Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-03-2011) 02-05-2011, n. 16787 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza della Corte d’appello di Lecce, in data 3.3.2010, veniva confermata la sentenza del gup del Tribunale di Lecce, in data 12.5.2008, con cui V.C. era stato condannato alla pena di anni quindici di reclusione per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, reati commessi nel periodo (OMISSIS) e ritenuti in continuazione con quelli già giudicati con sentenza del gup Tribunale di Lecce del 20.12.2005.

Il compendio probatorio era stato delineato dall’esito dei servizi di osservazione e controllo della polizia, protrattisi per circa un anno, sul territorio di (OMISSIS), presso il bar (OMISSIS), il bar (OMISSIS) ed una sala giochi, quindi con intercettazioni telefoniche che facevano emergere una fitta rete di legami tra cedenti e cessionari di sostanza stupefacente, diffuse secondo modalità ricorrenti.

Veniva individuata la fonte di approvvigionamento del V., in S.I., venivano identificati i plurimi acquirenti con rapporto stabile e indiretto con il V., che operava a sua volta attraverso terzi, fungendo quale coordinatore della piazza, coadiuvato dalla convivente M.M.L., alla quale risultava aver imposto di destinare una parte dei proventi dell’illecito traffico al sostentamento dei familiari dei detenuti, e da B.M.. Numerosi acquirenti di stupefacente che erano stati individuati, deponevano sulla costante presenza di soggetto con capelli lunghi, da identificare nell’imputato, sulla piazza a controllare a distanza l’andamento del traffico gestito pel tramite di terzi; gli stessi B. e S. avevano sostanzialmente indicato nel V. il gestore di un’intensa attività di commercio di stupefacente, in regime di sostanziale monopolio, alla quale avevano ammesso di aver partecipato.

2. Avverso detta sentenza, interponeva ricorso per cassazione la difesa per dedurre:

2.1 carenza ed illogicità della motivazione quanto al delitto associativo, poichè non sarebbe stata offerta adeguata giustificazione degli elementi strutturali dell’associazione.

Mancherebbe contezza sia dei dati strutturali (quali ripartizione di compiti, cassa comune, spazi comuni, organizzazione di attività personali e mezzi economici) che dell’affectio societatis: viene portato ad esempio il fatto che il S. non abbia esitato ad un certo punto ad allontanarsi da (OMISSIS) per andare a (OMISSIS), senza alcun avviso ai presunti associati. Inoltre viene sottolineato come tra i soggetti presunti associati non fosse adottata alcuna cautela nelle conversazioni, non sarebbe emersa l’esistenza di una cassa comune, nè sarebbe stata intercettato alcun passaggio di denaro dal V. alle famiglie degli associati detenuti.

Per quanto riguarda il ruolo di promotore riconosciuto al V., non vi sarebbe alcun dato specifico a cui ancorarsi, poichè nessuno dei soggetti sentiti ha indicato V. come gestore del traffico, alcuni hanno addirittura assunto che nel momento della cessione il V. si allontanava, mai il V. venne visto nell’atto di rifornire i suoi presunti collaboratori.

2.2. carenza ed illogicità della motivazione in relazione al capo B), in quanto mai il V. avrebbe operato cessioni a terzi; in ogni caso si duole la difesa che non sia stato riconosciuta la diminuente di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. 2.3 violazione degli artt. 62 bis e 133 c.p., in quanto la condanna inflitta sarebbe sproporzionata, per cui dovevano essere concesse le circostanze attenuanti generiche per calmierare il rigore della sanzione e renderla più congrua, attesa anche la relativa gravità dei fatti in contestazione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve esser rigettato.

I giudici di merito hanno dettagliatamente indicato i dati fattuali, correttamente recepiti, sulla base dei quali è stata ritenuta sussistente l’associazione in oggetto, dati emersi inequivocabilmente dall’ampio materiale di indagine raccolto attraverso controlli di polizia operati a distanza, controlli telefonici e dichiarazioni di acquirenti. L’elaborazione delle indicazioni raccolte ha portato ad individuare in termini di certezza la sussistenza del sodalizio di cui i giudici di merito hanno sottolineato gli elementi strutturali (pluralità di soggetti coinvolti nel traffico, divisione di ruoli, area ben determinata di diffusione della sostanza in regime di sostanziale monopolio, clientela stabile, luoghi di momentaneo deposito dello stupefacente, ripartizione degli utili anche a favore dei soggetti detenuti) che come è consuetudine ricordare in questi casi, possono essere indicatori di una anche minima organizzazione.

Nell’ambito del gruppo che è stato dimostrato operare con continuità, indipendentemente dal momentaneo allontanamento di uno dei partecipi, i giudici di merito hanno correttamente ritenuto che la figura del V. – indicato dagli stessi associati come il coordinatore -, assumesse tutti i tratti del dirigente, con operazione logica del tutto consentita che non è messa in crisi dalle deduzioni della difesa secondo cui il V. non venne mai indicato dai tossicomani interpellati quale fornitore e mai venne colto sulla "piazza" nell’atto di diffondere lo stupefacente.

Tali argomenti, lungi dall’indebolire la conclusione a cui sono giunte le due sentenze di merito, la rafforzano, poichè sono dimostrativi del fatto che al V. competeva il ruolo di organizzazione dell’illecito commercio, con funzioni svolte dietro le quinte, di ricerca di forniture, controllo a distanza e vigilanza sul piccolo commercio, ma non di coinvolgimento in prima persona nelle operazioni di scambio allo scoperto. La Corte territoriale correttamente valorizzava a questo proposito anche le dichiarazioni di B. e S., che a vario titolo avevano ammesso di aver collaborato con il V. nell’illecito commercio, il B. addirittura assumendo di aver funto da tramite tra il V. ed il S. per comunicare il luogo indicatogli dall’imputato ove era nascosto lo stupefacente da spacciare. Il primo ed il secondo motivo devono quindi essere disattesi perchè infondati, non potendosi apprezzare nè una forzatura del dato normativo, nè una carenza logico argomentativa della sentenza gravata, neppure in ordine al reato di cessione di stupefacente, che è stato addebitato all’imputato sulla base di un solido e variegato materiale probatorio di segno assolutamente inequivoco. Anche la motivazione che si legge a pag. 10 della sentenza sulla natura non di lieve entità dell’illecito commercio è ineccepibile; poichè frutto di una corretta valutazione e coordinazione delle emergenze disponibili.

E’ pari menti infondato, se non inammissibile, il motivo svolto sulla misura della pena, non potendo essere ravvisato alcun deficit motivazionale nella sentenza gravata avendo la corte di merito compiutamente giustificato la mancanza dei presupposti per concedere le circostanze attenuanti generiche e le ragioni per le quali la pena base è stata stabilita in misura di poco superiore (di sei mesi) al minimo edittale. Tale stato di cose impedisce, attesi i limiti del giudizio di legittimità, di censurare la valutazione espressa, poichè l’operazione coinvolgerebbe apprezzamenti di merito.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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