Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-08-2011, n. 17042

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La curatela del fallimento in epigrafe ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello che ha rigettato l’impugnazione dalla stessa proposta avverso la sentenza del Tribunale che, in accoglimento della domanda di V.M., aveva pronunciato il trasferimento alla medesima della proprietà di un’area oggetto di una scrittura privata qualificata come atto di cessione e non, come sostenuto dalla curatela che aveva dichiarato di volersene sciogliere, come contratto preliminare.

Il ricorso è affidato ad un unico complesso motivo con il quale si deduce carenza di motivazione e violazione di legge in relazione all’interpretazione del contratto oggetto del giudizio.

Resiste l’intimata con controricorso.

La curatela ha depositato memoria.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto l’unico motivo proposto non risponde ai requisiti di cui all’art. 366-bis c.p.c. applicabile ratione temporis.

Il motivo è innanzitutto inammissibile in quanto in un unico contesto vengono proposte censure di carenza di motivazione e di violazione di legge, senza che le argomentazioni a sostegno delle une e delle altre siano con chiarezza individuabili, avendo già la Corte chiarito che "Col ricorso per cassazione sottoposto alla disciplina novellata dal D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, non è consentito prospettare con un unico motivo una pluralità di censure ed è inammissibile il motivo di ricorso nel cui contesto trovino formulazione, al tempo stesso, censure aventi ad oggetto violazione di legge e vizi della motivazione, ciò costituendo una negazione della regola di chiarezza posta dall’art. 366 bis c.p.c. (nel senso che ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione), dato che si finisce con l’affidare alla Corte di cassazione il compito di enucleare dalla mescolanza dei motivi la parte concernente il vizio di motivazione, che invece deve avere una autonoma collocazione" (Cassazione civile, sez. trib., 8/04/2009, n. 8487).

In ogni caso è inammissibile la censura circa la dedotta carenza di motivazione, mancando la chiara enunciazione del fatto controverso in ordine alla cui sussistenza la motivazione sarebbe omessa o insufficiente mentre "Alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. (introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 14 luglio 2009 ( L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5) nel caso previsto dal’ art. 360 c.p.c., n. 5 (allorchè, cioè, il ricorrente denunci la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. Al riguardo, inoltre, non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo dei motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata (Cassazione civile, sez. 3^, 10/04/2010, n. 8555).

Ugualmente inammissibile è la censura in diritto, essendo del tutto carente il quesito.

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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