Cons. Stato Sez. IV, Sent., 03-05-2011, n. 2616 Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. C. A. B. richiedeva nel 1991 al Comune di Carrara il rilascio di concessione edilizia per la realizzazione di due fabbricati residenziali su un’area di sua proprietà, sita in località Monteverde, classificata in parte come Paesistica A e in parte minore come fascia di rispetto stradale.

Tale richiesta era oggetto da parte della Commissione edilizia di un primo parere negativo del 26 maggio 1993, quindi di un secondo parere della CEC del 4 giugno 1993 pure contrario " per la mancanza delle opere di urbanizzazione" e la nota di comunicazione di quest’ultimo era fatta oggetto di ricorso giurisdizionale innanzi al Tar per la Toscana, rubricato al n.3225/93.

Successivamente, venivano emessi due provvedimenti di diniego di concessione, riferiti ai due fabbricati, riproduttivi del parere negativo reso dalla CEC nella seduta del 4 giugno 1993 che venivano impugnati dall’interessato sempre innanzi al Tar per la Toscana con i ricorsi nn.4167/93 e 4168/93.

Quindi il sig. B. nel settembre del 1993 inoltrava un" istanza di riesame a fronte della quale la CEC emetteva nella seduta del 10 marzo 1994 parere contrario (a conferma di quello espresso nella seduta del 4 giugno 1993) "in quanto sono mancanti talune infrastrutture di urbanizzazione richieste dall’art.6 della legge n.94/82".

Infine con due provvedimenti nn.51/94 e 52/94 del 6 maggio1994 il sub commissario del Comune di Carrara comunicava il diniego di rilascio di concessione edilizia facendo riferimento al parere reso dalla CEC nella seduta del 4/6/1993, "in quanto sono mancanti alcune infrastrutture di urbanizzazione richieste dall’art.6 della legge n.94/82" e specificando ulteriormente che "nell’intervento richiesto si ravvisano gli estremi della lottizzazione e pertanto senza l’approvazione di detto strumento urbanistico non si può rilasciare concessione".

Detti provvedimenti erano oggetto di altro, autonomo ricorso, sempre innanzi al Tar Toscana, rubricato al 3172/94.

L’adito giudice con sentenza n.5481/2003, dopo aver preliminarmente riuniti i quattro ricorsi suindicati, dichiarava improcedibili i primi tre, accoglieva il ricorso n.3172/94 e per l’effetto, annullava gli atti impugnati con il predetto quarto gravame.

Il Comune di Carrara ha impugnato tale sentenza, ritenendola errata e deducendo a sostegno dell’appello, con un unico, articolato motivo le seguenti censure:

violazione e falsa applicazione dell’art.3 legge n.241/90 in relazione all’art.6 della legge n.94/82; violazione e falsa applicazione della legge n.24!790 in relazione agli artt.7 e 28 della legge n.1150/42; violazione e falsa applicazione dell’art.14 delle NTA del Piano Regolatore Generale di Carrara.

Il sig. B. C. A., costituitosi in giudizio (con controricorso) ha rilevato l’inammissibilità dell’appello nonché l’infondatezza dei motivi del gravame ed ha altresì proposto appello incidentale avverso la sentenza n.5481/2003 nella parte in cui ha dichiarato la improcedibilità dei primi tre ricorsi di prime cure, criticando la statuizione del giudice di primo grado lì dove ha sancito la sopravvenuta carenza di interesse dello stesso B. in ordine ai primi tre ricorsi suddetti, riproponendo, altresì, "i motivi di censura già sollevati nel precedente grado ed assorbiti nella decisione impugnata".

All’udienza del 29 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è fondato e va, pertanto, accolto.

Il Tar ha accolto l’impugnativa dei dinieghi in parola per aver ritenuto sussistente a carico degli atti di segno negativo adottati dall’Amministrazione comunale il vizio di difetto di motivazione (sotto il profilo della violazione dell’art.3 della legge n.241/90), lì dove le ragioni esposte dal sub commissario, costituite dalla rilevata assenza di opere di urbanizzazione, sarebbero insufficienti a giustificare il rigetto dell’istanza di concessione edilizia.

Le osservazioni e prese statuizioni del giudice di primo grado si rivelano fallaci e come tali appaiono meritevoli di essere riformate, per quanto si va in seguito ad illustrare.

La richiesta di rilascio di titolo edilizio, come esposto in punto di fatto, è stata più volte respinta dal Comune sul reiterato rilievo che in relazione all’area destinata ad ospitare il progettato intervento edilizio mancano le opere di urbanizzazione necessarie, ai sensi dell’art.6 della legge n.94/82, per consentire la chiesta edificazione.

Va pure in via prioritariamente logica osservato come la circostanza dell’assenza delle infrastrutture di urbanizzazione sull’area de qua è stata rilevata dall’Amministrazione comunale dalla documentazione depositata dallo stesso sig. B. se è vero che i soggetti gestori dei vari servizi (rete idrica, rete energia elettrica e rete gas) con le dichiarazioni rese nel 1991 (e prodotte a suo tempo dal richiedente il titolo ad aedificandum) hanno attestato l’ assenza e/o comunque l’insufficienza in loco di tali opere di urbanizzazione.

Ciò precisato, appare utile qui richiamare i principi giurisprudenziali affermatisi in tema di obbligo motivazionale imposto per gli atti a contenuto negativo assunti dalla P.A, in via generale e in materia edilizia in particolare, per ciò che attiene alla portata e limiti di siffatto onere anche alla luce della prescrizione recata dalla legge sul procedimento amministrativo pure presa a riferimento dal TAR nell’impugnata sentenza.

E’ noto che la motivazione dell’atto amministrativo consiste nell’esplicitazione delle circostanze di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la determinazione dell’Amministrazione, con l’evidente funzione di consentire la ricostruzione dell’iter logico giuridico posto base del provvedimento dovendosi rinvenire a carico della P.A. procedente un onere motivazione ancor più pregnante nei casi di assunzione di determinazioni che vanno negativamente ad incidere sulle posizioni giuridiche dei destinatari (cfr Cons Stato Sez IV 22 settembre 2005 n.4982).

E così in materia edilizia il diniego di concessione comportando una contrazione dello jus aedificandi necessita di una motivazione che espliciti le ragioni impeditive della chiesta edificazione.

Ciò in linea generale rammentato, viene pure in rilievo il principio di proporzionalità della motivazione per cui l’onere motivatorio varia a seconda del tipo e dell’ampiezza dei poteri esercitati (in tal senso, ex multis Cons Stato Sez. IV 5 ottobre 2005 n.2886) di guisa che nel caso di atto caratterizzato, quanto al suo contenuto, dall’esercizio di un potere discrezionale, si deve pretendere da parte dell’Amministrazione, a supporto della determinazione negativa che va ad assumere, una motivazione di più dettagliata e vasta portata, mentre altrettanto non può richiedersi alla stessa P.A. procedente allorchè si dà luogo ad un’attività amministrativa di tipo vincolato.

Quest’ultima ipotesi ricorre esattamente nella materia edilizia nella quale l’istanza di autorizzazione all’edificazione viene definita alla stregua di una verifica circa la conformità o meno delle opere da eseguire alle prescrizioni urbanistico- edilizie vigenti e alle altre disposizioni legislative speciali, verifica che riveste carattere vincolato e all’esito della quale il provvedimento finale non necessita di altra motivazione oltre quella relativa alla rispondenza delle opere alle predette prescrizioni (cfr Cons Stato Sez. IV 30 giugno 2005 n.3539).

Se così è, va allora dato atto che il diniego opposto con gli atti qui in contestazione risulta adeguatamente motivato, con riferimento, appunto, alla sussistenza di una condizione di non conformità del progettato intervento edilizio alla normativa urbanistica, costituita dalla mancanza di opere di urbanizzazione ritenute appunto indispensabili per giustificare legittimamente la realizzazione di unità residenziali comportanti il relativo carico urbanistico, in un’area pressoché inedificata.

Appare ragionevole, oltre che rispettosa del canone previsto dall’art.3 della legge n.241/90, la motivazione ancorché stringata apposta dal sub commissario del Comune a sostegno dell’opposto diniego, riproduttiva, peraltro di un parere di contenuto negativo espresso più volte sul punto dalla Commissione Edilizia Comunale, lì dove sarebbe bastato, ad evidenziare la legittimità dei provvedimenti per cui è causa anche il semplice rinvio (motivazione de relato) all’avviso di carattere tecnico emesso dall’Organo consultivo.

Parte appellata nel suo controricorso rileva l’inammissibilità del proposto appello atteso ch,e a suo dire, la difesa dell’Amministrazione sia in primo grado che in appello avrebbe introdotto elementi surrettizi di motivazione.

Così non è.

Le ragioni del diniego sono e restano quelle indicate sia pure in maniera sintetica negli atti oggetto di contestazione, senza che la difesa dell’appellante Comune abbia nelle sedi giurisdizionali effettuato quale che sia integrazione motivazionale alle determinazioni assunte in via amministrativa.

Come già detto, la rilevata assenza di sufficienti opere di urbanizzazione primaria costituisce motivazione che dà adeguata contezza delle ragioni giuridiche che si frappongono all’accoglimento della chiesta concessione edilizia oltreché di una effettuata attività istruttoria alla stregua della quale la determinazione adottata risulta congrua e legittima.

Pare al Collegio che il Tar abbia dato una lettura meramente formalistica del diniego per cui è causa omettendo di considerare che in realtà nella motivazione resa si rinvengono i motivi di ordine sostanziale impeditivi del rilascio della chiesta autorizzazione, costituiti da una circostanza di carattere preclusivo, attestata fra l’altro dallo stesso richiedente (l’assenza di opere di urbanizzazione), e tanto a prescindere dalla interpretazione di tipo salvifico del testo motivazionale degli atti in discussione, apprestata dall’art.21 octies della stessa legge n.241/90 pure applicabile, in linea di principio al caso di specie.

Neppure appare condivisibile al riguardo l’osservazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui si sarebbe potuto ovviare alla mancanza delle opere di urbanizzazione primaria dal momento che il Comune avrebbe potuto addivenire alla stipula di un convenzione, prescrivendo a carico del richiedente le opere mancanti.

Il primo giudice omette sul punto di considerare che non si versa in ipotesi di interventi edilizi a farsi mediante lo strumento della lottizzazione, venendo unicamente in rilievo un caso di edificazione a mezzo di intervento diretto, per cui alcun ingresso può avere il rilievo contenuto in sentenza.

Alla stregua delle suesposte osservazioni, i provvedimenti oggetto dell’impugnativa proposta con il ricorso di prime cure rubricato al n. 3172/94 si appalesano immuni dal vizio di carenza di motivazione e le statuizioni rese dal Tar in ordine alla sussistenza di tale dedotto profilo di illegittimità si appalesano errate, meritando la relativa riforma.

Passando all’esame dell’appello incidentale, si può prescindere dall’eccezione di tardività pure sollevata dalla difesa dell’appellante principale, rivelandosi il gravame nel merito infondato.

Il sig. B. critica la sentenza de qua nella parte in cui ha dichiarato la improcedibilità dei primi tre ricorsi proposti avverso altrettanti dinieghi, assumendo la erroneità di tale pronuncia processuale, atteso che residuerebbero in capo al ricorrente di prime cure margini di interesse ad ottenere altrettante pronunce di merito dei gravami in questione.

L’assunto non è condivisibile.

Secondo un costante orientamento giurisprudenziale dal quale non v’è ha motivo di discostarsi, la improcedibilità del ricorso riguarda la fattispecie in cui l’atto amministrativo impugnato abbia cessato comunque di produrre i suoi effetti o per il mutamento di fatto e di diritto presente al momento della presentazione del ricorso che fa venir meno gli effetti del provvedimento impugnato oppure (come nel caso all’esame) per l’intervenuta adozione da parte dell’Amministrazione di un provvedimento idoneo a ridefinire l’assetto degli interessi in gioco, sostitutivo dell’atto in precedenza emesso sì da rendere del tutto inutile la sentenza di merito chiesta in relazione all’impugnativa dell’atto sostituito (cfr Cons Stato Sez VI 3 settembre 2009 n.5191; Sez V 9 ottobre 2007 n.5256; questa Sezione 31 dicembre 2009 n.9292)

E’ quanto esattamente avvenuto nella fattispecie in cui i dinieghi oggetto dei primi tre ricorsi sono stati sostituiti dal nuovo diniego opposti con i provvedimenti gravati col quarto ricorso (il n.3172/94), lì dove i precedenti atti di reiezione della richiesta di concessione hanno esaurito i propri effetti per essere stati superati dall’adozione di un nuovo diniego a sua volta oggetto di impugnativa.

Né può eccepirsi, come fatto dall’appellante incidentale, un preteso carattere meramente confermativo del nuovo diniego, giacchè quello emesso dal sub commissario del Comune è frutto di una nuova istruttoria espletata dall’ufficio tecnico e risulta emesso a seguito di un nuovo parere della CEC (reso nella seduta del 10 marzo 1994) in ordine ad una espressa richiesta di riesame da parte dell’interessato (datata 28 settembre 1993).

In definitiva con riferimento alle impugnative proposto avversi i pregressi atti di diniego non si ravvisa la corrispondenza tra interesse sostanziale dedotto in giudizio, lesione prospettata e provvedimento richiesto. Neppure può invocarsi un interesse per così dire strumentale o comunque de futuro in relazione a ed eventuali azioni risarcitorie, giacchè un tale residuale posizione di interesse ben può essere fatta valere in riferimento al provvedimento non satisfattivo sostitutivo dei precedenti e che è stato oggetto puntualmente di gravame in ragione della dedotta illegittimità dello stesso.

Conclusivamente la statuizione di improcedibilità contenuta in parte qua dalla sentenza del Tar appare corretta e non merita di essere riformata.

Passando poi alle censure di merito dichiarate assorbite dal Tar in sede di accoglimento del ricorso originariamente proposto dal B., vengono riproposti profili di illegittimità articolati su tre punti:

vi sarebbero nell’area interessata all’intervento edilizio de quo, sita in località Monteverde, in zona di interesse paesistico, opere di urbanizzazione sufficienti affinchè possano ammettersi insediamenti abitativi in zona;

in ogni caso l’Amministrazione poteva indicare, ponendoli a carico dell’appellante incidentale le opere di urbanizzazione mancanti, a mezzo di una convenzione;

è rilevabile una contraddittorietà di comportamento della P.A che avrebbe rilasciato ad altri soggetti singoli titoli autorizzatori per l’edificazione in aree anch’esse situate in zona.

In relazione ai rilievi sub a) e b) è sufficiente osservare che costituisce un dato di fatto incontrovertibile la produzione delle attestazione dei soggetti gestori delle varie reti di servizi circa la non adeguata presenza delle opere di urbanizzazione primaria indispensabile per giustificare l’assentimento di interventi edilizi in area pressoché inedificata, né alla penuria di tali opere si può far fronte addossando all’Amministrazione l’onere di richiedere al privato la realizzazione di servizi a mezzo di una convenzione, configurabile unicamente in presenza di un regime urbanistico di area sottoposta a lottizzazione.

Infine, quanto all’argomentazione sub c), la stessa non appare condivisibile atteso che, al di là di ogni altra considerazione in tema di concreta dimostrabilità delle circostanze dedotte, non è configurabile, in una materia come quella edilizia caratterizzata dall’esercizio di un potere vincolato, una disparità di trattamento o una contraddittorietà di condotta, quali vizi che connotano eventualmente un’attività di tipo discrezionale e comunque un diversificato trattamento posto in precedenza in essere dall’Amministrazione comunale non vale ad inficiare la legittimità del diniego qui opposto.

Conclusivamente, l’appello principale proposto dal Comune di Carrara si appalesa fondato, mentre privo di fondamento si rivela l’appello incidentale proposto dal sig. B. C. A..

Le spese e competenze del doppio grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo:
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, così dispone:

Accoglie l’appello principale proposto dal Comune di Carrara e, per l’effetto, in riforma in parte qua dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso n. 3172/94 proposto in prime cure;

Rigetta l’appello incidentale

Condanna il sig. B. C. A. al pagamento delle spese e competenze del doppio grado del giudizio che vengono liquidate in euro 3.000,00 (tremila) oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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