Cons. Stato Sez. VI, Sent., 03-05-2011, n. 2610 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

el codice del processo amministrativo;
Svolgimento del processo

Con il ricorso di primo grado n. 211 del 2010, proposto al TAR per la Puglia, Sezione di Lecce, era stato chiesto dalla società odierna appellata l’annullamento del decreto del Soprintendente del Ministero per i beni e le attività culturali del 30 novembre 2009, notificatole il 14 dicembre 2009, di annullamento del provvedimento del 28 settembre 2009, rilasciato dal responsabile del procedimento del comune di Castrignano del Capo con cui la s.r.l. S. E. era stata autorizzata a realizzare di un impianto tecnologico a conversione energetica fotovoltaica della potenza complessiva inferiore a 1 MW – fol. 4, particella 100 – Località Strada extraurbana Sana Danala.

Erano state dedotte le censure di eccesso di potere e di violazione di legge.

Il Tribunale amministrativo regionale adito ha accolto il ricorso, rilevando i vizi di difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti.

La Soprintendenza aveva annullato la predetta autorizzazione, rilevando che non era stato "sufficientemente valutato il reale inserimento delle opere di progetto… nel contesto paesistico in cui insiste caratterizzato da… muri a secco" e proponendo altresì degli accorgimenti sulla realizzazione di manufatti a secco (muri di recinzione) non consoni alla tipologia tradizionale (nucleo in cemento e rete metallica soprastante) e per difetto di motivazione dell’autorizzazione comunale.

Al contrario, secondo il primo giudice il provvedimento statale aveva operato un esame soltanto parziale dell’autorizzazione comunale: non erano stati infatti sollevati specifici rilievi circa alcune prescrizioni formulate dall’esperto paesaggista, con particolare riferimento alla realizzazione di una recinzione "mediante muratura in pietrame a secco", nonché alla predisposizione di "una cortina interna perimetrale con vegetazione tipo siepe, tale da limitare la visibilità dell’impianto realizzato dall’esterno e diminuire di fatto il possibile impatto ambientale".

Sotto altro profilo, il provvedimento comunale – al contrario di quanto genericamente asserito dall’amministrazione statale- conteneva una (sia pur succinta) motivazione, con riferimento sia a valutazioni proprie dell’esperto paesaggista, sia alla relazione tecnica di parte, sia infine alla documentazione fotografica versata in atti (la quale era di per sé idonea a dimostrare il limitato interesse paesaggistico dei luoghi di cui si controverteva).

Con l’appello in esame, l’amministrazione statale soccombente ha criticato la sentenza in epigrafe, chiedendone la riforma e deducendo che il provvedimento autorizzatorio comunale non era assistito da puntuale motivazione ed era affetto dal vizio carenza istruttoria; la Soprintendenza aveva adeguatamente valutato l’opinione espressa dall’esperto paesaggista del comune ed aveva espressamente ritenuti inidonei gli accorgimenti da questo suggeriti; l’autorizzazione comunale si era risolta in una clausola astrattamente adattabile a qualsiasi intervento in qualsivoglia contesto operato.

Né la particolare utilità pubblica dell’opera che ci si proponeva di realizzare poteva integrare valutazione della compatibilità del progetto con il vincolo paesaggistico.

La sentenza impugnata mutuava tali vizi e, in quanto erronea, meritava di essere annullata.

L’appellata società ha depositato una memoria di replica chiedendo la declaratoria di

inammissibilità del ricorso in appello per nullità della notifica e, comunque, la sua reiezione perché infondato, reiterando le doglianze proposte in primo grado ed assorbite dal primo giudice.

La società ha altresì depositato documentazione comprovante la circostanza che l’impianto fotovoltaico per cui è causa è in corso di esercizio.

Alla camera di consiglio del 22 marzo 2011 fissata per l’esame della istanza cautelare di sospensione della esecutività dell’appellata sentenza la causa è stata posta in decisione
Motivi della decisione

1.Stante la completezza del contraddittorio e la mancata opposizione delle parti, la causa può essere decisa nel merito.

Tenuto conto della infondatezza dell’appello, può peraltro prescindersi dall’esame della eccezione proposta dall’appellata società volta a sostenere la sua inammissibilità per la nullità della notifica.

2. Il Collegio condivide pienamente la ricostruzione resa dal Tribunale amministrativo regionale.

2.1. In punto di fatto, per il vero, il provvedimento comunale autorizzativo, poi annullato dalla Soprintendenza, motivava diffusamente in ordine alla compatibilità paesaggistica del manufatto, facendo specifico riferimento alla relazione paesaggistica dell’area allegata alla richiesta di autorizzazione e recependone le indicazioni e gli accorgimenti.

Sotto altro profilo, l’atto comunale aveva adeguatamente ponderato l’impatto dell’opera nei suoi vari aspetti, tanto che il parere favorevole era stato reso non solo verificando il limitato impatto visivo delle opere nello specifico contesto ambientale, ma anche apponendovi condizioni volte a modularle al fine di armonizzarle con l’ambiente circostante anche sotto il profilo cromatico, con particolare riferimento alle recinzioni (si veda sul punto il parere dell’esperto paesaggista integralmente richiamato e motivatamente condiviso nel provvedimento autorizzatorio).

Al contrario, il provvedimento repressivo impugnato in primo grado faceva mero riferimento alla insufficienza e non condivisibilità di dette prescrizioni, omettendo (non soltanto di ipotizzarne di alternative ma anche) di chiarire perché le stesse non apparissero armonizzarsi con l’ambiente circostante e pertanto fossero incompatibili.

Per la pacifica giurisprudenza, l’autorizzazione paesistica può essere annullata per qualsiasi vizio di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere (Consiglio di Stato Adunanza Plenaria, 14 dicembre 2001, n. 9).

Contrariamente a quanto è stato dedotto con l’appello, il provvedimento della Soprintendenza impugnato in primo grado non ha tenuto conto del fatto che l’atto comunale aveva ponderato l’impatto dell’opera sull’ambiente e le conseguenze della medesima sul vincolo paesaggistico insistente sull’area, sicché l’autorità statale, nel formulare una valutazione opposta, è incorsa nel vizio di eccesso di potere rilevato dal TAR.

L’appello va pertanto respinto e la impugnata sentenza deve essere pertanto confermata.

3. Alla integrale soccombenza consegue la condanna alle spese ed agli onorari del giudizio in favore dell’appellata società in misura che, avuto riguardo alla natura della controversia, appare congruo determinare in euro millecinquecento (Euro 1.500//00) oltre accessori di legge se dovuti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)definitivamente pronunciando sul ricorso, numero di registro generale 945 del 2011 come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante Ministero per i beni e le attività culturali al pagamento in favore dell’appellata società di euro millecinquecento (Euro 1.500//00) oltre accessori di legge se dovuti, a titolo di onorari e spese del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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