Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 2617

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Società M. è titolare in Verona, piazza Bra, al n.22, di un esercizio pubblico nonché di concessioni di occupazione di suolo pubblico, con tavoli e sedie, di mq 90 e gode per il periodo estivo che va dal 15 giugno al 15 settembre di ulteriore plateatico per 36,60 mq.

A carico della predetta Società venivano elevati dalla Polizia Municipale dell’anzidetto Comune due processi verbali di contestazione di infrazione, l’uno del 25 luglio 2002 e l’altro del 16/8/2002, con i quali si accertava l’avvenuta abusiva occupazione rispettivamente di 54, 5 mq e 36 mq.

Sulla scorta delle relative segnalazioni, l’Amministrazione, dopo aver proceduto all’avvio del procedimento sanzionatorio, con provvedimento dirigenziale prot. n. 7228 del 16/1/2003, determinava la sanzione pecuniaria con le modalità previste dall’art.33 del Regolamento comunale per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, con l’ordine di versare le somme di euro 7.602,75 e di euro 5.022,00 (riferite rispettivamente ai due processi verbali), quale indennità dovuta per occupazione abusiva ai sensi del suindicato articolo.

La Società interessata impugnava innanzi al TAR per il Veneto la sanzione pecuniaria come determinata unitamente all’art.33 del citato regolamento approvato con deliberazione consiliare n.123 del 28/12/1998, deducendo a carico degli atti impugnati vari profili di illegittimità, in particolare, quello di violazione di legge.

L’adito giudice con sentenza n.214/04 accoglieva il proposto gravame, disponendo l’annullamento dell’art.33, primo comma del Regolamento comunale in questione (per mero errore indicato più volte come art.3) nonché del provvedimento dirigenziale recante la sanzione pecuniaria a carico della Società ricorrente per i fatti in contestazione.

Il Comune di Verona ha impugnato tale sentenza ritenendola errata ed ingiusta, lì dove il giudice di primo grado avrebbe assunto statuizioni prive di giuridico fondamento in ordine alle eccezioni e controdeduzioni opposte in prime cure dall’Ente.

In particolare, secondo l’Amministrazione comunale, le statuizioni del Tar si rivelerebbero errate in relazione all’affermata illegittimità della norma di cui all’art.33 del regolamento che, al contrario rispetta il dettato legislativo recato dall’art.63 del dlgs n.446/97, senza evidenziare peraltro profili di ingiustizia e/o irrazionalità pure rilevati dal tribunale amministrativo veneto.

Si è costituita in giudizio, con controricorso, l’appellata Società M. che ha contestato la fondatezza dell’impugnativa proposta dal Comune di Verona, chiedendone la reiezione.

All’udienza del 1 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione
Motivi della decisione

Occorre in via preliminare occuparsi della questione relativa al difetto di giurisdizione già sollevata dal Comune di Verona in prime cure e qui pure fatta valere.

Ebbene il Collegio, ad onta dei dubbi che pure si possono al riguardo nutrire, ritiene che la controversia per le connotazioni da essa rivestite possa farsi rientrare nell’alveo della giurisdizione del giudice amministrativo.

A tale decisione si perviene ove si consideri che nella vicenda all’esame vengono in rilievo aspetti e modalità dell’esercizio da parte di un Ente pubblico di uno jus poenitendi esercitato come espressione di potere amministrativo di contenuto sanzionatorio in relazione ad atti dell’Autorità comunale, anche a contenuto regolamentare emessi a definizione di un rapporto collegato ad una concessione di suolo pubblico rientrante, come tale, nella giurisdizione del giudice amministrativo ex art.5 della legge n.1034 del 1971.

Che nella specie si controverta dell’esercizio di una potestà amministrativa anche se di contenuto vincolato cui non sempre ed automaticamente corrisponde un diritto soggettivo (cfr Cons Stato Ad. Pl. 5 luglio 1999 n.18) è deducibile peraltro dal fatto che per l’irrogazione della sanzione de qua è stato avviato il procedimento ai sensi e per gli effetti degli artt.7 e 8 della legge n.241/90, (come da nota comunale del 4/11/2002) il che costituisce modalità operativa che connota un agire amministrativo da sempre assoggettabile al vaglio di legittimità di questo giudice.

Passando all’esame del merito del gravame qui all’esame, l’appello proposto dal Comune di Verona si appalesa fondato nei sensi e per gli effetti di cui appresso.

Il TAR ha accolto il gravame di prime cure sull’ unico rilievo che l’art.33 del Regolamento comunale per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche sarebbe illegittimo nella parte in cui le occupazioni abusive temporanee si presumono effettuate dal trentesimo giorno antecedente la data del verbale di accertamento redatto dal competente pubblico ufficiale (primo comma).

Più specificatamente l’impugnata sentenza fa derivare l’illegittimità della summenzionata disposizione regolamentare dal fatto che la previsione "de qua" contrasta con il principio in forza del quale le disposizioni sanzionatorie sono di stretta interpretazione e tenuto altresì conto che detta previsione ostacolerebbe il diritto di difesa dal momento che non consentirebbe al privato di provare che l’occupazione abusiva ha avuto una durata inferiore a quella prevista.

Da qui, per illegittimità derivata, la invalidità del provvedimento di irrogazione della sanzione pecuniaria

Ebbene, rileva il Collegio che le statuizioni rese dal primo giudice sono fondate su erronei presupposti di diritto.

Il decreto legislativo 15/12/1997 n.446 in tema di riordino dei tributi locali, a proposito del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, all’art.63 comma 2 stabilisce i criteri cui il regolamento da adottarsi da parte dei Comune deve ispirarsi, tra cui quello della previsione del pagamento di una indennità per le occupazioni abusive di suolo pubblico sia permanenti che temporanee pari al canone maggiorato del 50%, lì dove le seconde si presumono effettuate dal trentesimo giorno antecedente la data del verbale di contestazione.

Dal canto suo il regolamento per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche del Comune di Verona (approvato con deliberazione consiliare n.123 del 28/12/1998 e modificato con deliberazioni consiliari n.82 del 24/11/2000 e n.25 del 29/3/2001) all’art.33 (dal titolo "sanzioni pecuniarie") così dispone: "ai sensi dell’art.63 lettera g) e gbis del d.legislativo 15/12/1997 n.446, le occupazioni abusive di suolo pubblico o privato soggette a servitù di pubblico passaggio, risultanti da verbale di contestazione redatto dal competente pubblico ufficiale sono soggette al pagamento di una indennità pari al canone maggiorato del 50% considerando permanenti le occupazioni abusive realizzate con impianti o manufatti di carattere stabile, mentre le occupazioni abusive temporanee si presumono effettuate dal trentesimo giorno antecedente la data del verbale di accertamento, redatto da competente pubblico ufficiale"

Ora, come pare di capire, la Società appellata ha lamentato in prime cure la misura eccessiva dell’entità dell’indennità posta a suo carico in ragione del meccanismo di retrodatazione di trenta giorni per ognuno dei processi verbali elevati a suo carico, con riferimento a quanto previsto dal citato art.33 del regolamento comunale di che trattasi, ma una siffatta censura, contrariamente a quanto (erroneamente) affermato dal TAR non appare configurabile in ordine alla norma regolamentare pure fatta oggetto di impugnazione.

Invero, come risulta dalla sua semplice lettura, la disposizione regolamentare è rispettosa dei principi (se non della lettera) della normativa recata dal dlgs n.449/97 (art.63), per cui non è ad essa addebitabile alcun aspetto di illegittimità per iniquità o incongruità, attesa appunto, la piena conformità della norma di rango secondario alla sovrastante disposizione legislativa.

Eventuali critiche al riguardo del sistema di determinazione dell’indennità dovuta per occupazione abusiva potrebbero eventualmente configurarsi solo nei confronti della norma di legge pure qui in rilievo, ma nella specie non sono state sollevate e/o affrontate (e neppure sono qui ravvisabili) questioni di illegittimità costituzionale in ordine a quanto previsto dall’ art.63 del dlgs n.449/97 più volte citato.

D’altra parte il rilievo pure affermato dal giudice di primo grado circa una pretesa violazione del diritto di difesa da parte della previsione regolamentare (e della norma di legge che a monte la regge) non sussiste per la semplice ragione che la retrodatazione di trenta giorni dell’occupazione abusiva costituisce un presunzione semplice e non assoluta che può essere vinta dalla prova da parte del soggetto interessato di un periodo di occupazione abusiva di durata inferiore a quella presunta dal regolatore comunale.

Nondimeno, va precisato che l’entità della somma da richiedersi in pagamento dal Comune per il titolo qui in discussione va corretta nel senso che dal calcolo, da effettuarsi in ragione della retrodatazione del verbale del 16 agosto 2002 va detratto l’importo relativo al periodo che va dal 16 al 25 luglio del 2002 per essere tale arco temporale già conteggiato per effetto della retrodatazione del verbale elevato in data 25/7/2002, onde evitare una doppia, inammissibile imposizione per lo stesso periodo e di tale precisazione il Comune di Verona avrà cura di tenere conto nel riformulare gli atti di irrogazione della sanzione.

Conclusivamente, in accoglimento delle censure d’appello qui formulate, errata deve considerarsi la statuizione del TAR di ritenere illegittimo il regolamento comunale per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche in parte qua, (art.33 comma 1) e neppure affetta da vizi di legittimità è la determinazione dell’indennità dovuta, in applicazione della norma regolamentare, per l’occupazione abusiva contestata, ferma restando la correzione del provvedimento di irrogazione della sanzione di che trattasi nei sensi di cui sopra che il Comune di Verona andrà ad operare.

Sussistono giusti motivi, avuto riguardo alla specificità della controversia all’esame, per compensare tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Accoglie per quanto di ragione e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione.

Spese e competenze del doppio grado del giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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