Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-03-2011) 02-05-2011, n. 16799 Trattamento penitenziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

iesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con decreto del 15.10.2010 il magistrato di sorveglianza per i circondari di Alessandria, Acqui e Tortona disponeva, ai sensi dell’art. 47 ter, comma 1 ter O.P., la misura della detenzione domiciliare a favore di J.G., presso il reparto di ginecologia dall’ospedale (OMISSIS), in quanto all’epoca incinta al settimo mese, con gravidanza a rischio, con una pluralità di prescrizioni, avendosi riguardo a soggetto senza fissa dimora, con generalità diverse e con numerosi precedenti penali.

Peraltro nella stessa data del (OMISSIS) la donna, eludendo i controlli, sfruttando l’uscita di sicurezza ubicata vicino alla porta della stanza, scappava facendo perdere ogni traccia, con il che il provvedimento di detenzione domiciliare veniva sospeso.

2. Avverso il decreto di ammissione al beneficio della detenzione domiciliare, interponeva ricorso per cassazione la difesa, in data 2.11.2010, per dedurre violazione art. 146 c.p.p., comma 1, n. 1, che prevede il differimento obbligatorio della pena per donna incinta, con esclusione di qualsivoglia misura alternativa, fino almeno alla conferma da parte del tribunale di sorveglianza.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile. In applicazione del principio della tassatività delle impugnazioni ex art. 568 c.p.p., comma 1, deve escludersi che possa proporsi ricorso per cassazione avverso il provvedimento – di natura meramente interinale – del magistrato di sorveglianza adottato ai sensi della L. n. 354 del 1975, art. 47 ter, comma 1, art. 47 quater, comma 4, non potendo qualificarsi come provvedimento in tema di libertà personale ex art. 111 Cost. (cfr.

Cass. 7.3.2000 n. 1703 e in ultimo Cass. 22.6.2007, n. 28035).

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa della ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della Cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *