Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 14-04-2011) 03-05-2011, n. 17057 Sentenza penale

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Genova, con sentenza del 07.06.07:

– dichiarava M.I. responsabile dei reati di:

– falso in scrittura privata (capi A, B, K); – falso ideologico in certificati (capi C, H); – falso ideologico per induzione in errore del Pubblico ufficiale (capi D, E, I, J, L); – estorsione tentata (capi F, G) ed estorsione consumata (capo M); reati commessi, rispettivamente, in danno di G.S. (capi A, B, C, D, E, F) e P.G. (capi G, H, I, J, K, L, M), nei confronti dei quali il M., svolgente la professione forense, avrebbe secondo l’accusa, formato delle false attestazioni di debito apparentemente provenienti dai predetti, ed utilizzato tali false attestazioni per avviare azioni giudiziarie ed esecutive contro i medesimi onde costringerli a versare ingiustamente somme di denaro allo stesso M., che minacciava di procedere nelle azioni stesse; – ulteriori falsi in certificati (capi N, O, P, Q);

– al termine del giudizio, ritenuta la continuazione tra i vari reati, lo condannava alla pena indicata in sentenza e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili G. e P., a ciascuna delle quali assegnava una provvisionale di Euro 25.000,00.

Sia l’imputato che il PG proponevano impugnazione avverso tale decisione e la Corte di Appello di Genova, con sentenza del 20.03.09, in parziale riforma della pronuncia di primo grado e in accoglimento dell’appello proposto dal PG, riteneva che il vincolo della continuazione non riguardava tutti i reati; pertanto, divideva le contestazioni in due gruppi, applicava la continuazione, da una parte, tra i reati commessi in danno della parte offesa G. e, dall’altra, tra gli altri reati; conseguentemente rideterminava la pena comminando sanzioni separate per ciascuno dei due gruppi, giungendo così alla pena complessiva di anni 8 e mesi 6 di reclusione ed Euro 4.100,00 di multa; per il resto, confermava la sentenza impugnata.

Ricorreva per cassazione l’imputato, deducendo:

1)- l’omessa motivazione della sentenza;

2)-3)- l’insussistenza dei reati di cui ai capi B), D), I), L); 4)- l’intervenuta prescrizione, in ogni caso, riguardo al capo L); 5)- l’insussistenza degli estremi della falsità ideologica riguardo ai capi E) e J) relativi ai reati di falso in atto pubblico mediante induzione in errore degli Ufficiali giudiziari, che sarebbero stati indotti a redigere verbali di notifica ideologicamente falsi, nei domicili dei sigg. G. e P. in realtà non esistenti ed artificiosamente creati dallo stesso M. mediante false targhette apposte sui citofoni di luoghi non abitati dai predetti;

6)- 7)- L’inconfigurabilità della tentata estorsione di cui al capo F), commessa mediante procedura esecutiva azionata a seguito del decreto ingiuntivo ottenuto sulla scorta di scritture false, posto che la proposizione di un’azione legale non poteva integrare gli estremi della minaccia, o, in subordine, la riconduzione del fatto nell’ipotesi di cui all’art. 393 c.p.p.;

8)-9)- in relazione al capo G), riqualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, l’improcedibilità per difetto di querela e, comunque, l’intervenuta prescrizione;

10)- l’inconfigurabilità del reato di cui al capo H);

11)- 12)- l’inconfigurabilità del reato di cui al capo K), comunque improcedibile per difetto di querela e prescritto;

13)- in relazione ai capi N) O) P) Q), l’intervenuta prescrizione;

14)- il vizio di motivazione sul capo M), relativo ad imputazione di estorsione, da riqualificarsi come esercizio arbitrario delle proprie ragioni;

15)- l’erronea esclusione del vincolo della continuazione tra tutti i reati contestati;

16)-17)- l’illegittimo disconoscimento del vizio di mente e la mancata assunzione di una prova decisiva.

Con sentenza del 03.12.2009 la Sez. 2 di questa Corte:

– annullava senza rinvio l’impugnata sentenza in ordine ai reati di cui ai capi D, H, I, K, L, per insussistenza dei fatti, e in ordine ai reati di cui ai capi A, B, C, G, N, O, P, Q, perchè estinti per prescrizione;

– annullava la medesima sentenza in ordine al capo M ( art. 629 c.p.), per omessa motivazione in relazione alla possibilità di derubricare la contestazione di estorsione a mezzo atti giudiziali nell’ipotesi dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, e in ordine alla esclusione della continuazione fra tutti i reati, con rinvio al merito per nuovo giudizio sui punti nonchè per la determinazione della pena residua;

– rigettava nel resto.

Giudicando in sede di rinvio, la Corte d’appello di Genova, con sentenza in data 08.07.2010:

– riqualificava il reato di cui al capo M come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, dichiarando n.d.p. per mancanza di querela;

– unificati nel vincolo della continuazione i reati di cui ai capi E) J) ( artt. 48 e 479 c.p.) e F) ( artt. 81, 56 e 629 c.p.), già ritenuti sussistenti dal Supremo Collegio, riduceva la pena ad anni tre e mesi sei di reclusione ed Euro 430,00 di multa, così determinata: p.b. per il capo F: anni quattro ed Euro 400,00; meno 1/3 ex art. 62 bis c.p..: anni due e mesi otto ed Euro 270,00;

aumento di mesi otto ed Euro 80,00 per la continuazione interna al capo F; aumento di un mese ed Euro 40,00 per ciascuno degli altri due reati;

– confermava nel resto.

Propone ricorso il M. a mezzo del difensore, deducendo:

1)- che la Corte di rinvio, nel fissare la pena detentiva per il reato più grave di cui al capo F (ivi considerati la diminuzione per le attenuanti generiche e l’aumento per la continuazione interna) in anni tre e mesi quattro di reclusione, ha violato la statuizione assunta in merito dalla precedente sentenza d’appello (non impugnata dall’accusa), che aveva fissato per tale reato la pena detentiva di anni due di reclusione: pena che, pertanto, deve essere ripristinata, con l’aumento (come già applicato) di mesi due per i reati satelliti di cui ai capi E e J;

2)- il vizio di motivazione in ordine alla derubricazione del reato di cui al capo M nell’ipotesi di cui all’art. 393 c.p.;

3)- che la Corte di rinvio ha lasciato in piedi la condanna al pagamento di una provvisionale di Euro 25.000,00 in favore di ciascuna delle parti civili G. e P., omettendo del tutto di prendere in considerazione che a carico del ricorrente residuava una condanna per soli tre capi d’imputazione;

4)- che la Corte di rinvio, nonostante la radicale rivalutazione dei fatti e la conseguente riduzione della pena, ha lasciato altresì in piedi sia la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici, preclusa dalla pena irrogata, laddove la pena irroganda esclude altresì l’interdizione temporanea, sia l’interdizione dalla professione di avvocato per la durata di anni cinque, confermata senza alcuna motivazione.

Ha presentato memoria la difesa della parte civile G., evidenziando in particolare l’inammissibilità e l’infondatezza del 3^ motivo di ricorso, nessuna influenza essendo dedotta e ravvisabile riguardo al "quantum" della provvisionale in conseguenza dell’assoluzione per il reato di cui al capo D, in presenza della confermata responsabilità per gli altri cinque reati (di cui ai capi A, B, C, E, F) commessi in danno del G., indipendentemente dalla rilevata prescrizione per tre di essi (A, B, C).

Ha presentato memoria anche la difesa della parte civile P., deducendo l’inammissibilità o l’infondatezza del 2^ e del 3^ motivo di ricorso, sussistendo il fatto di cui al capo M ed essendosi formato il giudicato sulle statuizioni civili e sulla disposta provvisionale.
Motivi della decisione

E’ fondato il primo motivo di ricorso, essendosi effettivamente verificata la denunciata "reformatio in pejus" nella determinazione della pena detentiva per il reato di cui al capo F: "reformatio", che, com’è noto, è vietata anche in sede di giudizio di rinvio (Cass. sentt. N. 865 del 1992 Rv. 189586, N. 9861 del 1993 Rv.

195434, N. 2775 del 1994 Rv. 196792, N. 1980 del 1997 Rv. 207735).

E’ inammissibile il 2^ motivo di ricorso, in quanto il difetto della condizione di procedibilità (nella specie: querela) impedisce ogni valutazione di merito del fatto imputato (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24687 del 17/03/2010, dep. 30/06/2010, P.G. in proc. Rizzo, Rv.

248386; conformi N. 155 del 1966 Rv. 101350, N. 2367 del 1967 Rv.

105213, N. 5466 del 1972 Rv. 121778, N. 6422 del 1974 Rv. 128064, N. 2842 del 1989 Rv. 182514, N. 8260 del 1992 Rv. 191430).

E’ inammissibile anche il 3^ motivo di ricorso, in quanto il provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5001 del 17/01/2007, dep. 07/02/2007, imp. Mearini, Rv. 236068;

conformi N. 4973 del 2000 Rv. 215770 N 36760 del 2004 Rv. 230271, N. 40410 del 2004 Rv. 230105).

E’ fondato, invece, il 4^ motivo di ricorso, in quanto, in relazione alla pena irroganda, mancano i presupposti della interdizione dai pubblici uffici (sia perpetua che temporanea) e si deve riproporzionare la durata della interdizione dalla professione di avvocato, riducendola da anni cinque ad anni uno e mesi nove.

Non sussistono i presupposti per la condanna dell’imputato al rimborso delle spese in favore delle parti civili, in quanto non competono nel giudizio per cassazione le spese processuali alla parte civile che – come avvenuto nella specie -, dopo avere depositato memorie, non intervenga nella discussione in pubblica udienza nel giudizio per cassazione,come desumibile in virtù del rinvio disposto dall’art. 168 disp. att. cod proc. pen. alle norme che disciplinano la condanna dell’imputato soccombente alle spese in favore della parte civile (Sez. 3, Sentenza n. 35298 del 26/06/2003 dep. 09/09/2003, imp. Ranzato, Rv. 226165).
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla misura della pena detentiva, che ridetermina in anni due e mesi due di reclusione, alla pena accessoria de a interdizione dai pubblici uffici, che elimina, e alla durata della pena accessoria della interdizione dalla professione di avvocato, che ridetermina in anni uno e mesi nove, disponendo che di tanto sia data comunicazione al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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