Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-01-2011) 02-05-2011, n. 16851 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 22.9.10, la corte di appello di Catania ha confermato la sentenza 12.7.07 del tribunale della stessa sede, con la quale G.F. è stato condannato alla pena di un anno di reclusione ed Euro 300 di multa, al risarcimento dei danni, alla rifusione delle spese in favore della parte civile M.G., magistrato, in servizio nella procura presso il tribunale di Cagliari, essendo stato ritenuto responsabile, del reato di diffamazione, perchè quale direttore del mensile "(OMISSIS)" e quale autore di un articolo pubblicato su quel periodico, nel numero dell’ottobre 2002, aveva diffuso un articolo in cui si affermava:

1. che il M. aveva litigato con il collega L.L. – suicida nell'(OMISSIS);

2. che non era in buoni rapporti con il collega P.C.;

3. che era visto con diffidenza da tutti, perchè considerato un "traditore per vocazione". Nell’articolo si affermava inoltre che dalle memorie del L. risultava che M. "sarebbe stato indagato per atti di libidine in danno di alcune impiegate della procura".

La corte di appello, esclusa la rilevanza delle prove sollecitate dal ricorrente, ha confermato il giudizio sulla carica diffamatoria delle accuse mosse al magistrato, con particolare riguardo a quella relativa alle indagini a suo carico per atti di libidine in danno di impiegate del suo ufficio. Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso, contestando la correttezza della ricostruzione dei fatti e la loro valutazione, contenute nelle sentenze di merito. Ha poi rilevato la violazione del diritto di difesa, avverso la sentenza della corte di appello e avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale, per acquisire la testimonianza del collega della procura R.A. e il memoriale del L.. Da queste prove sarebbe emersa la verità di quanto narrato nell’articolo. Secondo il ricorrente, il teste è in grado di deporre sull’esistenza dei problemi sorti in procura tra il M. e i colleghi e il memoriale dimostra la veridicità della notizia che il dr. M. era stato indagato per atti di libidine.

Sotto quest’ultimo profilo, non ha alcuna forza di convincimento l’argomento sostenuto dai giudici di merito, secondo cui la falsità della notizia risulta dalla mancanza dell’iscrizione del M. nel registro degli indagati per tale reato, a causa delle ammissioni del querelante. Nel corso dell’istruttoria dibattimentale, il M. ha dichiarato "Non è vero, non sono mai stato denunciato, non ho mai compiuto atti di libidine, comunque quelli che ho compiuto non sono, fanno parte di questa vicenda". Quindi, anche se non può parlarsi di indagato in senso tecnico, non si può negare che effettivamente ci siano stati alcuni atteggiamenti del dr. M. nei confronti di alcune impiegate, atteggiamenti che erano stati sotto l’attenta osservazione del dr. L.. Quanto ai rapporti con i colleghi, il ricorrente sostiene che la parte civile ha riconosciuto che l’espressione "tradimento di L." non è particolarmente diffamatoria.

I motivi del ricorso sono manifestamente infondati.

Quanto alle doglianze sulle valutazioni fattuali contenute nella decisione impugnata, va rilevato che esse non possono essere esaminate, nell’alveo del delimitato sindacato riconosciuto dal legislatore a questa corte. La sentenza impugnata è immeritevole di censura in sede di giudizio di legittimità, in virtù della sua fedele corrispondenza alle risultanze processuali e della loro razionale interpretazione. I giudici di merito hanno concordemente rilevato che la notizia di maggiore carica diffamatoria in danno del magistrato, impegnato in indagini per reati nel campo della pedofilia (l’aver assunto la qualità di indagato in reato a sfondo sessuale) non ha trovato alcuna conferma nei rituali atti giudiziali, nè può essere riconosciuta ad annotazioni di persona defunta, insuscettibili di conferma ufficiale o personale, forza dimostrativa, idonea a colmare il vuoto probatorio. Quanto alle critiche sulla mancata riapertura dell’istruttoria dibattimentale, formulate, oltre che sulla mancata acquisizione del memoriale L., sulla negata ammissione della testimonianza di R., va osservato che risulta dagli atti che l’oggetto della prova dichiarativa è stato indicato in maniera generica, tanto da legittimare l’esclusione della sussistenza della prova decisiva E’ stata proposta, cioè, non una prova idonea ad elidere l’efficacia dimostrativa degli elementi già acquisiti, ma una dichiarazione che, per la sua astrattezza e genericità, è stata correttamente considerata inidonea a mettere in discussione le certezze del giudizio di condanna e giustificare una decisione favorevole al ricorrente.

Il ricorso è quindi inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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