Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 2630 Decreto di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al TAR Campania la ditta T. P., in relazione a procedura espropriativa di aree di sua proprietà promossa nell’interesse dell’A. (per la costruzione di strada in variante alle ss n.7 e n. 265), impugnava i seguenti atti:

a) decreto del Prefetto di Caserta prot. n. 516/2001/LL.PP. del 2711.2001, notificato il 4.2.2002, con cui la A.T.I. "G. S.p.a.(mandataria) I.Co.Ri. S.p.a, B. T. S.p.a. e C. s.r.l. è stata autorizzata in nome e per conto dell’A.N.A.S. ad occupare in via temporanea e di urgenza sino al 18.10.2006 gli immobili i proprietà della ricorrente siti nel Comune di San Prisco (CE) e riportati in Catasto al Foglio 5 Particella 5169 e dell’avviso di immissione in possesso;

b) disposizione n. prot. 5536 del 18.10.2001 dell’Amministratore dell’A.A.N.A.S. con la quale è stata approvata la perizia di variante tecnica ai lavori di costruzione della variante alle strade stradali 7 e 265 tra Capua e Maddaloni, compresa la variante esterna all’abitat di Caserta, ed il relativo progetto è stato dichiarato di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza;

c) piano particellare, grafico e descrittivo relativi alla perizia di variante tecnica e suppletiva prot. 52502 del 19.12.2000;

La ricorrente esperiva altresì azione di risarcimento del danno.

Con ricorso per motivi aggiunti le istanti censuravano altresì i decreti prefettizi di proroga dei termini dell’occupazione d’urgenza (12.10.2006) e di espropriazione, intervenuto in data 24 11 2006.

Con la sentenza epigrafata, il TAR adito:

ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo, contro gli atti ivi indicati, per sopravvenuta carenza di interesse (atteso il sopraggiungere del decreto d’esproprio, impugnato coi motivi aggiunti);

ha accolto i motivi aggiunti, annullando gli atti con esso impugnati;

ha accolto la domanda di risarcimento dei danni, correlata all’annullamento di cui sopra, condannando il Prefetto di Caserta alla loro corresponsione ed indicando i criteri per la loro determinazione, ai sensi dell’art. 35 del d.lg.vo n.80/1998.

La predetta pronunzia è stata impugnata dall’A. innanzi a questo Consesso, con formulazione di motivi a sostegno così" rubricati:

1.- falsa applicazione dell’art. 13 della legge n. 2359/1865;

2.- insussistenza del giudicato esterno sugli atti impugnati;

3.- falsa applicazione dell’art. 43 del dpr n. 327/2001 e della conseguenziale tutela risarcitori ex art. 2043 cod.civ;

4.- esistenza di termini certi e perentori della procedura espropriativa;

5.- difetto di legittimazione passiva dell’autorità prefettizia.

Le censure svolte a supporto di tali motivi si intendono qui riportate.

Si sono costituite nel giudizio le società T. P. e G. C., chiedendo il rigetto dell’appello.

La prima ha specificato in due memorie (sottoscritte il 10.11.2009 ed il 22.2.2011) le proprie eccezioni e difese, che si intendono qui richiamate.

Con provvedimento interlocutorio (n.765/2010) la Sezione ha ordinato l’acquisizione agli atti del processo del decreto di proroga in data 27.9.2006; l’incombente è stato eseguito con il deposito agli atti del provvedimento del Presidente dell’ANAS 27.9.2006 di proroga del termine per l’ultimazione delle operazioni espropriative.

Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1.- Con la sentenza gravata, il TAR ha accolto il ricorso sulla base dei motivi aggiunti, annullando sia il decreto prefettizio di proroga del termine inizialmente stabilito dalla dichiarazione di pubblica utilità, sia il decreto di esproprio, per essere stato emesso dopo la scadenza del predetto termine originario. In particolare il primo giudice ha annullato il decreto di espropriazione 24.10.2006 per violazione dell’art. 13 L. 25.6.1865, n. 2359, rilevando che il completamento della procedura espropriativa mediante il decreto di esproprio non è avvenuto nei termini previsti dalla dichiarazione di pubblica utilità (provv. n. 5536 del 18 10 01), i quali, essendo stati determinati in 1825 giorni da tale data, scadevano il 18 10 2006; da ciò la perdita di efficacia della dichiarazione e la conseguente illegittimità del decreto ablativo, emesso successivamente a detta scadenza, con le relative conseguenze risarcitorie.

2.L’appellante Azienda avversa queste argomentazioni opponendo che il termine contenuto della dichiarazione di pubblica utilità era stato prorogato e che il decreto ablativo è intervenuto entro tale nuovo termine. Il motivo è fondato.

E’ stato acquisito agli atti, per effetto dell’istruttoria, il provvedimento A. 27.9.2006 recante proroga di 123 giorni della scadenza del termine inizialmente fissato col provvedimento 18.10.2001 (approvazione del progetto in questione, con valenza di dichiarazione di pubblica utilità).

La ditta appellata controdeduce che tale atto di proroga emesso dall’ANAS non era stato prodotto in giudizio dalle amministrazioni appellanti e non è citato nemmeno nel decreto prefettizio di esproprio, oggetto dei motivi aggiunti proposti in primo grado, il quale si è limitato a far riferimento al decreto prefettizio 12.10.2006, di proroga sino al 27.11.2006 dell’occupazione temporanea e d’urgenza. Entrambe le argomentazioni, pur rispondendo alla realtà dei fatti, non assumono però alcun rilievo giuridico.

La prima circostanza, che certamente nella specie palesa un" insufficiente condotta processuale nel giudizio di primo grado, non può però assumere sostanziale rilievo in ordine alla decisione della controversia, non sussistendo ostacoli processuali a che il predetto decreto, non esibito dall’ANAS nemmeno in appello, fosse acquisito d’ufficio da questa Sezione (come avvenuto con il provvedimento in fatto specificato).

Esito non diverso ha la seconda obiezione, che fa osservare come l’atto di proroga dei termini non risulti menzionato dal decreto di esproprio. Al riguardo il Collegio rileva infatti che l’atto ablativo poggia esplicitamente e sufficientemente sul decreto prefettizio 12.10.2006 di proroga della occupazione d’urgenza, restando irrilevante quindi che il provvedimento dell’A. di analogo tenore non sia menzionato nel decreto.

Nel merito della questione, ed all’opposto di quanto ritenuto dal TAR, il decreto di esproprio in data 24.11.2006 risulta emesso entro il nuovo termine (27.11.2006) stabilito dal decreto prefettizio di proroga.

L’appello deve pertanto essere accolto, anche con riferimento alle conseguenti affermazioni di responsabilità civile dell’amministrazione e condanna al risarcimento dei danni (contestate nel terzo motivo d’appello A.).

3.- La conseguente riforma della sentenza di primo grado comporta la necessità di esaminare i restanti motivi aggiunti in quella sede formulati, dichiarati assorbiti dal TAR che aveva ravvisato il vizio di violazione del termine finale da parte del decreto di esproprio.

3.1.- Il primo motivo aveva argomentato che dal decreto prefettizio di proroga non era dato comprendere il termine di ultimazione dei lavori, sicchè esso doveva ritenersi mancante della nuova fissazione dei termini. La tesi non può essere accolta.

Il decreto prefettizio di proroga dei termini non può considerarsi privo del nuovo termine poiché a tale scopo è sufficiente che il medesimo abbia determinato il numero di giorni da applicarsi a prolungamento del termine iniziale; in tal modo il termine finale emerge dalla semplice addizione aritmetica dei giorni di proroga alla data di scadenza originaria.

3.2.- Infondata è anche la seconda censura, che sostiene il mancato avviso dell’inizio del procedimento che ha poi condotto al decreto di proroga, in violazione dell’art. 7 della 241/1990. Ritiene il Collegio che di tale incombenza possa farsi a meno laddove l’atto da compiere rivesta natura urgente; nella specie la stessa imminente scadenza di un termine oltre il quale la posizione dell’amministrazione procedente diviene illecita, costituisce logico motivo esimente dall’onere in parola. Quest’orientamento, peraltro, ritiene il Collegio non contraddica necessariamente la necessità in linea di principio dell’avviso in parola, affermata dalla giurisprudenza in più occasioni (ad es. CDS, VI, n.5443/2002); quest’ultima, infatti, non sembra farsi carico di fattispecie contraddistinte dall’urgenza di provvedere sottesa ad un chiaro ed impellente interesse pubblico e quindi nemmeno esclude l’esenzione dell’avviso in ipotesi caratterizzate dall’imminente scadenza del termine inizialmente stabilito e quindi dalla necessità di prorogarne la durata per non incorrere in onerose responsabilità civili. E comunque, premesso che la giurisprudenza invocata afferma il principio con riferimento al subprocedimento di proroga dei termini della dichiarazione di pubblica utilità e non con riferimento al subprocedimento di proroga dei termini per l’occupazione d’urgenza, va ricordato che "le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo di cui agli artt. 7, 8 e 10 L. 7 agosto 1990 n. 241 non vanno applicate meccanicamente e formalisticamente, nel senso che è necessario annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, ma vanno interpretate nel senso che non sono annullabili i procedimenti che hanno comunque raggiunto lo scopo al quale la comunicazione di avvio tende, in quanto, in caso contrario, si farebbe luogo ad una inutile ripetizione del procedimento, con aggravio sia per l’Amministrazione sia per l’interessato" (CDS, sez. IV, n. 4018 – 15 giugno 2004, con riferimento a procedura espropriativa; in generale v. CDS, sez. IV Sez. 2 gennaio 1996 n.3).

E con riferimento al caso in esame, la ditta P. non ha indicato quale diverso e favorevole risultato l’amministrazione o la stessa ditta avrebbero potuto raggiungere se il decreto di proroga (peraltro di modestissima durata) fosse stata preceduta dall’avviso di inizio del procedimento.

3.3- Il terzo ordine di doglianze articola in realtà, sempre a carico del decreto di proroga, due profili, costituiti dall’incompetenza del Prefetto (in luogo dell’A.) e dal difetto di motivazione in ordine alle ragioni della proroga medesima.

3.3.1- Quanto al primo, la censura muove dal rilievo che spettando all’ANAS l’approvazione del progetto comportante contestuale dichiarazione di pubblica utilità, anche la proroga dei relativi termini doveva essere adottata dalla Azienda delle strade. La tesi oblitera che, come già sopra accennato, oggetto della censura in esame non è la dichiarazione di pubblica utilità o la proroga dei suoi termini (che nella specie rientra nella competenza dell’A.) ma un decreto prefettizio di proroga di precedente decreto di occupazione di urgenza, atti per il quali deve ritenersi ferma, per le opere statali, la competenza del Prefetto (art. 20 legge n.865/1971). Il richiamo all’art. 13, c.5, del DPR 327/2001 è perciò inconferente.

3.3.2- Anche il difetto di motivazione non sussiste. Ed infatti il decreto prefettizio 12.10.2006 è stato adottato sulla base di specifica e motivata istanza formulata dalla ditta delegata dall’A. al compimento delle operazioni, nella quale si evidenziava che le limitazioni imposte dalle legge finanziaria non avevano consentito il compimento dei lavori nei tempi previsti e soprattutto il pagamento delle indennità agli espropriati, che fanno parte delle somme necessarie. Del resto tale motivazione risulta del tutto logica soprattutto se si considera che, secondo il procedimento di legge, l’obbligo dell’amministrazione di corrispondere le indennità espropriative deve essere assolto prima di emanare il decreto di esproprio, del quale costituisce imprescindibile presupposto di legittimità.

Pertanto le ragioni indicate dal soggetto delegato dall’A. (e recepite a motivazione per relationem" dal decreto prefettizio di proroga) rispondono al principio per cui esse, per legittimare le ragioni della proroga, non debbono dipendere dalla volontà dell’ Ente espropriante ma debbono derivare da obiettive difficoltà, non altrimenti superabili (cfr. CDS, VI Sez. 10 ottobre 2002 n. 5443).

3.3.3.- Sempre in merito al terzo ordine di motivi, qualche osservazione deve essere fatta ove il ricorso sembra lamentare che il decreto di proroga sia intervenuto in assenza di una proroga della dichiarazione di pubblica utilità (recata dall’approvazione del progetto). Anche questo mezzo non ha però fondamento.

Con i motivi aggiunti, la società P. ha sostenuto:

– con la prima censura, che dal decreto prefettizio di proroga non era dato comprendere il termine di ultimazione dei lavori sicchè esso doveva ritenersi mancante della nuova fissazione dei termini;

– coi restanti motivi (secondo e terzo e quarto) che il predetto decreto violava la norma sull’avviso del procedimento (art. 7 della legge n.241/1990), ed era affetto da incompetenza dell’autorità approvante il progetto dell’opera, difetto di motivazione e profili illegittimità derivata. In particolare il difetto di motivazione assumeva a premessa il fatto che "non risulta essere emanato alcun provvedimento di proroga della dichiarazione di pubblica utilità", rendendo quindi privo ragioni il decreto di proroga. Deve ritenersi, in altri termini, che la mancata emanazione della proroga della dichiarazione di p.u. viene qui indicata non come ragione di illegittimità, ma come mero fatto storico idoneo a sostenere il difetto di motivazione dell’altro provvedimento, costituito dal decreto di proroga; e considerato inoltre che l’epigrafe del motivo (v. p.5 del ricorso per motivi aggiunti) non contiene il vizio di difetto del presupposto, il Collegio non può ritenere che la censura di mancato rinnovo della dichiarazione di pubblica utilità sia stata dedotta. La doglianza non può pertanto essere esaminata, a ciò ostando il principio dei limiti della domanda (art. 112 c.p.c) e l’onere della deduzione delle censure di legittimità nel termine decadenziale previsto per il ricorso.

3.4.- Non essendo fondati i profili di illegittimità proposti in via principale, non possono ritenersi sussistenti quelli di illegittimità derivata, indicati dal quarto ordine di motivi.

3.5. – Tra i motivi di primo grado non può essere esaminata la censura che avversa l’illegittimità della dichiarazione di pubblica utilità, la cui impugnazione, pur proposta con l’atto introduttivo del giudizio, è stata però dichiarata improcedibile per difetto di interesse dalla sentenza impugnata, con capo non contestato sul punto dalla società P.. Giova comunque aggiungere sul punto che la giurisprudenza ha già avuto occasione di evidenziare come "il termine di durata dell’occupazione è strumentale ad esigenze differenti e non sovrapponibili ai termini inerenti alla dichiarazione di pubblica utilità" (Cons. di Stato, sez. IV, n. 443 del 26012009).

3.6.- Conclusivamente i primi quattro motivi aggiunti al ricorso di primo grado, e svolti contro gli atti da essi censurati, devono essere respinti.

3.7.- La domanda risarcitoria (sostenuta dal quinto mezzo di ricorso di primo grado) è già stata respinta in conseguenza dell’accoglimento dell’appello come sopra disposto.

4.- Conclusivamente l’appello deve essere accolto e, per l’effetto ed in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado.

5.- La sufficiente complessità delle questioni sollevate e trattate permette di disporre la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe: accoglie l’appello e, per l’effetto ed in riforma della parte impugnata della sentenza, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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