Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-03-2011) 02-05-2011, n. 16792

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del Giudice di pace dell’Aquila, in data 4.5.2010, venivano dichiarati non punibili gli imputati per i reati di ingiuria e minaccia, percosse e minacce, a vario titolo loro contestati, commessi in danno di M.A., in quanto detti reati erano ritenuti estinti per intervenuta riparazione del danno cagionato, con eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose.

Dopo una pronuncia intervenuta a seguito di risarcimento danni offerto alla persona offesa, la sentenza che dichiarava estinti i reati veniva annullata dalla Cassazione, per erronea applicazione del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35 e per la mancata liquidazione delle spese di costituzione. A seguito di un nuovo giudizio, il giudice di pace riteneva che la condotta riparatoria fosse stata posta in essere dai tre imputati personalmente e spontaneamente e che l’importo elargito alla vittima (pari a Euro 1500 versato con assegno oltre che Euro 600 versati in udienza a titolo di integrazione) fosse obiettivamente congruo e satisfattivo delle pretese della vittima, con il che liquidava le spese di costituzione in Euro 200 e si pronunciava nei termini suddetti.

2. Avverso detta sentenza interponeva ricorso per cassazione la difesa della parte civile, per dedurre:

2.1 mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta congruità del risarcimento, laddove la citata legge, art. 35 presuppone la positiva valutazione della congruità dell’intervenuto risarcimento del danno, connotata da una valutazione di assoluta esaustività della condotta riparatoria. Pertanto per poter dichiarare estinto il reato la motivazione avrebbe dovuto essere più accurata, dovendo essere esaminati tutti gli elementi atti ad accertare che il risarcimento sia avvenuto in forma integrale e satisfattiva. Mancherebbe l’indicazione del criterio oggettivo usato per ritenere congrua l’offerta, per cui la valutazione operata sì dovrebbe considerare oltremodo assertiva. Viene ricordato che l’offeso fu oggetto di una vile aggressione ad opera di tre imputati, in piena campagna ed in assenza di qualsivoglia presidio di intervento medico e di forza pubblica, solo perchè aveva rappresentato agli stessi che stavano contravvenendo alla normativa in materia di caccia, allenando i cani in territorio e periodo vietati.
Motivi della decisione

Il ricorso va dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondato. Il giudice a quo ha fornito adeguata motivazione sulla congruità del risarcimento offerto alla vittima, evidenziando a pag.

5 della sentenza i dati oggettivi ai quali ha fatto riferimento per la sua valutazione, rappresentati dalla natura delle lesioni e dalla durata delle conseguenze subite dalla vittima, accreditate da certificazione medica prodotta dalla stessa parte offesa.

La valutazione della congruità è stata correttamente ancorata a dati oggettivi; in questa sede non può essere invocata un’ alternativa valutazione in sostituzione di quella presa dal giudice di merito.

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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