Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-08-2011, n. 17049

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Svolgimento del processo

Mo.Au. donava ai tre figli – M., Ma. e m.

– beni immobili facenti parte dell’asse ereditario pervenutogli dal padre An..

I fratelli del donante – M.A., M.G.B., M.G. e M.V. -, poichè era in corso una controversia ereditaria avente ad oggetto il riconoscimento dei loro diritti lesi dalle disposizioni del de cuius, evocavano in giudizio Augusto e i tre donatari, per far dichiarare inefficaci ex art. 2901 c.c. gli atti di disposizione suddetti. Nella resistenza dei convenuti, il tribunale di Civitavecchia rigettava la domanda con sentenza del 6 marzo 2001.

L’appello proposto nell’aprile successivo veniva respinto dalla Corte d’appello di Roma con sentenza n. 188 del 18 gennaio 2005. La Corte riteneva che la azione revocatoria poteva giovare agli appellanti solo in funzione di un diritto di credito, "cioè il diritto al conguaglio in danaro"; che a seguito di tale azione il bene immobile non rientra nel patrimonio del debitore; che nella specie non era configurabile una diminuzione delle garanzie patrimoniali del debitore, sia perchè Mo.Au. aveva versato i conguagli che erano stati fissati nella parallela causa avente ad oggetto la divisione ereditaria, sia perchè gli appellanti non avevano mai messo in dubbio la solvibilità del loro congiunto. Avverso questa sentenza gli attori fratelli M. hanno proposto ricorso per cassazione con tre motivi.

Mo.Au. e i figli hanno resistito con controricorso.

Parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione

Con la memoria datata 24 marzo 2011, depositata ex art. 378 c.p.c., i ricorrenti hanno dato atto che con la sentenza di questa Corte n. 6449/08 è stata definitivamente rigettata la domanda di "impugnazione testamentaria, riduzione e divisione del patrimonio ereditario", in relazione alla quale era stata instaurata l’azione revocatoria, per salvaguardare la garanzia del credito potenzialmente nascente dalla pretesa successoria.

Hanno chiesto pertanto in via principale la declaratoria di cessazione della materia del contendere e la compensazione delle spese del giudizio e, in subordine, in caso di insistenza di controparte, la condanna dei controricorrenti alla refusione delle spese.

Il procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Tale istanza è da accogliere.

Effetto del definitivo rigetto delle pretese ereditarie dei ricorrenti è la vanificazione del credito a tutela del quale era stata intrapresa l’azione ex art. 2901 c.c..

Venuta meno la pretesa creditoria, non sussiste, ex art. 100 c.p.c., alcun interesse a coltivare l’azione revocatoria.

Tal sopravvenuta carenza di interesse dipende dal rigetto della domanda principale degli odierni ricorrenti, soccombenti sotto ogni profilo.

Nessun dubbio pertanto vi può essere sulla loro condanna alla refusione delle spese di lite.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla refusione ai controricorrenti, in solido tra loro, delle spese di lite, liquidate in Euro 3.000,00 per onorari, 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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