camorristica, estorsione aggravata (anche ai sensi L. n. 203 del 1991, art. 7) e continuata, corruzione (aggravata anche ai sensi L. n. 203 del 1991, art. 7).

Nell’ambito del procedimento a carico del predetto, si è proceduto al sequestro preventivo di immobili, autovetture, motocicli e quote societarie di pertinenza dell’indagato e dei suoi familiari (la moglie separata, P.A. e i figli V.G. e A.).

Il TdR di Napoli, con il provvedimento di cui in epigrafe, ha accolto solo parzialmente il ricorso presentato nell’interesse della P., disponendo il dissequestro e la restituzione di un immobile a lei pervenuto per via ereditaria, ha rigettato nel resto, così come ha rigettato (integralmente) la impugnazione proposta da V.A..

Ricorre per cassazione il difensore della P. e dei due fratelli V. e deduce violazione di legge in quanto l’ordinanza de qua e corredata di motivazione meramente apparente.

Sostiene che il TdR non ha minimamente tenuto conto del contributo offerto dal CT di parte il cui elaborato è stato depositato a disposizione del Collegio cautelare. In detto scritto si dimostrava come la capacità reddituale del nucleo familiare del V. non fosse affatto incompatibile con l’acquisizione, nel tempo, dei beni che sono poi stati oggetto di sequestro preventivo.

Evidenzia il ricorrente che il TdR assume apoditticamente che non sussiste proporzione tra i redditi e il valore dei beni posseduti, senza confutare l’assunto motivatamente illustrato dal CT e, in pratica, senza nemmeno prendere in considerazione lo stesso. Tale omissione di vantazione non può che tradursi in una motivazione apparente, oltre che in un travisamento del fatto e della prova.

Il ricorrente, per altro, riassume e illustra, anche mediante tabelle, le conclusioni cui è giunto il CT di parte e il progressivo, probabile accumularsene corso degli anni (dal 1975 al 2001), di una provvista tale da render possibile, secondo il suo assunto, l’acquisto dei beni in questione, illustrando la complessa dinamica del flusso reddituale, che ha conosciuto momenti di arresto e difficoltà (anche la rivendita di un immobile perchè, a un certo punto era divenuto impossibile far fronte alla rata di mutuo bancario ottenuto per il suo acquisto) e momenti di assenza di attività lavorativa per il V.R., che ebbe a fruire del trattamento di cassa integrazione.

Infine, il ricorrente rappresenta che sono stati sequestrati beni non intestati all’indagato, ma ai suoi familiari e ciò, in presenza di una motivazione, come si diceva, meramente apparente, laddove quando il provvedimento ablativo cade su beni di un soggetto terzo (rispetto a quello nei cui confronti è stato attivato oil procedimento), l’obbligo motivazionale deve considerarsi ancora più stringente.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Come è noto (cfr. SS.UU., sent. n. 25932 del 2008, ric. Ivano v. RV 239692), il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge.

In tale nozione, per vero, si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione cosi radicali da rendere l’apparato argomentativo – posto a sostegno del provvedimento – o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (nei medesimi termini, da ultimo: ASN 200943068-RV 245093).

Orbene, il ricorrente sostiene, come anticipato, che il provvedimento impugnato è corredato da una motivazione meramente apparente; ciò in quanto avrebbe del tutto ignorato le considerazioni del CT della difesa.

Così non è.

Invero, dopo una lunga (e non indispensabile) introduzione di carattere generale, il TdR dà atto che la difesa ebbe a depositare una CT, che evidenziava come, secondo il suo assunto, i redditi da lavoro del R. e quelli derivanti dalla vendita di un appartamento fossero compatibili con l’acquisto degli immobili, dei mobili registrati, delle quote societarie e dei "rapporti postali" oggetto di sequestro.

Tale assunto, tuttavia, il Collegio cautelare contesta, osservando che i redditi "ufficiali" della famiglia V. non avrebbero consentito nemmeno il sostentamento dei suoi componenti. Il TdR prende anche atto del fatto che fu contratto mutuo bancario, ma osserva che, per i motivi sopra esposti, non emerge la capacità dei ricorrenti (e del V.R.) a far fronte alle rate mensili.

Al proposito, viene evidenziato che costui ha svolto, ma senza carattere di continuità, il lavoro di "guardia giurata", che la moglie non ha prodotto reddito e che la figlia P. ha prodotto, nel periodo 2005-2007, redditi irrisori.

Nonostante tale situazione, prossima all’indigenza, osserva il TdR, la famiglia V., oltre agli acquisti dei beni oggetto del sequestro, avrebbe addirittura accumulato risparmi, poi versati sui libretti nominativi intestati alla P..

Da quanto sopra esposto, deve concludersi che effettivamente la motivazione non può considerarsi nè mancante, nè apparente.

Consegue condanna dei ricorrenti alle spese del grado e al versamento di somma alla Cassa ammende.

Si stima equo determinare detta somma in Euro 1000 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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