Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-08-2011, n. 17043

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

etto del ricorso.
Svolgimento del processo

Trattasi di ricorso avverso la sentenza emessa dalla C.A. di Lecce (Sez. distaccata di Taranto), depositata il 23 Marzo 2006 reiettiva dell’appello proposto da C.C. e D.C.I. avverso la sentenza del 2/7/99 del Tribunale di Taranto che ha rigettato l’opposizione dai predetti proposta avverso la sentenza del Tribunale Tarantino con cui era stato dichiarato il fallimento della società di fatto fra i coniugi C. e D.C., nonchè quello individuale degli stessi soci illimitatamente responsabili.

Riteneva la Corte di merito che i plurimi atti concludenti compiuti dalla D.C. (quali le prestazioni di fideiussioni illimitate nei confronti delle Banche con cui l’impresa aveva rapporti, la concessione alle stesse di garanzie reali sui propri beni per finanziamenti relativi all’attività aziendale, l’autorizzazione alla attivazione presso la Banca Popolare di Taranto di un rapporto di conto corrente in cui si sono svolte, negli anni successivi innumerevoli movimentazioni di dare ed avere) fossero non sintomo di affectio coniugalis, ma esteriorizzazione di un comportamento tale da ingenerare nei terzi il giustificato convincimento dell’esistenza di un vincolo societario, di per sè valevole, per il principio della "apparenza del diritto", a ritenere sussistente una società di fatto a tutela dell’affidamento dei terzi.

Il ricorso è affidato a due motivi. Con il primo si lamenta l’error iuris per l’improprio richiamo al principio dell’apparenza che non è da solo sufficiente a individuare un supporto societario che prescinda dalla prova del rapporto interno, particolarmente in presenza del legame familiare; il carattere "neutro" delle prestazioni di garanzia, e della dimostrata non attribuibilità al patrimonio immobiliare dei coniugi dei proventi della supposta attività societaria.

Con il secondo motivo, lamentandosi vizio di motivazione si sottolinea l’omesso richiamo a concreti atti di gestione, la non considerazione nella sentenza del rapporto di coniugio, il sommario e inesatto riferimento alle proprietà immobiliari.

Tra le parti intimate, si costituivano, con controricorso, la Curatela del fallimento, il San Paolo-IMI (quale mandatario della S.G.A. S.p.a., cessionaria del credito azionato in forza di cessione intervenuta tra l’incorporato Banco di Napoli e S.G.A. S.p.a.) e Banca Intesa S.p.a.. Le controricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

Il ricorso appare inammissibile. Ai sensi dell’art. 366 bis, applicabile "ratione temporis" al presente giudizio, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere a pena di inammissibilità con la formulazione di un "quesito di diritto". Nella specie il motivo di ricorso che deduce vizi di violazione di legge contiene una critica alla decisione impugnata senza alcuna formulazione specifica ed autonoma del quesito di diritto richiesto a pena di inammissibilità del codice di rito. Vizio formula che colpisce anche il motivo di ricorso che deduce vizio di motivazione alla stregua dell’interpretazione fornita da questa Corte (Cass. S.U. 18 giungo 2008 n. 16528) per cui la censura mossa alla sentenza oggetto di ricorso per vizio di motivazione "deve contenere un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) costituente una parte del motivo che si presenti a ciò specificatamente e riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. Sussistono giusti motivi di compensazione delle spese.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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