Cons. Stato Sez. VI, Sent., 03-05-2011, n. 2607 Beni di interesse storico, artistico e ambientale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il ricorso n. 32 del 2008, proposto al Tribunale amministrativo della Puglia, sezione di Lecce, la Provincia di Lecce impugnava la nota n. 7322 del 3 ottobre 2007 con la quale la Direzione regionale per la Puglia del Ministero per i beni e le attività culturali aveva comunicato l’avvio del procedimento di dichiarazione d’interesse culturale dell’immobile di proprietà della stessa Provincia, sito in Lecce, via Sozy Carafa n. 15, adibito a sede dell’Archivio di Stato, per il quale aveva avviato le procedure di vendita, nonché il successivo decreto emesso il 19 ottobre 2007 con il quale il Direttore regionale dichiarava l’interesse d’interesse culturale dell’immobile di cui si tratta, sottoponendolo al regime di cui all’art. 10, primo comma, del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

La Provincia impugnava inoltre gli atti presupposti tra i quali la nota in data 9 luglio 2007, deducendo la violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 12 e 14 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, eccesso di potere per carenza di istruttoria, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, carenza dei presupposti di fatto, incongruenza ed irrazionalità dell’azione amministrativa e sviamento di potere, chiedendo quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Con la sentenza in epigrafe, n. 1955 del 30 luglio 2009, il TAR accoglieva il ricorso sotto l’assorbente profilo della contraddittorietà della motivazione e della manchevolezza della relazione presupposta al provvedimento impugnato per quanto riguarda l’evidenziazione di particolari pregi dell’immobile, tali da giustificare l’imposizione del vincolo.

2. Avverso la predetta sentenza propone l’appello in epigrafe, rubricato al n. 9055/09, il Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto, Direzione Regionale dei beni culturali e paesistici della Puglia, Archivio di Stato Lecce, contestando le ragioni che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma, previa sospensione, ed il rigetto del ricorso di primo grado.

Con l’ordinanza n. 6199 del 6 dicembre 2009, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare formulata dal Ministero appellante.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Lecce, chiedendo il rigetto dell’appello.

Ha proposto intervento il sig. G. P., a suo tempo individuato dalla Provincia come acquirente dell’immobile di cui si discute, chiedendo il rigetto dell’appello.

L’appellante ha depositato memoria di replica.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 22 marzo 2011.

3. Ritiene la Sezione che l’appello sia fondato e vada accolto.

3a. Non è condivisibile, in quanto smentito per tabulas, il principale assunto sul quale si basa la sentenza di primo grado, secondo il quale sarebbe contraddittoria la relazione allegata all’impugnato decreto di vincolo, nella parte in cui essa avrebbe riportato l’immobile di cui si tratta ad una fase dell’espansione urbanistica della città di Lecce fortemente caratterizzata e riportabile temporalmente al "periodo tra le due guerre per opera del fascismo", posto che la data di realizzazione dello stesso immobile è certamente riportata al periodo 1942 – 1949.

E’ condivisibile, a tale riguardo, l’osservazione dell’appellante, la quale rileva come la medesima relazione abbia espressamente dato atto dell’epoca di realizzazione dell’edificio, risalente al periodo 1942- 1949.

Quanto alle caratteristiche costruttive dell’immobile, esse sono state descritte nella relazione in ragione dei suoi elementi e senza dare importanza decisiva all’epoca di realizzazione.

L’espressione usata nella relazione significa, davvero univocamente, che l’immobile costituisce espressione di uno stile architettonico ben caratterizzato, ed il senso di tale affermazione non può essere sminuito dal fatto che la sua edificazione sia avvenuta nella fase più tarda del medesimo stile.

In altri termini, il senso della relazione consiste nell’identificazione dello stile architettonico e della cultura in cui si inquadra l’opera, con la precisazione che la sua realizzazione risale ad un’epoca tarda rispetto a quella di suo maggior risalto.

Su questa base si imposta la valutazione della Soprintendenza, che ha ritenuto il manufatto meritevole della tutela offerta dall’art. 10 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, sul presupposto della sua ascrivibilità a quella fase storica ed artistica.

Occorre sottolineare, inoltre, come la Soprintendenza individui come motivo di vincolo la struttura del palazzo, "caratterizzato da una serie di vani voltati alla leccese a spigolo", e nella struttura portante dell’edificio, "costituita da murature in conci calcarenitici con le murature realizzate in pietra leccese che creano un piacevole accostamento cromatico".

Il manufatto è quindi giudicato espressione di un "tardo funzionalismo abbastanza documentato nel contesto urbano leccese".

L’Amministrazione ha quindi dichiarato i presupposti della propria scelta, ed il ragionamento seguito sfugge alle censure di difetto di motivazione e manifesta illogicità, proposte dalla Provincia appellata.

3b. La sentenza di primo grado appellata afferma inoltre che la relazione presenterebbe manchevolezze anche per quanto riguarda l’evidenziazione di particolari pregi dell’immobile, che costituiscono la ragione giustificativa dell’imposizione del vincolo storico – artistico.

La tesi seguita dal primo giudice sembra quindi presupporre che il vincolo possa essere apposto solo sulla base dell’apprezzamento estetico dell’opera da preservare.

Tale assunto non può essere condiviso.

La declaratoria di particolare interesse storico ed artistico di un immobile è basata sulla valutazione del contenuto artistico e della rilevanza storica dei beni, condotta con ampia discrezionalità e conseguente limitazione del riscontro di legittimità al solo difetto di motivazione, alla illogicità manifesta ed all’errore di fatto (C. di S., VI, 19 giugno 2009, n. 4066).

Il Collegio prescinde dalla disamina del significato dell’espressione "bene di interesse artistico", ed al rapporto di questa con il giudizio di valore estetico, che palesemente prescinde dalle necessità della soluzione del caso concreto ad esso sottoposto.

Spetta infatti all’Amministrazione dei beni culturali individuare, nel singolo caso, gli elementi di interesse storico ovvero artistico, che non devono essere necessariamente compresenti, ben potendo l’Amministrazione dare rilievo ad elementi di interesse artistico in un’opera anche recente ovvero sottolineare il suo interesse storico nonostante l’assenza di un particolare pregio artistico.

Ed è quanto è avvenuto nel caso di specie, avendo l’Amministrazione statale, sulla base di una articolata motivazione, rilevato come l’edificio in questione fosse meritevole di protezione anche tenuto conto delle sue caratteristiche costruttive e del suo inserimento nel contesto urbano leccese.

3c. La Provincia appellata contesta il provvedimento, oggetto del giudizio, affermando che l’Amministrazione avrebbe formato la sua volontà senza coinvolgerla adeguatamente nel corso del relativo procedimento.

La tesi non può essere condivisa, in quanto il procedimento per la declaratoria dell’interesse storico – artistico di un bene è connotato da un’autonoma disciplina della partecipazione dei proprietari, i quali devono essere immediatamente informati della sua apertura, anche a tutela dei loro interessi patrimoniali, e tale procedimento, come risulta dalla narrativa in fatto di cui al precedente paragrafo 1, è stata correttamente osservata nel caso di specie.

3d. Le censure proposte dalla Provincia appellata non possono quindi essere condivise.

4. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, va respinto il ricorso di primo grado n. 32 del 2008.

In considerazione della complessità della controversia le spese di entrambi i gradi del giudizio devono essere integralmente compensate.
P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 9055/09, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza gravata respinge il ricorso di primo grado n. 32 del 2008.

Compensa integralmente le spese e gli onorari di entrambi i gradi del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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