Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 31-03-2011) 03-05-2011, n. 17211

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

. BAGLIONE Tindari, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – Nei confronti dell’odierno ricorrente è stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere in quanto ritenuta l’unica adeguata a contrastare il pericolo conseguente all’accusa mossagli di avere detenuto 175 DVD contenenti immagini pedo-pornografiche e di avere, quindi, violato l’art. 600 quater, aggravato ai sensi del comma 2, c.p. per l’"ingente quantità" del materiale posseduto.

Con l’ordinanza qui impugnata, il Tribunale ha respinto il riesame promosso dinanzi ad esso.

Avverso tale decisione, l’indagato ha proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo:

1) violazione di legge e vizio di motivazione (sotto il profilo della "illogicità per contraddittorietà") ( art. 606 c.p.p., lett. c) ed e)) con riferimento alla aggravante ritenuta sussistente. Si fa, infatti, notare che essa è il risultato di una valutazione sommaria da parte della P.G. che ha visionato soltanto una trentina di supporti sì da non potersi ritenere giustificato presumere che anche tutti gli altri avessero lo stesso contenuto.

In ogni caso, quest’ultimo non può essere correttamente definibile pedopornografico perchè, se è vero che i supporti visionati riguardano minori nudi, non tutti contengono "riferimenti a condotte sessualmente esplicite" nè "esibizioni lascive dei genitali".

Difettano, quindi, i requisiti indicati nella stessa decisione 2004/68 GAI del 22.12.03 del Consiglio Europeo, riconosciuta anche dalla giurisprudenza di questa S.C..

Sempre con riferimento, poi, alla nozione di "ingente quantità", si stigmatizza il fatto che l’ordinanza ometta anche di indicare il quantitativo di immagini – considerato nel caso concreto come "ingente" – sì da ritenere che i giudici si siano attestati su un concetto astratto della nozione di "ingente". 2) violazione di legge e vizio di motivazione (sotto il profilo della "illogicità per contraddittorietà") ( art. 606 c.p.p., lett. c) ed e)) da ravvisarsi negli apprezzamenti del Tribunale in punto di adeguatezza della misura applicata. Se è vero, infatti, che l’indagato è insegnate ed è, quindi, a contatto con i minori, non risulta che egli abbia mai riportato censure di natura disciplinare per via dei suoi atteggiamenti con i minori. Al contrario, egli è persona mite ed immune da pregiudizi anche penali.

Del tutto generico ed indimostrato, poi, sarebbe l’asserto del Tribunale secondo cui l’alternativa misura degli arresti domiciliari non è idonea a prevenire il rischio che egli si procacci altro materiale illecito per via telematica.

Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

2. – Il ricorso è infondato.

2.1. Nessun vizio motivazionale può ravvisarsi nel provvedimento impugnato sotto i profili denunciati nel primo motivo.

Ed infatti, in primo luogo, le argomentazioni tese a negare la natura pedopornografica del materiale in sequestro sono inficiate dall’equivoco di fondo di ritenere che la verifica di questa S.C. sulla correttezza della motivazione si identifichi con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite ovvero con la possibilità di formulare un giudizio che risulti diverso da quello espresso dai giudici di merito sull’intrinseca adeguatezza della valutazione dei risultati probatori o sull’attendibilità delle fonti di prova.

Ciò è ben lungi dall’essere vero.

Il controllo della logicità della motivazione, infatti, è circoscritto alla verifica della esistenza di una spiegazione adeguata ed ancorata alle risultanze processuali delle quali non sia data una lettura manifestamente illogica.

Ne consegue che, ai fini della denuncia del vizio ex art. 606 c.p.p., lett. e), è indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento impugnato è manifestamente carente di motivazione e/o di logica; non è, invece, producente – come qui si tenta di fare -opporre alla valutazione dei fatti, contenuta nella decisione criticata, una diversa ricostruzione, che, per di più, implicherebbe una incursione negli atti che non è consentita in sede di legittimità (salvo quando venga denunciata la violazione di una norma processuale).

Diversamente, infatti, a seguire il filo delle argomentazioni proposte dal ricorrente, verrebbe inevitabilmente invasa l’area degli apprezzamenti riservati al giudice di merito (ex multis: Sez. 1, 27.9.07, Formis, Rv. 237863; Sez. 2, 11.1.07, Messina, Rv. 235716).

Tutto ciò, nella specie, si scontra anche con la constatazione del fatto che il Tribunale ha argomentato in modo più che adeguato nel replicare alla – del tutto identica – censura sollevata dinanzi ad esso ed ha sottolineato che la natura delle immagini detenute è da considerare "inequivoca…. come precisato negli atti di indagine e come attestato dalla semplice visione di alcuni fotogrammi estratti dagli agenti operanti dai dvd visionati e presenti, in copia tra gli atti del procedimento".

Alla stregua di tali rilievi è, perciò, fin troppo ovvio come sia fuori luogo, non solo, rinnovare la medesima censura (al punto da porre il motivo ai limiti dell’ammissibilità – Sez. 5, 27.1.05, Giagnorio, Rv. 231708) ma, soprattutto, auspicare che nella presente sede di legittimità si proceda ad una visione dei fotogrammi o delle immagini dei dvd per valutarne la natura pedo-pornografica o meno.

Più aperto è, invece, il profilo del primo motivo afferente la sussistenza o meno dell’aggravante e, non a caso, anche il Tribunale si è maggiormente diffuso sul punto della ravvisabilità, nella specie, di "ingente quantità" del materiale detenuto.

Prima di illustrare le ragioni per le quali la risposta del Tribunale per il Riesame può definirsi corretta e non censurabile sotto alcun profilo, giova premettere brevi considerazioni su un dato normativo del quale la giurisprudenza, finora, non ha avuto occasione di occuparsi in modo esplicito con diretto riferimento al materiale pedopornografico.

Si può, iniziare con l’affermare che l’aggravante in esame ha connotazioni fattuali di carattere obiettivo attenendo ad una valutazione di carattere quantitativo di tipo oggettivizzato e che ricalca circostanze di analoga portata previste dal codice o da leggi speciali rispetto alle quali sono stati anche superati dubbi di costituzionalità sollevati con riferimento alla apparente indeterminatezza della nozione di "ingente quantità" (così, ad es.

Sez. 3, 20.11.07, Patrone, Rv. 238558, in tema di rifiuti – D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260).

Del resto, è innegabile che l’uso di siffatte locuzioni (noto è l’analogo caso della nozione di "modica quantità" in materia di stupefacenti) rappresenta l’espressione di una legittima scelta del legislatore di riservare al giudicante il potere di considerare un fatto aggravato o attenuato in relazione agli innumerevoli, e mai predeterminabili, casi della vita.

Come, però, accade abitualmente, di fronte all’uso, di siffatti termini "di respiro" che rimandano alla valutazione dell’interprete, la difficoltà risiede nella individuazione di parametri che – senza avere la pretesa di contenere numericamente entro "gabbie" precostituite i concetti da definire – ne delimitino, tuttavia i "confini".

Orbene, nel perseguire tale obiettivo, con riferimento alla fattispecie che occupa (detenzione di materiale pedo-pornografico) si può cominciare con l’osservare che l’apprezzamento come "ingente", del quantitativo di materiale posseduto, è da ritenersi correlato al dato numerico delle immagini contenute nei supporti più vari (l’uso del termine generico "materiale" legittima tale conclusione).

La modernità dei tempi rende sempre più frequente la diffusione di detto "materiale" per via telematica e la sua detenzione su supporti informatici (come è il caso in esame). Ne consegue che la valutazione del carattere, ingente o meno, del materiale va fatta con riferimento, non solo, al numero di supporti (CD/DVD) – dato che, già di per sè, può risultare indiziante – ma anche al numero di "immagini" (da considerare come obiettiva unità di misura) che ciascuno di essi contiene.

Proseguendo la riflessione, va poi considerato che – ammesso e non concesso che, nel settore della pedopornografia possa individuarsi una parametro di "normalità" per l’amante/fruitore di immagini sessualmente orientate, che siano state realizzate utilizzando minori degli anni diciotto – deve, comunque, considerarsi (alla luce della struttura della norma di cui all’art. 600 quater c.p.) che evidentemente il legislatore, nel disciplinare l’ipotesi di chi si procura o detiene materiale pedo-pornografico ha inteso differenziare le pene per chi abbia solo "alcune" immagini rispetto a chi disponga di un quantitativo di esse tale da potersi definire "molto grande, rilevante, consistente" (cosi come argomentatole dallo stesso significato letterale annesso, nel dizionario della lingua italiana, all’aggettivo "ingente").

Tenendo, presente, perciò, la peculiarità del materiale di cui si va discettando – come già fatto dalla giurisprudenza di questa S.C. nello sforzo di offrire parametri interpretativi della analoga nozione di "quantità ingenti" di sostanze stupefacenti ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2) – si può dunque affermare che, mutatis mutandis ed in via meramente tendenziale, mentre è di certo punibile ai sensi dell’art. 600 quater, comma 1 chi detenga poche immagini (ad. es., nell’ordine di qualche decina – essendo poi rilevante ex art. 133 c.p. se si sia in presenza di un numero attorno alla decina ovvero di quasi un centinaio di immagini) – diverso è il caso di chi superi, più o meno ampiamente, tali indicazioni di massima perchè è più che intuibile, nella logica di mercato della domanda e dell’offerta, la intrinseca gravità oggettiva della condotta di chi si procura e/o detiene tale materiale, essendo più incisivo il suo apporto alla diffusione del turpe mercimonio.

Siffatta interpretazione (ove si delinea un giusto bilanciamento tra il dato numerico in sè e la carica di pericolosità sociale che connota il fatto) è, del resto, in linea con l’approccio interpretativo di questa S.C. anche nelle diverse materie (rifiuti o stupefacenti) ove si incontrano concetti normativi analoghi.

Ed infatti, in tema di rifiuti, è stato detto che l’elemento costitutivo della ingente quantità non può essere desunto, nè automaticamente dalla stessa organizzazione e continuità dell’attività di gestione dei rifiuti, nè dal rapporto tra il quantitativo di rifiuti gestiti illecitamente e l’intero quantitativo di rifiuti trattati nella discarica, ma si deve, invece "far riferimento al dato oggettivo della mole dei rifiuti non autorizzati abusivamente gestiti" (sez. 6, 18.3.04, p.m. in proc. Ostuni, Rv.

229946). Analogamente, in tema di sostanze stupefacenti, nella individuazione di parametri che qualifichino l’aggravante dell’ingente quantità, è stato posto l’accento sulla circostanza che il quantitativo qualifichi il fatto in termini di "grave pericolosità sociale" (Sez. 4, 1.2.11, Ardizzone, Rv. 249076; Sez. 4, 3.6.10, Iberdemaj, Rv. 247823).

Si può, pertanto, affermare, in sintesi, che, ai fini della ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 600 quater c.p., comma 2, è definibile di "ingente quantità" quel "materiale" che offra la disponibilità di un numero "molto grande, rilevante o consistente" di immagini pedo-pornografiche si da contribuire concretamente ad incrementare il perverso mercato.

Riportando le riflessioni che precedono al caso in esame, è sicuramente molto corretto il percorso argomentativo dei Giudici del Riesame quando affermano che, in relazione alla specificità della fattispecie sub iudice, la nozione di ingente quantità implica "la presenza di un quantitativo di immagini tali da discostarsi, in termini davvero significativi da una condizione di detenzione di un numero contenuto di immagini illecite quale si riscontra nella pratica giudiziaria relativa ad episodi illeciti di tal genere".

Contestualizzando maggiormente il proprio convincimento, i giudici richiamano giustamente l’attenzione sul fatto che si è in presenza di "ben 175 dvd sequestrati" (dato che, come si accennava in precedenza, è già di per sè sintomatico). Quindi, in modo del tutto pertinente rispetto alle caratteristiche del "materiale" di cui trattasi, i giudici evidenziano l’elevatissimo numero di immagini che, come noto, siffatti supporti video possono contenere".

Si tratta di una considerazione basata su un patrimonio comune di conoscenze non discutibile e non contestabile, sia che si pensi alle fotografie che ad immagini filmate.

Il Tribunale, poi, sottolinea anche che la totale verosimiglianza che i 175 dvd fossero di contenuto pedopornografico si basa sul rilievo che il controllo "a campione" di una trentina di tali supporti ha dato risultati omogenei e che, anche ipotizzando di escludere quelli che recavano titoli di noti films ("cfr annotazione 4.6.2010"), si tratta di un numero tanto esiguo da non incidere sul quantitativo complessivo di quelli a contenuto pornografico.

Così ragionando, la motivazione impugnata, risulta ineccepibile.

2.2. E’ infondato anche il secondo motivo.

Innanzitutto, preme evidenziare che l’asserto difensivo, secondo cui l’indagato R. non avrebbe mai ricevuto censure, è nettamente smentito, prima, dal Gip. (la cui ordinanza è in parte qua richiamata – V. inizio f. 2 – "essendosi in presenza di un soggetto svolgente la professione di insegnante il quale, nonostante l’adozione di precedenti provvedimenti disciplinari, per effetto del richiamato pregiudizio, specifico, aveva comunque la possibilità di avvicinare minon") e, poi, dal Tribunale (f. 4) che sottolinea la "negativa personalità dell’indagato, gravato da precedente specifico, intrattenutosi con un minorenne in conversazioni aventi ad oggetto argomenti di natura sessuale e sospeso dal servizio di insegnante dallo stesso svolto, con affidamento di incarichi non implicanti contatto con minori (cfr. annotazione Questura di Vicenza 12.4.2010)".

In ogni caso, l’intera motivazione che il Tribunale per il Riesame adotta per sostenere l’adeguatezza della misura in corso ed escludere la possibilità di adottarne una diversa (anche solo quella degli arresti domiciliari), è congrua e logica ed, in particolare è ragionevole – e dettato dal senso comune e dalla esperienza circa il ridotto grado di controllabilità del regime di arresti nel domicilio in uno con la diffusione di strumenti informatici sofisticati e di minuscole dimensioni che consentono la navigazione in rete – l’affermazione che, in casa, l’indagato "potrebbe agevolmente reperire ulteriori strumenti informatici da impiegare per procurarsi nuovo materiale illecito".

Nuovamente, dunque, ci si imbatte, da un lato, in un provvedimento ben argomentato e, dall’altro, in un motivo di ricorso con cui si cerca di ottenere da questi giudici di legittimità una rivalutazione fattuale.

Nel respingere il ricorso, seguono, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e la comunicazione, ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, alle autorità penitenziarie.
P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e seg. c.p.p. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Visto l’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter ordina che a cura della cancelleria, sia trasmessa copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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