Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 2631 Rapporto di pubblico impiego Causa di servizio civile o militare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame, il sig. E. G. appella la sentenza 2 aprile 2008 n. 342, con la quale il TAR Calabria, sez. I di Catanzaro, ha rigettato il suo ricorso avverso il decreto 29 dicembre 2004 n. 3103, atto con il quale il Direttore della Divisione generale per il personale militare – IV reparto del Ministero della difesa, ha respinto la sua domanda volta ad ottenere l’equo indennizzo.

La sentenza appellata ha ritenuto sussistente la tardività della domanda, così come già rilevato dall’amministrazione, stante l’intervenuta decorrenza del termine semestrale, previsto dall’art. 3 R.D. 15 aprile 1928 n. 1024 e dall’art. 36 DPR 3 maggio 1957 n. 686, decorrente dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da quella in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’infermità.

Secondo il giudice di I grado, "la decorrenza del termine è legata alla sussistenza di condizioni tali da far ritenere che il dipendente sia in grado di acquisire consapevolezza di avere riportato una menomazione o che essa è correlata ad un evento connesso con il servizio svolto". Secondo il Tribunale, quindi, la consapevolezza della infermità "sindrome nefrosica in apparente compenso" è stata acquisita dal G. "fin dalla data in cui vi è stata la diagnosi di glomeruolonefrite e lesione minima con sindrome nefrosica, formulata presso l’Ospedale S. Chiara di Pisa nel marzo 1987", diagnosi che "secondo un criterio di ragionevolezza, poneva l’interessato nelle condizioni di acquisire consapevolezza della menomazione dell’integrità fisica e della correlazione al servizio prestato dell’infermità".

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

violazione, erronea e falsa applicazione art. 36 DPR n. 686/1957 e art. 3 DPR n. 349/1994; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare difetto di istruttoria e di motivazione; travisamento, irragionevolezza, ingiustizia manifesta, sviamento di potere.

Ciò in quanto "soltanto con la comunicazione della decisione della Corte dei Conti avvenuta in data 13 gennaio 2003, il G. ha avuto piena consapevolezza del fatto che la patologia riscontrata era sicuramente ascrivibile al servizio militare da lui svolto così come confermato dalla perizia medicolegale".

In ogni caso, il G. ha presentato tre domande di equo indennizzo, e cioè:

– in data 7 marzo 1987, cioè "subito dopo aver acquisito la prima diagnosi della malattia da parte dell’Ospedale S. Chiara di Pisa";

– in data 17 maggio 1989, "come si da atto nella sentenza appellata";

– in data 5 giugno 2003, dopo avere acquisito piena consapevolezza della dipendenza della infermità dal servizio militare svolto con la sentenza n. 1091/2002 depositata dalla Corte dei Conti in data 5 dicembre 2002".

Da ciò consegue – secondo il ricorrente – che, pur a voler condividere la tesi sostenuta dall’amministrazione e condivisa dai giudici di I grado, egli "ha adottato dette domande tutte nei termini prescritti dalla normativa".

Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Occorre, preliminarmente, precisare che oggetto della sentenza di I grado, per effetto del ricorso con il quale se ne chiedeva l’annullamento, è stato il decreto 29 dicembre 2004 n. 3103, con il quale il Ministero della difesa ha respinto la domanda del ricorrente volta ad ottenere la concessione dell’equo indennizzo, presentata in data 17 maggio 1989.

Pertanto, non può rilevare nella presente sede la circostanza – rappresentata nel ricorso in appello – della esistenza di altre due domande di concessione dell’equo indennizzo, ed in particolare di una – antecedente a quella giudicata tardiva – che sarebbe stata presentata dal G. in data 7 marzo 1987.

Infatti, per un verso tale circostanza di fatto esula dal presente giudizio, poiché oggetto di reiezione, stante la sua tardività, è stata la domanda presentata il 17 maggio 1989, di modo che in sede di appello è con riferimento ad essa che occorre stabilire se sia stata corretta la valutazione fatta dal I giudice (e ancor prima dall’amministrazione con il provvedimento originariamente impugnato).

Per altro verso, proprio la affermata esistenza di una domanda di equo indennizzo fin dalla data del 7 marzo 1987 rafforza la tesi della tardività (in quanto decorso il termine di sei mesi dalla conoscenza dell’infermità e della sua possibile correlazione con il servizio) della successiva domanda proposta il 17 maggio 1989.

Ovviamente, se è vero che ogni disamina della prima domanda esula dal presente giudizio, è altrettanto evidente che l’interessato potrà sempre ricorrere ai mezzi di tutela previsti dall’ordinamento, ove esperibili, in ordine a procedimenti amministrativi ad istanza di parte non conclusi dall’amministrazione.

La premessa in punto di fatto è necessaria sia al fine di definire correttamente il thema decidendum, sia per sottolineare l’infondatezza dell’argomentazione esposta in sede di appello (v. pagg. 910), volta – nella (non fondata) prospettazione dell’appellante – a comprovare la tempestività della domanda di equo indennizzo.

Tanto precisato, occorre ricordare che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di precisare che il termine semestrale, fissato dall’art. 36 del d.P.R. n. 686 del 1957 (e ora ribadito dall’art. 2 del vigente d.P.R. n. 461 del 2001), per la presentazione della domanda di riconoscimento dalla dipendenza da causa di servizio di infermità ha natura di termine perentorio e, quindi, decadenziale (Cons. Stato, sez. III, 26 aprile 2010 n. 2568; sez. V, 28 marzo 2008 n. 1298).

Più in particolare, si è affermato (Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2008 n. 898) che la giurisprudenza "interpretando il disposto dell’art. 36 D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686, secondo il quale il termine entro il quale va presentata domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità contratta dal pubblico dipendente è stabilito in sei mesi "dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso" o da quella in cui l’impiegato "ha avuto conoscenza dell’infermità", ritiene che il termine suddetto non decorre dal semplice verificarsi di un evento i cui danni possano manifestarsi in futuro o dalla conoscenza di una malattia o lesione, ma dal momento dell’esatta percezione della natura e della gravità dell’infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio (cfr. per tutte Sez. V 3 luglio 2003 n. 4004). In particolare, è stato precisato che la decorrenza del termine in controversia va individuata tenendo presente il momento in cui l’interessato abbia acquisito, secondo un criterio di normalità (Sez. VI 12 marzo 2002 n. 1479 e 17 aprile 2007 n. 1741), conoscenza dell’effettiva consistenza e gravità dell’affezione e delle relative conseguenze invalidanti".

Orbene, la valutazione fatta dal giudice di I grado – che ha ricollegato il momento della effettiva e piena conoscenza dell’esatta diagnosi della malattia almeno dal mese di marzo 1997, "in quanto sulla cartella clinica dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa, datata 7 marzo 1987, viene riportata la diagnosi di "glomerulonefrite a lesione minima con sindrome nefrosica", appare del tutto corretta e ragionevole, in quanto non solo rispondente a quel criterio di "normalità" indicato dalla giurisprudenza, ma sorretta da un preciso riferimento documentale.

E certamente tale statuizione non risulta superata da quanto apoditticamente affermato in appello, laddove si espone che solo con la sentenza della Corte dei Conti di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, il G. avrebbe "acquisito piena consapevolezza del fatto che il danno alla propria integrità fisica era derivato da fatti inerenti al servizio espletato".

Al di là delle già ricordate circostanze di fatto, occorre ulteriormente rilevare come la piena conoscenza richiesta dall’ordinamento per individuare il dies a quo dal quale calcolare il termine semestrale per la presentazione della domanda di equo indennizzo non deve essere intesa come raggiungimento incontrovertibile della prova della esistenza della infermità e della sua dipendenza da causa di servizio, ma – come ha già chiarito la giurisprudenza, anche innanzi richiamata – come conoscenza, secondo parametri di normale ragionevolezza, della esistenza dell’infermità e della sua dipendenza da fatti legati al servizio.

E tanto si è verificato, nel caso di specie, con riferimento alla data individuata dall’amministrazione, con valutazione ritenuta legittima dal I giudice.

Per le ragioni sin qui esposte, l’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Stante la natura delle questioni trattate, ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da G. E. (n. 8211/2008 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *