Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-08-2011, n. 17025 ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Nell’aprile 1998 M.D., già dipendente della fallita SO.GE.ME. BITUM BETON s.p.a. dal luglio 1981 al maggio 1994, propose al Tribunale di Napoli istanza di insinuazione tardiva al Fallimento in privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 1 del credito di complessive L. 99.043.009 per differenze paga derivanti da sottoinquadramento in categoria operaia anzichè impiegatizia e da mancato pagamento di lavoro straordinario (oltre a L. 26.515.359 per T.F.R., poi corrispostogli con conseguente eliminazione della richiesta). Il Tribunale, espletata prova testimoniale, rigetta il ricorso, ritenendo non provate le allegazioni del ricorrente.

2. Propose appello il M., dolendosi della valutazione delle prove compiuta dal primo giudice. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata il 18 novembre 2004, accoglieva parzialmente il gravame, ammettendo al passivo, con il privilegio richiesto, il credito per differenze retributive da sottoinquadramento di Euro 2.500,00 oltre rivalutazione e interessi. Osservava la Corte, quanto al dedotto lavoro straordinario, che non era credibile la deposizione del teste B. dalla quale emergeva che lo straordinario era costantemente praticato nella misura fissa di un’ora in più al giorno, e quindi 20 ore mensili, in quanto smentita sia dalla pur generica deposizione dell’altro teste sia dai conteggi allegati dallo stesso ricorrente. Quanto al sottoinquadramento, osservava che le mansioni effettivamente svolte dall’istante emergevano dalle deposizioni testimoniali – ancorchè non risultasse l’epoca di inizio – ma la relativa differenza retributiva non poteva riconoscersi nella intera misura richiesta dal M., comprendente anche altri compensi non dovuti o estranei alla materia del contendere, bensì nella minor misura indicata.

3. Avverso tale sentenza il M. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il 28 ottobre 2005, formulando unico motivo. L’intimata non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

1. Il M. censura sia il rigetto della domanda con riguardo al lavoro straordinario sia l’accoglimento della domanda di riconoscimento della superiore qualifica impiegatizia in ragione delle mansioni di magazziniere unico, in relazione al contenimento dei relativi effetti patrimoniali in ristrettissimi limiti. Denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 Cost., della L. n. 4 del 1953, artt. 1 e 2, degli artt. 1193, 2099, 2214, 2709, 2697, 2730 e 2735 cod. civ., degli artt. 115 e 342 cod. proc. civ., nonchè omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione in ordine alle prove documentali in atti ed alle prove orali raccolte.

Sostiene che la Corte avrebbe omesso l’esame di un significativo e dirimente dato documentale agli atti (le buste paga relative a quattro mensilità, nelle quali vi era annotazione di lavoro straordinario diurno), che giustificherebbe un nuovo esame della fattispecie, se del caso anche a mezzo di una consulenza tecnica contabile, in relazione al "minimale plafond di venti ore mensili di straordinario" oggetto di domanda, che ben potrebbe accertarsi avvalendosi di presunzioni semplici, sulla base delle risultanze delle buste paga e delle dichiarazioni dei due testi P. e B. ingiustamente disattese dalla corte di merito.

2. Il motivo si incentra dunque sulla denuncia di un vizio di motivazione in relazione all’accertamento delle circostanze di fatto allegate (la denuncia della violazione o falsa applicazione delle norme di legge regolanti il rapporto presuppone che tali circostanze di fatto siano accertate), ed attiene alle valutazioni espresse dalla corte di merito in ordine alle risultanze delle prove in atti.

Valutazioni che non possono essere oggetto di esame in questa sede se non sotto il profilo della congruità, logicità e coerenza della motivazione espressa dalla corte di merito. Sotto questo profilo, va osservato come la sentenza impugnata abbia puntualmente esposto le sue considerazioni (riassunte come sopra) circa la inidoneità della prova fornita dal ricorrente, con particolare riguardo alle dichiarazioni dei testi da lui indicati, e tali motivazioni appaiono, oltre che congrue, non illogiche nè contraddittorie. Del resto, le contestazioni del ricorrente al riguardo risultano, da un lato, espresse in violazione del principio di autsufficienza del ricorso (che indica genericamente un dato documentale senza specificarne l’incidenza concreta in raffronto con gli altri elementi valutati nella sentenza), dall’altro si mostrano basate su argomentazioni comunque non conducenti a diverse conclusioni. Il rigetto del ricorso impone dunque, senza provvedere sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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