Cons. Stato Sez. VI, Sent., 03-05-2011, n. 2609

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza n. 3998/2005, questa Sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello n. 6592/2004 proposto dalla s.r.l. I. B., con il quale era stata gravata la sentenza del TAR della Puglia – Sede di Lecce- sez. I n. 1686/2004.

Col ricorso di primo grado allora proposto, la s.r.l. I. B., già titolare della concessione n. 695 del 23 novembre 1998 per l’occupazione di una zona demaniale marittima della superficie di mq. 3090 in località Torre dell’Orso (destinata a complesso balneare con chiosco vendita di bevande e di cui aveva chiesto ulteriore concessione per un periodo di sei anni), aveva impugnato il provvedimento con cui, in data 30 aprile 2003, la Regione Puglia aveva concesso alla s.a.s. L. O. un’area demaniale marittima di mq. 4000 nella stessa località per la realizzazione di uno stabilimento balneare con chiosco per la vendita di bevande.

Con la sentenza n. 3998/2005, questa Sezione ha accolto l’appello della s.r.l. I. B. e, in riforma della sentenza di primo grado n. 1686 del 2004 (che aveva affermato l’inammissibilità del ricorso di primo grado), ha annullato la concessione del 30 aprile 2003, rilasciata in favore della s.a.s. L. O..

In ottemperanza al decisum del Consiglio di Stato, l’amministrazione regionale ha riavviato il procedimento relativo alla comparazione delle istanze di concessione dell’area ed ha poi emanato il provvedimento del 22 maggio 2006, con cui l’Assessorato al Demanio, con riferimento alle distinte istanze della s.r.l. I. B. e della s.a.s. L. O. – non ha rilasciato ad alcuna delle due società la concessione.

Il provvedimento del 22 maggio 2006 è stato impugnato al TAR della Puglia, Sede di Lecce:

– dalla s.r.l. I. B., con il ricorso n. 974/2006, respinto con la sentenza n. 954/2009;

– dalla s.a.s. L. O., con il ricorso n. 967/2006, respinto con la sentenza n. 950/2009.

Medio tempore, la s.a.s. L. O. ha presentato una istanza di riesame del diniego impugnato col ricorso n. 967/2006.

La Regione ha confermato la valutazione negativa con il provvedimento del 17 maggio 2007, anch’esso impugnato al medesimo TARcol ricorso n. 1134/2007 (a sua volta respinto con la sentenza n. 1856/2010).

Le tre sentenze del TAR muovono da identici presupposti, poiché hanno rilevato che:

– dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 3998/2005 scaturiva un effetto conformativo ed orientativo della successiva attività amministrativa, che si risolveva nella necessità di una attività comparativa delle istanze di concessione, ai sensi dell’art. 37 del codice della navigazione, tenendo conto del preferenziale criterio della affidabilità dei soggetti istanti;

– l’amministrazione regionale ha compiutamente ottemperato alla sentenza, dando risalto a circostanze fattuali e giuridiche che deponevano in senso negativo sull’affidabilità delle due società aspiranti ad ottenere la concessione demaniale.

In particolare, il TAR:

– con la sentenza n. 950/2009 ha rilevato che l’inadempimento della s.r.l. L. O., dell’obbligo di produzione documentale (di fondamentale rilievo per la dinamica dei rapporti con la Regione) e la verifica che l’amministratore della s.r.l. I. B. risultava essere stato condannato per abusivismo edilizio avevano ragionevolmente indotto l’amministrazione alla conclusione del procedimento di comparazione in senso negativo, evidenziando altresì la circostanza che entrambi i soci della s.r.l. L. O. erano stati rinviati a giudizio per i reati di concorso in truffa aggravata ed in simulazione di reato;

– con la sentenza n. 1856/2009 ha escluso che il procedimento di riesame del diniego opposto alla L. O. srl fosse attinto da alcun vizio di illegittimità;

– con la sentenza n. 954/2009, nel respingere il ricorso della s.r.l. I. B., ha evidenziato che il procedimento penale celebratosi nei confronti dell’amministratore p.t. della società per ipotesi di abuso edilizio era culminato in una pronuncia di condanna, cui non è seguita la riabilitazione ex art 178 del codice penale.

2. Con l’appello n. 4515/2010, la s.r.l. L. O. ha impugnato la sentenza n. 950/2009, riproponendo i motivi di doglianza disattesi dal TAR e deducendo che nessuna carenza documentale era riscontrabile, posto che la società aveva trasmesso la documentazione relativa al signor B. A. (divenuto amministratore legale della società il 2 marzo 2006); nessun termine di decadenza era stato fissato per l’inoltro della prescritta documentazione, sicché si sarebbe dovuto almeno invitare l’istante ad integrarla; erroneamente si era richiesta la documentazione relativa al precedente amministratore, signor L. R.; era inconferente il richiamo alla legge regionale della Puglia n. 27 del 1995, non riguardante le aree demaniali marittime; rilevava il diritto di insistenza di cui all’art. 37 del codice della navigazione (in quanto la s.r.l. L. O. aveva gestito l’area demaniale dal 1984 al 2006); erano stati trascurati i profili di inaffidabilità della s.r.l. I. B.; non era stato valutato il modesto rilievo dei reati per i quali era stato disposto il rinvio a giudizio di entrambi i soci della s.r.l. L. O..

Alla camera di consiglio del 22 giugno 2010, l’istanza incidentale dell’appellante è stata respinta con l’ordinanza n. 2904/2010.

Con l’appello n. 4870/2010, la s.r.l. I. B. ha impugnato la sentenza n. 954/2009, riproponendo le censure respinte dal TAR E deducendo che i fatti riguardanti il procedimento penale celebratosi nei confronti dell’amministratore p.t. della società, signor Lic., per l’abuso edilizio edilizio risalivano a 18 anni prima, non riguardavano l’utilizzo di beni demaniali, come unico ed isolato precedente; il 14 maggio 2006 (prima, quindi, dell’emissione dell’impugnato diniego del rilascio della concessione) egli è stato sostituito nella carica dalla signora M. R. Lic.; il giudizio comparativo ex art. 37 del codice della navigazione risultava viziato; è stato violato l’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

La s.r.l. L. O. ha depositato un controricorso, chiedendo la reiezione di tale appello, perché infondato.

Alla camera di consiglio del 22 giugno 2010, l’istanza di sospensione cautelare è stata respinta con l’ordinanza n. 2905/2010

Con l’appello n. 7071/2010, la s.r.l. L. O. ha altresì impugnato la sentenza n. 1856/2009, riproponendo i motivi di doglianza disattesi dal TAR ed evidenziando che la procedura seguita dall’amministrazione per riesaminare il diniego di concessione non avrebbe tenuto conto del contenuto della richiesta della società; il provvedimento finale era carente di motivazione; sussistevano i denunciati vizi procedimentali di cui agli artt. 7, 8, 10, 10 bis della legge n. 241 del 1990.

La Regione Puglia si è costituita nei tre ricorsi in appello, depositando un controricorso con quale, richiamate le principali tappe del complesso contenzioso, ha ribadito la legittimità dei provvedimenti reiettivi, in quanto resi nell’esercizio della propria discrezionalità, coerente con i principi affermati nella sentenza n. 3998/2005 del Consiglio di Stato.

La s.r.l. L. O. ha depositato il 9 marzo 2011 una istanza chiedendo il differimento della trattazione degli appelli suindicati (ed in particolare di quelli da essa proposti n. 4515/2010 e n. 7071/2010), rappresentando che il TAR ha emesso l’ulteriore sentenza n. 1041 del 28 aprile 2010, che ha respinto il ricorso proposto avverso un ulteriore diniego emanato dall’amministrazione, su una ulteriore istanza di riesame dalla stessa presentata.

La società ha rappresentanto che ha proposto un distinto appello, in corso di notifica, avverso tale ultima sentenza e che l’esigenza di trattazione unitaria dell’intera controversia determinerebbe il differimento della trattazione di tutti gli appelli, per la loro unitaria definizione.

La s.r.l. I. B. si è opposta al differimento della trattazione del suo appello n. 4870/2010.

Alla pubblica udienza del 22 marzo 2011 gli appelli sono stati posti in decisione, avendo il presidente rimesso al collegio ogni determinazione sulla istanza di rinvio.
Motivi della decisione

1. Gli appelli vanno riuniti, risultando evidente la loro connessione oggettiva e parzialmente soggettiva.

Nel caso in esame, infatti, le impugnazioni (simili con riferimento alle doglianze prospettate) sono state proposte da due società, rivestenti speculare qualità e posizione, che con i ricorsi di primo grado hanno impugnato i provvedimenti reiettivi dell’affidamento in concessione della medesima area demaniale, resi dalla Regione Puglia in esito ad un unico procedimento comparativo, conseguente alla emanazione della sentenza di questa Sezione n. 3998 del 2005.

1.1. Il Collegio ritiene che vada respinta l’istanza di differimento, formulata dalla s.r.l. L. O. e riguardante i suoi ricorsi in appello n. 4515/2010 e n. 7071/2010.

La richiesta di rinvio è motivata in quanto essa ha proposto un ulteriore appello avverso la sentenza del TAR Puglia n. 1041/2010, che ha respinto il ricorso rinvolto avverso l’atto regionale di reiezione di una sua distinta istanza di riesame.

Ad avviso della società, ciò potrebbe determinare la trattazione separata dei ricorsi in appello.

Osserva al riguardo la Sezione che l’istanza di rinvio vada respinta, poiché:

– i ricorsi di primo grado risalgono all’anno 2006 e per il principio della ragionevole durata del processo essi vanno definiti senza ulteriore differimento;

– i tre appelli in esame vanno esaminati congiuntamente, in quanto riguardano la medesima vicenda e le unitarie determinazioni della Regione Puglia, espresse in sede amministrativa, anche in ragione della opposizione al rinvio dell’esame del proprio appello, formulata dalla s.r.l. I. B.;

– la definizione dei medesimi tre appelli può avere luogo anche senza la trattazione dell’ulteriore controversia riguardante l’ulteriore diniego emanato dalla Regione Puglia.

2. Nel merito, tutti gli appelli risultano infondati.

2.1. La sentenza n. 3998 del 2005 di questa Sezione ha rilevato che l’amministrazione regionale a suo tempo non aveva legittimamente dato applicazione all’art. 37, primo comma, del codice della navigazione, avendo rilasciato la concessione alla s.r.l. L. O. s.r.l. senza in alcun modo comparare le due distinte domande, dando rilevanza quasi esclusiva al solo diritto di insistenza.

E’ stato quindi disposto l’annullamento della sentenza allora gravata e l’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado, con salvezza degli ulteriori provvedimenti amministrativi da adottare nel rispetto delle coordinate esposte.

In ottemperanza alla sopracitata sentenza, la Regione ha costituito un apposito gruppo di lavoro (con l’ordine di servizio del 13 ottobre 2005, confermato con la nota del 23 gennaio 2006), demandando l’attività comparativa di cui all’art. 37 del codice della navigazione.

Con la raccomandata del 23 febbraio 2006, l’amministrazione regionale ha poi comunicato alle società appellanti l’avvio del procedimento di comparazione ed in data 4 maggio 2006 ha trasmesso la relazione tecnica richiesta dal gruppo di lavoro suddetto, che il 18 maggio 2006 ha concluso i propri lavori, adottando il provvedimento reiettivo impugnato in primo grado.

2.2. Il Collegio ritiene che in tal modo sia stata data legittima esecuzione alla citata sentenza n. 3998 del 2005.

L’amministrazione, infatti, ne ha rispettato pienamente il dictum, ponendo in essere l’attività prescritta ai sensi dell’art. 37 del codice della navigazione e tenendo presente la situazione in atto al momento in cui essa adottò il provvedimento annullato.

Tutte le speculari doglianze proposte dalle appellanti e volte a censurare l’an della conformazione al giudicato da parte dell’amministrazione, devono essere disattese.

2.3. In particolare va respinta la doglianza proposta dalla s.r.l. I. B., volta a valorizzare la circostanza che in data 14 maggio 2006 l’amministratore della società, sig. Lic. Ang., sia stato sostituito dalla incensurata signora Lic. M.R., così come la censura proposta dalla s.a.s. L. O., secondo cui essa non aveva errato nel produrre la documentazione relativa al signor B. A. (divenuto rappresentante legale della società in data 2 marzo 2006 e pertanto il giorno successivo alla ricezione della raccomandata con la quale l’amministrazione aveva annunciato l’avvio del procedimento di comparazione) in luogo del cessato amministratore L. R.

Invero l’attività comparativa ben poteva tenere conto delle circostanze fattuali e giuridiche esistenti al momento in cui fu reso il primo provvedimento successivamente annullato.

L’amministrazione (col verbale di riunione dell’11 maggio 2006, pag II, penultimo cpv) ha anche ragionevolmente osservato che i requisiti morali dovessero essere accertati nell’attualità

Il procedimento comparativo si è basato su motivate e ragionevoli valutazioni, conformi ai principi del buon andamento e della imparzialità.

L’amministrazione ha fatto riferimento ai soggetti che delle società erano amministratori allorché venne resa la prima valutazione e, successivamente, sino all’avvenuta comunicazione dell’avvio del procedimento comparativo, in sede di ottemperanza alla sentenza n. 3998 del 2005.

3. Ancor più radicalmente le appellanti – ovviamente muovendo da speculari punti di partenza – contestano che l’amministrazione potesse indugiare nella valutazione dei requisiti soggettivi dei legali rappresentanti delle aspiranti società.

3.1. Le censure investenti tale aspetto vanno respinte.

L’art. 37 del codice della navigazione al primo comma (per il quale "nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico") demanda alla ampia discrezionalità dell’amministrazione la verifica della opportunità di concedere le aree demaniali marittime, nel presupposto che ciò risponda ad un più rilevante interesse pubblico.

Il privato istante non può senz’altro pretendere che l’amministrazione debba rilasciare una concessione: l’amministrazione può sia valutare se l’area demaniale rimanga utilizzabile dal pubblico, sia verificare che il singolo richiedente sia del tutto affidabile.

L’amministrazione deve valutare tutte le istanze imparzialmente (Consiglio Stato, sez. VI, 16 novembre 2000, n. 6144) e può non rilasciare ad alcuno la concessione, ove nessun richiedente risulti affidabile.

In applicazione degli artt. 17 e 18 della legge regionale n. 27 del 1995, la delibera della giunta regionale n. 9074 del 1997 ha rimarcato la rilevanza della affidabilità (anche dei rappresentanti pro tempore delle società richiedenti), in coerenza con i principi desumibili dall’art. 37 del codice della navigazione

4. Passando all’esame delle contrapposte censure sulla ragionevolezza delle valutazioni negative espresse dalla Regione, devono essere disattese le doglianze di carente istruttoria e di inadeguata motivazione degli impugnati provvedimenti reiettivi (e del diniego opposto alla richiesta di riesame avanzata dalla L. O.).

L’amministrazione ha infatti vagliato funditus tutti gli aspetti rilevanti ai fini del decidere (progetti di utilizzazione; pregresso svolgimento da parte delle ditte di attività ricreativa in aree affidate in concessione; requisiti soggettivi di affidabilità).

4.1. In particolare, la doglianza proposta dalla s.a.s. L. O. nell’ambito del ricorso n. 4515 avverso la sentenza n. 950/2009, risulta destituita di fondamento, perché la facoltà di invitare l’istante alla regolarizzazione della documentazione presentata rientra nella discrezionalità dell’amministrazione, sindacabile ove risulti manifesta abnorme (Consiglio di Stato, Sesta Sezione, n. 1296/2011).

Nella specie, l’amministrazione – sebbene fosse stata prodotta la documentazione concernente il subentrante amministratore sig. B. A. – ha preso in esame, ad abundantiam, la condizione del legale rappresentante della s.a.s. L. O. Sig. Rug., evidenziando che egli era stato rinviato a giudizio per gravi reati (di simulazione di furti di reato e di vendita delle auto in Albania) e ragionevolmente considerando tale circostanza ostativa.

Inoltre, il "nuovo" legale rappresentante della medesima, e socio accomandatario, sig. B. A., era stato in passato socio accomandante del citato sig. Rug. (anch’egli rinviato a giudizio nel medesimo processo penale).

La compagine societaria era, quindi, rimasta soggettivamente immutata ed i due signori citati si sono alternati nella qualità di socio accomandatario.

La affermazione dell’appellante secondo cui l’amministrazione aveva errato a valutare i requisiti morali di affidabilità in capo al pregresso amministratore sig. Rug. (ed avrebbe invece dovuto valutare la posizione del nuovo accomandatario), risulta del tutto ininfluente, posto che entrambi erano stati attinti dal medesimo precedente penale.

L’appellante s.a.s. L. O. ha anche sollecitato una statuizione demolitoria di questo Collegio, poiché è sopraggiunta la sentenza del Tribunale penale di Lecce n. 445/2009 del 3 giugno 2009, relativa a tale procedimento penale.

Ritiene il Collegio che tale sentenza non possa portare all’accogliemento delle deduzioni della società, per un duplice ordine di ragioni.

Da un canto, infatti, deve rilevarsi che essa è successiva alla valutazione dell’amministrazione (ed alla sentenza del Tribunale amministrativo di Lecce n. 950/2009 impugnata in questa sede): del tutto legittimamente, la Regione ha tenuto conto delle risultanze documentali in suo possesso, in coerenza col pacifico principio per cui la legittimità del provvedimento amministrativo va valutata alla situazione stato di fatto e di diritto esistente alla data della sua emanazione.

Peraltro, la sentenza non può spiegare alcun effetto favorevole nel presente giudizio, poiché essa ha dichiarato estinti ex art. 129 c.p.p. per prescrizione i reati contestati, di guisa che nessuna confutazione ha avuto il giudizio discrezionale formulato in sede regionale.

5. Quanto alla valutazione involgente il legale rappresentante della s.r.l. I. B., va rammentato che questi risulta condannato in sede penale, per la commissione di abusi edilizi.

Da un lato, per le già chiarite ragioni, l’amministrazione ha legittimamente considerato irrilevante la sostituzione nella carica del condannato con la incensurata signora Lic. M. R..

Dall’altro, va rimarcato come sia del tutto ragionevole la valutazione regionale sulla inaffidabilità del condannato: la condanna (v. la sentenza della corte di appello del 24 novembre 1992) ha riguardato non un abuso di modesta entità, bensì una significativa alterazione del territorio, con la realizzazione di un imponente complesso, ad evidenti fini turistici ricreativi (di un anfiteatro, due piscine, un parcheggio pubblico, etc).

Tale condotta ha pienamente giustificato – nella motivata valutazione regionale – la valutazione sulla inopportunità di affidare in concessione il bene demaniale.

6. Quanto infine alle ulteriori doglianze articolate sia dalla s.r.l. I. B. che dalla s.a.s. L. O. (quest’ultima in particolare nell’ambito dell’appello n. 7071/2010 rivolto contro la sentenza n. 1856/2009, che si è pronunciata sulla reiezione della sua richiesta di riesame), tenuto anche conto delle circostanze emerse nel corso del giudizio, il Collegio condivide e fa proprio il pacifico orientamento per cui non sussiste alcun obbligo per l’amministrazione di pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela.

La contestata determinazione regionale – emessa del resto quando pendeva il giudizio avverso il precedente provvedimento negativo e senza l’esercizio di rinnovati poteri discrezionali – si è ben potuta limitare a richiamare la precedente valutazione negativa.

Neppure sussiste la violazione delle invocate regole procedimentali, previste dalla legge n. 241 del 1990, poiché il procedimento nel suo complesso è stato attivato ad istanza di parte.

7. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della sentenza e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

8.Conclusivamente tutti e tre gli appelli vanno respinti.

La condanna al pagamento delle spese degli onorari del giudizio segue la soccombenza e pertanto ciascuna società appellante deve essere condannata al pagamento, in favore dell’appellata Regione Puglia di una somma determinata in turo cinquemila ciascuna (Euro 5000/00), oltre accessori di legge,.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sui riuniti ricorsi in appello in epigrafe nn. 4515 del 2010, 4870 del 2010, 7071 del 2010, come in epigrafe proposti, li respinge.

Condanna ciascuna appellante società al pagamento delle spese e degli onorari del secondo grado del giudizio in favore dell’appellata Regione Puglia, nella misura di euro cinquemila (Euro 5.000/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *