Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-01-2011) 02-05-2011, n. 16864

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il tribunale di Bologna, in accoglimento dell’appello proposto dal p.m. presso il tribunale di Reggio Emilia, ha applicato a C. P. la misura degli arresti domiciliari, in relazione ai reati ex art. 612 bis c.p.; artt. 81, 582, 585 e 576 c.p.; art. 605 c.p. in danno della minorenne L.R., con la quale aveva avuto un rapporto affettivo.

Il difensore ha presentato ricorso per violazione degli artt. 273 e 274 c.p. in relazione ai reati ex artt. 605 e 612 bis c.p..

Il ricorrente rileva che non sussiste, in ordine ad essi, un’adeguata base indiziaria, in quanto le dichiarazioni della persona offesa e della madre sono in sè poco convincenti e sono contrastate da dichiarazioni di altri soggetti.

Quanto al reato di atti persecutori, le dichiarazioni di persone estranee alla famiglia della L. hanno escluso che il C. abbia tenuto una condotta persecutoria reiterata. Di grande rilevanza è quanto rilevato dallo psichiatra che ha avuto in cura la giovane donna, secondo il quale questa soffre di depressione per disagio familiare, cagionato dalle difficili relazioni con la madre.

Pertanto l’evento previsto dall’art. 612 bis c.p. non è imputabile alla condotta dell’imputato; nè risulta che la L. abbia dovuto mutare le proprie abitudini di vita Quanto al fatto qualificato come sequestro di persona, alla luce della narrazione della donna non appare lesa la libertà di movimento, ma la libertà psichica di determinazione, inquadrabile nel reato ex art. 610 c.p..

Non è stata corretta la valutazione della documentazione prodotta dalla difesa e di quella di carattere sanitario, prodotta dall’accusa a dimostrazione degli atti di violenza, attribuiti al C..

Non è stato tenuto conto che l’episodio in cui il ricorrente ha riportato lesioni risale al medesimo episodio in ordine al quale la donna ha presentato querela: non si può pertanto valutare la condotta aggressiva della L. quale atteggiamento di difesa, rispetto ad una condotta persecutoria del C., se le lesioni riportate da quest’ultimo attengono al primo episodio di litigio tra i due protagonisti della vicenda.

L’assenza del pericolo di reiterazione del reato di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) è provata dal tempo trascorso tra la data dell’ultimo episodio denunciato e la data della denuncia: se la giovane donna, negli ultimi sette mesi, non ha adito l’autorità giudiziaria per esprimere la propria volontà punitiva, si ritiene assolutamente insussistente l’attualità del pericolo di reiterazione dei reati.

Il ricorso si articola in motivi manifestamente infondati, in quanto propone una serie di critiche a valutazioni fattuali, contenute nella decisione impugnata, assolutamente immeritevole di censura in sede di giudizio di legittimità, in virtù della sua fedele corrispondenza alle risultanze emerse dalle indagini e della loro razionale interpretazione.

Il tribunale ha messo in evidenza che le principali fonti di accusa (la persona offesa e la madre D.L.A.) hanno narrato con precisione gli eventi di violenza fisica e morale (minacce e insulti espressi nel corso di incontri imposti alla giovane, o inviati con messaggi telefonici o via internet; lesioni personali), legittimanti la sussistenza di un quadro indiziario pienamente conforme al dettato dell’art. 273 c.p.p.. Queste concordi accuse hanno trovato conferma nelle dichiarazioni dei testi che hanno assistito a un traumatizzante episodio (l’indagato ha puntato un coltello sull’addome della ex fidanzata), nonchè nei certificati medici.

Quanto al reato di atti persecutori, l’ordinanza mette in evidenza che queste reiterate condotte aggressive hanno causato gli eventi previsti dall’art. 612 bis c.p.:

a) il fondato timore per la propria incolumità (necessariamente determinato dalla diretta e ripetuta percezione, vissuta nel proprio corpo e nella propria mente, della potenziale e della reale forza lesiva prospettata e attuata dal C.). b) Il necessario mutamento di regime di vita (accompagnamento della genitrice nel caso di allontanamento dall’abitazione; esclusione, tra le mete dei suoi spostamenti, dei luoghi frequentati dal C.; cambio del numero del telefono cellulare);

c) Perdurante e grave stato di ansia e di paura, che ha creato necessariamente un destabilizzante turbamento psicologico. Tale evento presenta un particolare spessore, nella fragile personalità della minore, assediata dalla pressante, mortificante, intimidatoria richiesta di incontri, manifestata dal C. dinanzi all’abitazione della minore (oltre che dinanzi alla scuola e in altri luoghi, nella pubblica via), incontri finalizzati alla ricomposizione del rapporto con la giovane donna.

Il dottor Ca., che ha in cura la giovane, ha riconosciuto il rapporto di causalità tra questi comportamenti dell’indagato e le difficoltà psicologiche della minore, e correttamente il tribunale ha individuato in tali comportamenti la causa dello stato psicologico della giovane – sottoposta a terapia antidepressiva – o quanto meno un ostacolo al percorso di recupero della piena stabilità. Allo stato, manca uno specifico accertamento tecnico, che abbia dimostrato come gli elevati livelli di ansia, risultando spiacevoli e addirittura dolorosi, abbiano condotto alla specifica tipologia dello stato di ansia della persona offesa, attraverso un’accentuata e ingovernabile esposizione agli stimoli ansiogeni, fino a un approdo di tipo patologico.

Questo grave e perdurante stato di turbamento emotivo comunque è stato ragionevolmente ritenuto idoneo a essere inquadrato nell’evento di cui all’art. 612 bis c.p., la cui sussistenza non dipende dall’accertamento di una stato patologico, che può essere rilevante solo nell’ipotesi di contestazione di concorso formale di ulteriore delitto di lesioni. La nuova tipologia non può essere ricondotta in una ripetizione del reato ex art. 582 c.p. – il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica – ma per la sua consumazione è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità, dell’equilibrio psicologico della vittima.

Quanto al reato di sequestro di persona, è pienamente corretta la valutazione giuridica data dal giudice alla coartazione subita dalla donna, emergente dalla narrazione di quest’ultima. L’elemento materiale della costrizione imposta dal C. non ha inciso solo sulla libertà psichica della minorenne, ma ha leso la sua libertà di movimento.

Il comportamento dell’indagato ha determinato il protrarsi della limitazione della libertà di movimento della giovane, grazie alla violenta costrizione a rimanere nell’auto e all’altrettanto violento impedimento ad allontanarsi.

Quanto alle esigenze cautelari, l’arco temporale e la pluralità di luoghi ed occasioni in cui si sono manifestate le condotte di violenza fisica e psicologica del C., sono indicativi di generale e radicale atteggiamento intimidatorio, rancoroso e vendicativo dell’uomo, che così ha reagito, senza segni di emenda, alla manifestazione di libertà della giovane donna che non ha inteso riaprire un rapporto, per lei estremamente doloroso.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000, in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della spese processuali e della somma di Euro 1000, in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *