Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 2649 contratti concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con appello depositato in data 13 gennaio 2011, la società in epigrafe impugna la sentenza 13 dicembre 2010 n. 33193, con la quale il TAR Lazio, sez. III, ha dichiarato inammissibile il suo ricorso (proposto avverso il provvedimento di approvazione dell’aggiudicazione provvisoria della gara A. DGACQ 1208), e accolto il ricorso incidentale proposto dalla soc. D. s.p.a..

In detta gara, è risultato aggiudicatario, dapprima provvisorio poi definitivo, il r.t.i. Lombardi Ingegnieri consulenti A.S. – S. I. s.r.l., mentre il r.t.i. P. s.r.l. – S. E. s.p.a., risulta preceduto da altri due concorrenti (d’Apollonia s.p.a., e r.t.i. V. I. – N. I. s.p.a.,).

Proposto ricorso dalla P. con vari motivi (sia avverso la prima classificata, sia avverso le due altre imprese che la precedono), la sentenza appellata ha, invece, accolto il ricorso incidentale, con riferimento ai motivi aggiunti, con il quale la D. s.p.a., ha dedotto, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione dell’art. 90, comma 8, d. lgs. n. 163/2006, in quanto la Prometeo, avendo redatto le linee guida poste dall’ANAS a base della gara, non avrebbe potuto partecipare alla stessa.

Secondo la sentenza appellata, l’art. 98, comma 8, del Codice appalti, nel prevedere, tra l’altro, l’esclusione dagli appalti o dalle concessioni di lavori pubblici, nonché dagli eventuali subappalti o cottimi, degli affidatari degli incarichi di progettazione, i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione, è espressione di un principio generale e "deve essere interpretata conformemente ai principi della parità di trattamento e della concorrenza", dovendosi cioè valutare "se vi sia stata una differente posizione di partenza nella partecipazione alla procedura per l’affidamento dell’incarico di progettazione".

Nel caso di specie, il primo giudice ha rilevato che "risulta dallo stesso bando di gara e dalla lettera di invito che l’affidamento del servizio di consulenza per studi sulla sicurezza poneva quali elementi fondamentali quelli di cui alle linee guida del novembre 2006".

L’accoglimento del ricorso incidentale per il suddetto motivo ha quindi comportato, oltre all’assorbimento degli ulteriori motivi del medesimo ricorso incidentale, anche la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale per carenza di interesse.

Avverso la sentenza impugnata, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

violazione e falsa applicazione art. 90, comma 8, d. lgs. n. 163/2006 e dei principi inerenti alla par condicio dei concorrenti, nonché del principio di massima partecipazione alle gare; ciò in quanto l’art. 90, comma 8, cit., non è affatto espressione di un principio generale, ma deve anzi, essere oggetto di stretta interpretazione. E poiché, seguendo la giurisprudenza, "non vi è alcuna preclusione al progettista preliminare a rendersi affidatario della progettazione definitiva ed esecutiva", non si vede come "possa esservi preclusione, nella specie, al soggetto che abbia collaborato alla redazione delle linee guida sulla sicurezza in galleria a partecipare alla gara per lo studio della sicurezza di un ben determinato novero di gallerie". Inoltre, "le linee guida A. sono (ormai dal 2006) un documento di pubblico dominio e, dunque, appannaggio di tutti i concorrenti, sicchè non possono dare privilegi o vantaggi di sorta", e, peraltro, avendo la appellante solo collaborato alle stesse, tale minima collaborazione "non può avere attribuito alla stessa alcuna posizione di privilegio o vantaggio rispetto ad altri concorrenti".

Tanto precisato, l’appellante ha quindi riproposto i motivi del proprio ricorso in I grado (pagg. 16 – 39) e la domanda di risarcimento del danno.

Si è costituita in giudizio l’A. s.p.a. e la D. s.p.a. e, all’odierna udienza in Camera di Consiglio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 60 Cpa, il Collegio ha riservato la causa in decisione nel merito.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

La sentenza appellata ha, in sostanza, ritenuto che la partecipazione della attuale appellante (già ricorrente principale in I grado) alla redazione delle "Linee guida per la progettazione della sicurezza nelle gallerie stradali", costituisca una di quelle ipotesi che determinano una "differente posizione di partenza nella partecipazione alla procedura per l’affidamento dell’incarico di progettazione; ed ha desunto ciò dalla interpretazione "comunitariamente orientata" dell’art. 90, comma 8, d. lgs. n. 163/2006.

La presente controversia si fonda, dunque, in primo luogo, sulla esatta interpretazione della norma citata e cioè sul se, in base alla medesima, sia configurabile un divieto di partecipazione alle gare; in secondo luogo, una volta che ciò venisse positivamente acclarato, la controversia attiene al se, nel caso di specie, tale divieto trovi concreta applicazione alla società appellante.

Orbene, l’art. 90, comma 8, del Codice degli appalti, prevede:

" Gli affidatari di incarichi di progettazione non possono partecipare agli appalti o alle concessioni di lavori pubblici, nonché agli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione; ai medesimi appalti, concessioni di lavori pubblici, subappalti e cottimi non può partecipare un soggetto controllato, controllante o collegato all’affidatario di incarichi di progettazione. Le situazioni di controllo e di collegamento si determinano con riferimento a quanto previsto dall’articolo 2359 del codice civile. I divieti di cui al presente comma sono estesi ai dipendenti dell’affidatario dell’incarico di progettazione, ai suoi collaboratori nello svolgimento dell’incarico e ai loro dipendenti, nonché agli affidatari di attività di supporto alla progettazione e ai loro dipendenti".

Tale disposizione è sostanzialmente riproduttiva dell’art. 17, comma 10, l. 11 febbraio 1994 n. 109, che la giurisprudenza amministrativa – come peraltro richiamato anche nella sentenza appellata – ha ritenuto espressivo di un principio generale volto alla tutela della genuinità della gara e della effettiva sussistenza di par condicio tra i partecipanti.

E ciò in considerazione del fatto che la concorrenza tra tutte le imprese del settore, è un principio ormai valorizzato al massimo grado della normativa comunitaria, alla stregua della quale la scelta del contraente incontra in ogni caso i limiti indicati dalle norme del Trattato in materia di libera prestazione di servizi e dai principi generali del diritto comunitario, tra cui la non discriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza, imponendosi così una scelta ispirata a criteri obiettivi e trasparenti, tali da assicurare in ogni caso la concorrenza tra i soggetti interessati (Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2008 n. 889).

Si è, in tal senso, affermato (Cons. Stato, sez. VI, 7 novembre 2003 n. 7130) che "il legislatore, vietando a coloro che direttamente o indirettamente (agli affidatari degli incarichi di progettazione ed ai loro dipendenti e collaboratori) abbiano partecipato alla progettazione di concorrere nelle gare per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori progettati, ha voluto assicurare la massima autonomia e l’assoluta separazione tra attività di progettazione dei lavori e le attività esecutive degli stessi e, quindi, evitare che il redattore del progetto possa essere in modo diretto o indiretto anche l’esecutore dei lavori."

E si è altresì chiarito (sez. VI, 2 ottobre 2007 n. 5087), che:

"la questione non riguarda la presenza nell’ordinamento di una norma che vieti l’affidamento di un incarico di progettazione a un soggetto che, in ipotesi, abbia eseguito lavori (peraltro) per conto di un soggetto diverso dall’Amministrazione appaltante. In questo senso la regola, di cui al menzionato art. 17, comma 9, della legge n. 109/1994, è chiara nel porre un divieto nella sola ipotesi in cui il progettista partecipi della esecuzione dei lavori, e non nel caso in cui un soggetto che abbia eseguito lavori partecipi ad una gara per l’affidamento di un incarico di progettazione.

La regola è però espressione del principio generale di trasparenza ed imparzialità, la cui applicazione è necessaria per garantire parità di trattamento, che ha per suo indefettibile presupposto il fatto che i concorrenti ad una procedura di evidenza pubblica debbano rivestire la medesima posizione."

In tal modo, la sentenza ora citata, ha ancora affermato che "non si tratta, quindi, di ricercare ipotesi tipiche, normativamente individuate dal legislatore, al fine di verificare se gli elementi, nella specie valorizzati dal primo giudice, consentano di ricondurre la posizione… a tali ipotesi, ma di valutare se vi sia stata una differente posizione di partenza nella partecipazione alla procedura per l’affidamento dell’incarico di progettazione in esame, che abbia dato luogo a un possibile indebito vantaggio per l’aggiudicataria. La regola generale della incompatibilità garantisce la genuinità della gara, e il suo rispetto prescinde dal fatto che realmente si sia dato un vantaggio per un concorrente a motivo di una qualche sua contiguità con l’Amministrazione appaltante. In tal senso, quel che rileva è la situazione dei partecipanti alla gara, il cui esame deve evidenziare, in modo oggettivo, una disomogeneità di partenza per la particolare posizione in cui qualche concorrente viene a trovarsi."

Proprio in quanto espressiva di un principio generale (la tutela della par condicio dei concorrenti), la norma è stata ritenuta applicabile anche:

– al caso di affidamento di un incarico di progettazione esecutiva, in cui il capo progetto è anche l’autore ed il coordinatore del progetto generale in base al quale sono stati ottenuti i finanziamenti (Cons. Stato, sez. V, 19 marzo 2007 n. 1302);

– al caso in cui il direttore tecnico dell’impresa appaltante abbia partecipato alla progettazione dell’opera nella fase relativa alla elaborazione finalizzata al finanziamento, ritenendo che ciò determina una situazione di contiguità con i soggetti ai quali può essere affidata la direzione dei lavori, che comporta l’incapacità di partecipare alla gara (sez. V, 7 novembre 2003 n. 7130).

E’ del tutto evidente che la portata della disposizione, incidendo sulla partecipazione dei soggetti alle gare, e quindi sulla libertà di impresa (oltre che sul principio di buon andamento, che riceve attuazione attraverso la più ampia partecipazione alle gare), deve essere interpretata in senso rigoroso, quanto alle ipotesi che possono comportare una incompatibilità, e quindi un divieto di partecipazione alla gara (in tal senso, Cons. stato, sez. VI,.13 febbraio 2004 n. 561).

Ma proprio in quanto espressiva del principio generale di tutela della par condicio dei concorrenti, e quindi in definitiva della tutela della concorrenza, la disposizione, oltre che applicabile al caso specifico da essa considerato, è volta ad impedire "posizioni di vantaggio dipendenti da forme di contiguità con la stazione appaltante" e, quindi, applicabile ai casi in cui tali posizioni siano configurabili.

Ovviamente, tale ricerca deve essere condotta con attenzione e rigore, dovendosi essa concludere negativamente nel caso in cui difettino indizi seri, precisi e concordanti sulla circostanza che il partecipante alla gara, o il soggetto a questo collegato, abbia rivestito un ruolo determinante nell’indirizzo delle scelte dell’amministrazione o ne abbia ricevuto un tale flusso di informazioni riservate da falsare la concorrenza (Cons. Stato, sez. V, 15 gennaio 2008 n. 36).

In definitiva, l’art. 90, comma 8, citato, costituisce applicazione del più generale principio enunciato all’art. 2, comma 1, del Codice, laddove si afferma che l’affidamento deve rispettare "i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità…".

Principi che, oltre che essere il cardine del Trattato e delle direttive comunitarie in materia, costituisce altresì inveramento dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, ex art. 97 Cost., che sovrintendono all’azione amministrativa, nonché dello stessa libertà di iniziativa economica, ex art. 41 Cost., che non potrebbe essere seriamente tale laddove l’ordinamento ammettesse, in generale e nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, posizioni di vantaggio ovvero squilibri e/o disomogeneità di trattamento e di rapporti.

In questo senso, se è vero che – come afferma l’appellante – occorre preservare, attraverso caute interpretazioni, la libertà di impresa, è altrettanto vero che tale libertà non può prescindere da pari diritti e guarentigie che devono essere riconosciuti ad ogni altra impresa interessata, e che pertanto le regole – attuative dei principi suddetti – non devono essere intese (salvo che ciò non si dimostri sotto il profilo della loro irragionevolezza), come altrettante limitazioni di libertà di iniziativa economica, bensì come attuative della tutela della par condicio e quindi della concorrenza, senza la quale non vi può essere alcuna sostanziale libertà di impresa e corretta competizione nel mercato.

Né, d’altra parte,. il principio di massima partecipazione alle gare (della quale l’appellante assume la violazione) può essere assolutizzato come valore in sé, in quanto, se è senza dubbio auspicabile la più ampia partecipazione dei concorrenti alle gare (in quanto ciò – garantendo una scelta più ampia – soddisfa il principio di buon andamento), è altrettanto vero che il detto principio deve ricevere una lettura "relativizzata", nel senso che è auspicabile la più ampia partecipazione nel rispetto del prevalente principio della tutela della concorrenza, realizzato attraverso la tutela della par condicio dei concorrenti.

Alla luce di quanto esposto, deve trovare conferma la sentenza appellata, laddove essa afferma che l’art. 90, comma 8, d. lgs. n. 163/2006 (come già l’art. 17, comma 9, l. n. 109(1994), è espressione di un principio generale.

E proprio per tale ragione, la sentenza appellata è altresì da condividere laddove afferma che "anche se la norma dell’art. 90, comma 8, si riferisce al rapporto tra appalti di lavori e preventiva progettazione, non si può non ritenere applicabile il principio generale del divieto di partecipazione di chi abbia una posizione di vantaggio relativamente agli appalti di servizi" (categoria nella quale rientra l’appalto oggetto della presente controversia).

3. Tanto precisato in ordine alla ratio ed all’ambito di applicazione dell’art. 90, comma 8, occorre verificare se nel caso di specie ricorra, in capo alla ricorrente in I grado, attuale appellante, quella "posizione di vantaggio", tale da rendere applicabile nei suoi confronti il divieto di partecipazione alla gara.

Su tale aspetto, l’appellante sostiene:

a) che le Linee guida, poiché contengono "principi e criteri generali noti ed accettati dalla comunità scientifica applicati ad un caso specifico (le gallerie stradali", si sostanziano in un "libro di testo, norma di buona pratica progettuale e non certo come capitolato speciale di appalto", di modo che nessun vantaggio particolare può derivare "dall’aver collaborato marginalmente alla redazione delle Linee guida A., che descrivono un metodo di lavoro";

b) che vi è stato fraintendimento del Tribunale nel configurare una posizione di vantaggio "sulla base della presunta configurazione come parzialmente coincidente dell’oggetto dell’incarico di redazione delle linee guida e dei servizi di studio sulla sicurezza";

c) che le Linee guida A. "sono (ormai dal 2006) un documento di pubblico dominio e, dunque, appannaggio di tutti i concorrenti, sicché non possono dare privilegi o vantaggi di sorta";

d) che le citate Linee guida "sono in realtà state affidate e predisposte dal Consorzio Fastigi in virtù del disciplinare stipulato con l’ANAS", e l’appellante ha solo parzialmente collaborato alla stesura definitiva delle stesse.

Le argomentazioni svolte dall’appellante, volte a dimostrare l’insussistenza, nel caso di specie, dell’acquisizione di alcuna posizione di vantaggio nella gara per l’affidamento di un servizio di consulenza per studi sulla sicurezza in galleria, e quindi l’inapplicabilità al caso di specie del divieto di cui all’art. 90, comma 8 (una volta ritenuto lo stesso, come si è già affermato, espressione di un principio generale), non risultano persuasive.

Occorre ricordare che, come già affermato (Cons. Stato, sez. VI, n. 5087/2007, cit.), "la regola generale della incompatibilità garantisce la genuinità della gara, e il suo rispetto prescinde dal fatto che realmente si sia dato un vantaggio per un concorrente a motivo di una qualche sua contiguità con l’Amministrazione appaltante. In tal senso, quel che rileva è la situazione dei partecipanti alla gara, il cui esame deve evidenziare, in modo oggettivo, una disomogeneità di partenza per la particolare posizione in cui qualche concorrente viene a trovarsi."

E se, come pure è stato affermato, occorre che, ai fini della declaratoria di incompatibilità, devono ricercarsi indizi seri, precisi e concordanti sulla circostanza che il partecipante alla gara, o il soggetto a questo collegato, abbia rivestito un ruolo determinante nell’indirizzo delle scelte dell’amministrazione o ne abbia ricevuto un tale flusso di informazioni riservate da falsare la concorrenza (Cons. Stato, sez. V, n. 36/2008, citata a pag. 1516 dell’appello), occorre tuttavia precisare che tali "indizi" non devono necessariamente riguardare soltanto "situazioni limite", come l’essersi determinata, nel passato o nel presente, una situazione di influenza sulle scelte dell’amministrazione ovvero una situazione di connivenza, con conseguente flusso di informazioni, dall’amministrazione all’impresa che pretende di partecipare alla gara.

Occorre ricordare che le norme sulle incompatibilità ed i connessi divieti agiscono, per così dire, "in prevenzione"; sono norme che tendono a prevenire il pericolo di pregiudizio (nella specie, per il principio della par condicio); norme che, verificato il caso di incompatibilità, attraverso la prescrizione del divieto di partecipazione, tendono a salvaguardare la genuinità della gara. Esse prevengono il pregiudizio, non presuppongono intervenuta la lesione, né presuppongono la sussistenza di un concreto tentativo di compromissione.

E’, dunque, sufficiente che gli indizi (ferma la loro serietà, precisione e concordanza) riguardino situazioni che, oggettivamente, pongono un determinato concorrente in una posizione di squilibrio (per sé favorevole) nei confronti degli altri concorrenti, e tale da determinare – indipendentemente dal concretizzarsi del vantaggio – una violazione della par condicio.

Nel caso di specie, come affermato nella sentenza del primo giudice (e non contraddetto dall’appellante):

– l’affidamento del servizio di consulenza per studi sulla sicurezza poneva, quali elementi fondamentali, fin dalla definizione dell’oggetto della gara, le "Linee guida per la progettazione della sicurezza nelle gallerie stradali"; il che rende tali Linee guida non un "libro di testo", bensì il riferimento per la redazione delle offerte;

– la "redazione delle linee guida A. è stata indicata tra i requisiti di capacità tecnica nella domanda di partecipazione della Prometeo e come tale è stata valutata" (il che consente di definire la dimensione del contributo alla redazione delle medesime, nella rappresentazione che di questa ha dato in sede di gara l’attuale appellante).

Tanto appare rilevante ai fini di contribuire ad escludere l’error in iudicando della sentenza di I grado. Giova, inoltre, osservare che non possono assumere alcun rilievo le considerazioni relative alla pubblicità e notorietà delle Linee guida, il che escluderebbe posizioni di vantaggio:

Infatti, ciò che determina la situazione di incompatibilità (e quindi il divieto di partecipazione) non è, in senso oggettivo, la conoscenza dell’elaborato sulla cui base occorre procedere ("con utilizzo di analisi di rischio in accordo alle linee guida A. del novembre 2006", come si legge nel bando di gara), bensì, in senso soggettivo, l’avere redatto un documento che costituisce il presupposto per la valutazione delle offerte, che a quello devono conformarsi. Il che pone l’estensore (o coestensore, o collaboratore all’estensione), in una posizione soggettiva di vantaggio per l’applicazione al caso concreto delle Linee guida in precedenza redatte.

Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Stante la complessità delle questioni trattate, sussistono giuste ragioni per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da P. It s.r.l. (n. 218/2011 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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