Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-01-2011) 02-05-2011, n. 16867 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ioni del P.G. Dott. SPINACI Sante che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La procura presso il tribunale di Bologna ha presentato ricorso avverso l’ordinanza 22.10.2010 emessa, ex art. 310 c.p.p., del tribunale di Bologna, con la quale era stata revocata la misura della custodia in carcere nei confronti di A.G.V., detenuto dal 12.3.2010. A seguito di giudizio direttissimo, celebrato con il rito abbreviato, l’ A. era stato condannato, per il delitto ex art. 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 4 e 5 alla pena di 8 mesi di reclusione ed Euro 200 di multa, confermata dalla corte di appello con sentenza 20.7.10.

La corte aveva rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare, con ordinanza 28.9.10, che era stata poi impugnata dal difensore, ex art. 310 c.p.p. e il tribunale di Bologna, ritenuta la fondatezza del gravame, ha revocato la misura, con ordinanza 22.10.10, avendo ritenuto che:

a) la conclusione del processo non risulta imminente (il termine per proporre ricorso per cassazione è al 2.11.10);

b) la durata complessiva della coercizione carceraria era stata di 7 mesi e 11 giorni, pari a più di 7/8 della pena inflitta (non suscettibile di peggioramento);

c) la brevità del residuo della pena avrebbe comportato l’inevitabile sovrapposizione del presofferto cautelare alla sanzione espianda, in contrasto con la ratto del principio di proporzionalità che è quella di evitare che la coercizione cautelare trasmodi in anticipazione della pena, rendendo operativo il diverso, estremo, automatico sbarramento fissato dall’art. 300 c.p.p., comma 4.

Avverso l’ordinanza è stato presentato il sopra indicato ricorso della procura presso il tribunale di Bologna, per violazione di legge, in riferimento all’art. 275 c.p.p., n. 2 e art. 292 c.p.p., comma 2. Il ricorrente osserva che il tribunale è giunto alla revoca della misura cautelare, in base al canone di proporzionalità della durata della detenzione cautelare rispetto all’entità della pena inflitta, senza effettuare alcuna valutazione sul punto delle esigenze cautelari, attribuendo così al principio ex art. 275 c.p.p., n. 3 un’ultrattività non ancorata al complessivo sistema delle misure cautelari e anche in stridente contrasto con il sistema dell’esecuzione delle pene detentive.

Il p.m. concorda sull’esistenza del canone di proporzione e sull’individuazione nell’art. 275, comma 2 e art. 299, comma 2 del suo fondamento normativo. L’operatività del principio si realizza sia in fase di scelta della misura sia nello sviluppo dinamico della stessa, quando i concreti tempi processuali e le sentenze quantificatici della pena sono elementi che possono influire sul giudizio di proporzione e di adeguatezza della stessa.

Nel nostro ordinamento vi è un complesso di norme costituzionali ( artt. 13 e 27 Cost.) e norme ordinarie, dirette a scongiurare la possibilità di misure cautelari di durata indefinita ed eccessiva rispetto alla tipologia astratta del reato. Non è previsto alcun meccanismo che statuisca un rapporto automatico tra la pena inflitta e la custodia cautelare, formulato in termini di frazione matematica.

Secondo il ricorrente non è condivisibile il tentativo di introdurre questo meccanismo attraverso l’art. 304 c.p.p., comma 6, grazie all’intervento della Corte costituzionale, che, nell’ordinanza 397/2000, ha escluso la possibilità di una sentenza manipolativa, , che muterebbe il significato del limite finale dei due terzi della pena, trasformandolo in un correttivo verso il basso dei termini di fase e dei termini complessivi, svincolato da ogni evento "anomalo" di "sfondamento" e tale da comportare in concreto un drastico abbattimento dei termini stessi.

Unica norma che opera un raccordo con la pena irroganda in concreto è nell’art. 300 c.p.p., comma 4, in forza della quale la custodia cautelare perde efficacia quando è pronunciata sentenza di condanna, anche se sottoposta a impugnazione, qualora la custodia in carcere già subita sia pari o maggiore all’entità della pena inflitta.

Manca comunque un riferimento espresso al principio di proporzione.

Da questa norma è possibile argomentare la necessità di una proporzione tra tempo espiato e pena inflitta solo nel senso di una proporzione di uguaglianza (1 a 1), nel senso cioè che ogni superamento del rapporto di uguaglianza determina l’automatica perdita di efficacia della misura.

Nè esiste altro rapporto di proporzione che abbia efficacia analoga a quello delineato da questo articolo, comportando l’automatica revoca della misura cautelare senza l’esame delle esigenze cautelari.

Neppure la norma di cui all’art. 299 c.p.p., comma 2 richiamata nell’ordinanza impugnata:

essa fa riferimento al solo caso del venir meno della proporzionalità della misura rispetto all’entità della sanzione, quale causa dell’attenuazione della misura e delle modalità di esecuzione, ma non quale causa della revoca della misura.

La revoca è prevista dal comma 1 solo per mancanza o per il venir meno delle condizioni di applicabilità delle condizioni previste dagli artt. 273 e 274, senza alcun richiamo al testo dell’art. 275, comma 2.

In conclusione, in assenza della previsione normativa di un’automatica revoca della misura custodiale, in caso di sopravvenuta sproporzione tra durata della misura e entità della pena inflitta, ha errato il giudice nell’omettere qualsiasi valutazione sulla permanenza o meno delle esigenze cautelari.

Sotto il profilo del sistema dell’esecuzione della pena, il ricorrente censura l’ordinanza in quanto:

a) la finalità di impedire la sovrapposizione tra misura cautelate e pena detentiva mantiene aperto il rapporto fra condannato e organi dell’esecuzione, con conseguente aggravio per il primo che è interessato, a distanza di tempo, a vedere estinto il debito con lo Stato. b) La messa in esecuzione della pena, per un ridotto periodo di detenzione, non consente l’avvio del trattamento rieducativi di cui alla L. n. 354 del 1975, art. 1, comma 6, con evidente elusione delle finalità tracciate dall’art. 27 Cost., comma 3. c) Posto che il sistema complessivo (di cui all’art. 656 c.p.) risulta basarsi sulla teorica e armonica integrazione tra meccanismi escuti, giudizio di pericolosità e termini massimi di durata di custodia cautelare, non è accettabile l’alterazione di questi equilibri basata non su norme vigenti, ma sulla istituzione praeter legem di termini inferiori rispetto a quelli di legge. Il ricorso merita accoglimento, in quanto:

1) nel nostro ordinamento non vi è alcuna norma che statuisca un rapporto automatico tra entità della pena detentiva inflitta e durata della custodia cautelare in termini di frazione matematica;

2) non è possibile trarre questa disposizione dall’art. 304 c.p.p., comma 6, alla luce dell’ordinanza 397/2000 della Corte costituzionale, che ha escluso la possibilità di una sentenza manipolativa nel senso indicato dal ricorrente;

3) un rapporto tra i due fattori è ravvisabile nell’art. 300 c.p.p., comma 4, che, sebbene manchi di un espresso riferimento al principio di proporzionalità, ad esso concretamente si ispira, laddove stabilisce che la custodia cautelate perde efficacia, quando sia pronunciata sentenza di condanna, anche se sottoposta ad impugnazione, nel caso in cui la limitazione della libertà già subita in via cautelare, sia pari o maggiore dell’entità della pena inflitta;

4) la norma ex art. 299 c.p.p., comma 2 non ha efficacia analoga, in quanto fa riferimento al venir meno della proporzionalità della misura rispetto all’entità della sanzione quale causa della attenuazione della misura o delle modalità di esecuzione;

5) la revoca immediata della misura è prevista dal comma 1 solo per mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni e dei requisiti di cui agli artt. 273 e 274 c.p.p.;

6) pur non esistendo nel vigente ordinamento un riconoscimento al principio di proporzionalità, legittimante la revoca della misura in caso di pericolo – cadenzato dal trascorrere del tempo – dell’integrale espiazione anticipata, in sede cautelare, dell’intera pena detentiva, è possibile e doveroso un razionale coordinamento tra esigenze di cautela e tempo di detenzione, secondo il disposto di cui all’art. 292, comma 2, lett. c). Questa norma impone al giudice di valutare ed esplicitare se e in che misura il tempo abbia inciso al momento dell’applicazione della misura e continui ad incidere al momento dell’esame della sua permanenza.

Il fattore tempo può e deve essere valutato – non automaticamente, in termini di frazione matematica – ma in termini concreti, misura per misura, in relazione al suo effetto sulla perseveranza o sulla compressione delle esigenze cautelari. Si richiamano le implicite ma nette conclusioni di sez. 5^, n. 36685 dell’11.7.07, nonchè l’affermazione di S.U., n. 40538 del 24.9.09 (in Cass. pen. 2010, n. 135.4, p. 512), secondo cui "la disposizione dettata dall’art. 292, comma 2, lett. c) – la quale espressamente prevede tra i requisiti dell’ordinanza cautelare lo specifico riferimento al tempo trascorso dalla commissione del reato – impone al giudice di motivare circa il punto menzionato sotto il profilo della valutazione della pregnanza della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempus commissi delicti, dovendosi ritenere che ad una maggiore distanza temporale dei fatti corrisponda un affievolimento delle esigenze cautelari (sez. 2^, 8.5.08, p.m. in proc. Mezzatenta)".

E’ indubbiamente un esame più difficile, dall’incerto esito liberatorio, ma, in assenza di una precisa disposizione legislativa, non si può pretendere che dal tempo derivi un’automatica scomparsa e irrilevanza delle esigenze cautelari.

Il ricorso va quindi ritenuto fondato per gli argomenti ora esposti, con assorbimento delle altre doglianze espresse dal ricorrente.

L’ordinanza va annullata con rinvio al tribunale di Bologna per nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Bologna per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *