Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 2626 Procedimento e punizioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito di rapporto del 23 ottobre 1995 veniva promossa un’inchiesta disciplinare a carico del sig. D. S. A. G., agente penitenziario in servizio presso la Casa circondariale di Rovereto per avere il medesimo " censurato l’operato del Comandante di reparto, affermando che attraverso l’organizzazione sindacale di appartenenza ne avrebbe provocato l’estromissione".

Per tale fatto veniva addebitata al D. S. l’infrazione disciplinare di cui all’art.4 lettera n) del dlgs n.449/92, ed in relazione alla stessa il provveditore Regionale del DAP, previa delibera del Consiglio Regionale di Disciplina, con decreto del 17 luglio 1996 infliggeva al medesimo la sanzione disciplinare della deplorazione.

L’interessato proponeva, in relazione al suindicato provvedimento disciplinare, istanza di riesame che veniva però respinta dal Direttore Generale del Dipartimento con decreto del 28/1/1998.

Il sig. D. S. (allo stato, in servizio presso la Casa circondariale di Taranto) impugnava innanzi al Tar per la Puglia – Lecce – l’atto di irrogazione della sanzione di che trattasi, il provvedimento ministeriale di conferma della stessa unitamente ai pareri espressi rispettivamente dai Consigli regionale e centrale di disciplina, deducendo a sostegno del relativo gravame profili di illegittimità sussumibili sotto le figure della violazione di legge, in particolare della violazione del corretto procedimento, e di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

L’adito giudice con sentenza n.1224/06 rigettava il ricorso, ritenendolo nel merito infondato.

Il Sig. D. S. ha impugnato tale sentenza censurando le statuizioni della medesima,in quanto, a suo dire, frutto di argomentazioni erronee, contraddittorie e insufficientemente motivate.

In particolare l’appellante, riproponendo in sostanza i motivi già dedotti in prime cure, denuncia il mancato rispetto dei termini che definiscono la scansione del procedimento disciplinare ed insiste nella carenza di motivazione e di istruttoria di cui sarebbero affetti gli atti recanti la decisione di irrogazione della sanzione per cui è causa.

Si è costituito in giudizio l’intimato Ministero della Giustizia. che ha contestato la fondatezza del proposto gravame di cui ha chiesto la reiezione.
Motivi della decisione

L’appello è infondato e va pertanto respinto.

Parte appellante deduce in primo luogo la violazione dell’art.120 T.U. ex DPR n.3/957 (applicabile al personale cui appartiene il D. S. in virtù dell’art.124 comma 5 del dlgs n.449/92) per essere trascorso il termine perentorio di 90 giorni tra un atto e l’altro del procedimento amministrativo e tanto con riferimento all’atto procedimentale successivo all’iniziale instaurazione del procedimento disciplinare che sarebbe stato tardivamente adottato.

Il dedotto profilo di illegittimità non sussiste.

La critica mossa dall’appellante muove, invero, da un presupposto erroneo, quello di ritenere che l’atto iniziale del procedimento disciplinare cui ancorare il computo dei novanta giorni previsto dal citato art.124 sia il "verbale di rilevazione e contestazione di infrazione disciplinare" stilato in data 27 ottobre 1995.

Detto verbale, infatti, contrariamente a quanto ritenuto da parte appellante, non costituisce il primo atto di inizio del procedimento disciplinare ma unicamente un documento di constatazione dell’infrazione disciplinare e di comunicazione della stessa e quindi una sorta di prius logico in base al quale può essere avviata l’inchiesta disciplinare, sicchè, avuto riguardo alla sua natura e funzione, il verbale in questione non fa parte della scansione degli atti che definiscono il procedimento disciplinare tout court, il cui inizio è rappresentato, invece dall’atto di contestazione di addebiti elevato dal Funzionario Istruttore in data 20/2/1996 e notificato il successivo giorno 24.

Parte appellante lamenta altresì la violazione del rispetto dei termini procedimentali, con riferimento a quanto previsto dall’art.111 del citato DPR n.3/957 che fissa dieci giorni per la trasmissione degli atti al Consiglio di disciplina e altresì in relazione al fatto che il provvedimento disciplinare è stato notificato anch’esso dopo i dieci giorni previsti dall’art.17 dlgs. n.449/92.

Anche tali doglianze non colgono nel segno.

Invero, va qui ribadito l’orientamento giurisprudenziale più volte affermato da questo consesso (cfr Cons Stato, Sezione VI 20/1/2003 n.19; idem 11/11/2004 n.7281) in ordine alla natura non perentoria dei termini di cui al citato art.111, derivando, in particolare il carattere ordinatorio anche dalla dizione letterale di detto articolo.

Parimenti riveste natura ordinatoria il termine recato dall’art.17 del dlgs n.449/92, secondo cui il decreto di irrogazione della sanzione deve essere comunicato entro dieci giorni dalla sua emanazione, vuoi per l’assenza di una espressa previsione di perentorietà vuoi per la natura per così dire marginale (di mera notiziazione) dell’adempimento a compiersi da parte dell’Amministrazione.

Venendo alle censure con cui parte appellante denuncia, in sostanza a carico dei provvedimenti impugnati il vizio di difetto di istruttoria e di motivazione, le stesse sono destituite di fondamento giuridico.

Invero, una attenta disamina del carteggio riguardante l’inchiesta disciplinare conclusasi con la misura sanzionatoria di che trattasi consente di appurare come in concreto è stata eseguita una attività istruttoria tale da far emergere l’esistenza dei fatti posti a base delle contestazioni operate, la fondatezza degli addebiti nonché la valutazione della rilevanza ai fini disciplinari della condotta tenuta dall’incolpato (si vedano, in particolare, i documenti costituiti dal verbale di contestazione del funzionario istruttore, dall’ estratto del registro dei rapporti degli agenti penitenziari e dagli atti del Consiglio regionale di disciplina).

Quanto poi ai provvedimenti di irrogazione della sanzione e di rigetto dell’istanza di riesame, gli stessi sia pure a mezzo di una sintetica motivazione, danno adeguata contezza degli accertamenti istruttori effettuati nonché della valutazione di carattere negativo sotto il profilo disciplinare del comportamento tenuto dal D. S. e tanto è sufficiente, in assenza di elementi da cui dedurre la irrazionalità e/o incongruità delle decisioni della P.A., a far ritenere indenni dal vizio dedotto le determinazioni assunte sfavorevolmente a carico del predetto dipendente.

In forza delle suesposte considerazioni, l’appello si appalesa infondato, meritando le osservazioni e prese conclusioni del primo giudice integrale conferma.

Le spese e competenze del doppio grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del doppio grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 (tremila) oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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