Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-03-2011) 02-05-2011, n. 16790 Sentenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ardo del Foro di Napoli.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza del Tribunale di Napoli del 15.1.2010 D. A. veniva condannata alla pena di 400 euro di ammenda in quanto, nella sua qualità di amministratrice dello stabile in (OMISSIS) destinataria di ordinanza sindacale dell’11.4.2006, aveva omesso di provvedere con la dovuta tempestività alla esecuzione di opere necessarie per eliminare uno stato di pericolo, rappresentato da lesioni verticali alla muratura portante esterna dell’immobile derivante dal dissesto delle fondamenta del fabbricato. Nel corso del processo risultava che era stata depositata solo il 13.1.2010 la relazione tecnica di eliminazione dello stato di pericolo, atteso che l’imputata sosteneva a sua difesa che per risalire alla causa dello stato di dissesto si erano rese necessarie lunghe indagini, con conseguente dilatazione dei tempi, in quanto gli accertamenti tecnici riguardavano anche fabbricati adiacenti. Il primo giudice riteneva che l’imputata avrebbe dovuto e potuto adoperarsi immediatamente per eliminare lo stato di pericolo e che le addotte giustificazioni non potevano avere alcun effetto scusante, attesa la contingente gravità della situazione che l’imputata lasciò latente per più di due anni.

Di qui l’affermazione di colpevolezza e l’inflizione di pena.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione la difesa dell’imputata, per dedurre:

2.1 mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in quanto nessuna valutazione sarebbe stata fatta dal giudice di merito sulla consistenza delle opere necessarie allo scopo, coinvolgenti rete fognaria, idrica e muratura in fondazione.

L’imputata non avrebbe affatto sottovalutato la portata dell’impegno, poichè, se vero è che l’ordinanza del sindaco venne notificata il 3.5.2006, la stessa fin dal 2.5.2006 aveva depositato la dichiarazione di inizio attività, dopo di che è stata documentata l’intensa attività che seguì in termini di assemblee condominiali, richieste di intervento all’azienda risorse idriche di Napoli, contatti con il comune e quant’altro. In proposito vengono citati arresti giurisprudenziali con cui la severità, quanto ai tempi di intervento, della norma è stata mitigata in sede interpretativa nei casi, come quello di specie, in cui la volontà deve formarsi in sede assembleare e colui che debba affrontare la spesa sia diverso dalla persona destinataria dell’ingiunzione.

2.2 erronea applicazione dell’art. 677 c.p. e dell’art. 1135 c.c., in quanto il richiamo a quest’ultima norma fatto dal giudice sarebbe del tutto improprio, poichè tale norma, nel dare la possibilità all’amministratore di ordinare lavori che rivestono carattere d’urgenza, non obbliga lo stesso, in caso di mancanza di fondi, ad anticipare le somme necessarie per i lavori, nè gli conferisce il potere di impegnare economicamente il condominio nei confronti della ditta che dovrà eseguire gli interventi. Ancora, l’interpretazione data all’art. 677 c.p., sarebbe erronea, poichè l’obbligo di rimuovere il pericolo ricade sull’amministrazione, ma risorge in via autonoma, a carico dei singoli, quando per cause accidentali l’amministratore non sia in condizioni di operare.

2.3. erronea applicazione dell’art. 677 c.p.: la contestazione fa leva sull’ordinanza del comune di Napoli, dal tenore contraddittorio, atteso che la condizione di pericolo descritta a giustificazione della richiesta di intervento avrebbe dovuto comportare lo sgombero dell’intero fabbricato ad opera del sindaco di Napoli, laddove invece non venne disposto nulla in proposito; nessuna attività poteva esser chiesta all’amministratore nell’immediato, se non quella di convocare l’assemblea per iniziare i lavori, non essendo stata possibile alcuna iniziativa per eliminare il pericolo. Viene quindi chiesto di derubricare quanto meno l’ipotesi contestata in quelle depenalizzate di cui all’art. 677 c.p., commi 1 e 2, con conseguente annullamento della sentenza.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Dalla sentenza impugnata non risulta che sia stato dato adeguato peso al fatto che la D. era semplice amministratrice dello stabile in oggetto e non aveva alcun autonomo potere di spesa. Gli addebiti che pertanto potevano esserle fondatamente mossi dovevano avere riguardo esclusivamente al profilo del ritardo con cui la stessa avesse o meno stimolato la rimozione della situazione di pericolo, sia in termini di informazione dei singoli condomini, che in termini di sollecitazione alla rimozione.

Dalla documentazione allegata dalla difesa e già prodotta in giudizio emerge una realtà trascurata dal giudice di merito nel processo formativo del giudizio, in ordine alla conclamata attivazione della stessa nel coordinarsi con il condominio viciniore, interessato ai lavori, con l’Azienda Risorse Idriche di Napoli e con l’ingegnere incaricato di redigere la conclusiva relazione sullo stato di dissesto del fabbricato in oggetto, che certo non brillarono per tempestività. A fronte della manifestata presa in carico del problema che incombeva sul condominio e della attivazione delle procedure necessarie per rimuovere il problema, l’avere ricondotto in capo alla stessa un addebito di ritardo per aver "voluto attendere gli accertamenti tecnici e aver voluto rispettare I successivi iter burocratici", come sta scritto nella sentenza, appare conclusione logicamente non consentita, soprattutto in ragione del fatto che la D. non aveva disponibilità di spesa. Sul punto è bene ricordare un precedente arresto di questa corte con cui è stato stabilito che, in caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari a porre rimedio al degrado che da luogo al pericolo, non può essere ipotizzata alcuna responsabilità dell’amministratore per non aver attuato interventi che non era in suo materiale potere adottare e per la realizzazione dei quali non aveva le necessarie provviste, ricadendo in siffatta situazione la responsabilità in capo ai singoli condomini (Cass. sez. prima, 17.1.2008, n. 6596).

In piena condivisione con questa linea interpretativa, la sentenza va annullata senza rinvio perchè l’imputata non ha commesso il fatto.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere l’imputata commesso il fatto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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